In Libia il processo di pace può cominciare?

Libia. Il Governo di Tripoli e il Parlamento di Tobruk hanno annunciato il cessate il fuoco e gettato le basi per il negoziato politico e la gestione del petrolio libico. I partner internazionali delle opposte fazioni hanno spinto per questa tregua. Pesa l’opposizione di Haftar, che tuttavia sembra sempre più isolato con l’emergere di Aguila Saleh.

1. I TERMINI DELLA TREGUA

Il 21 agosto il Governo di Accordo Nazionale, guidato da Fayez Al-Serraj e di stanza a Tripoli, e la Camera dei Rappresentanti, presieduta da Aguila Saleh a Tobruk, hanno annunciato il fatidico cessate il fuoco su tutto il territorio libico. I rispettivi comunicati si sono spinti ben oltre la cessazione delle ostilità, chiedendo anche la demilitarizzazione delle aree contese di Sirte e Jufra, la ripresa della produzione petrolifera e il rilancio del processo politico in vista di future elezioni parlamentari e presidenziali (da tenersi a marzo secondo il comunicato del Governo Serraj). Sul fronte del petrolio, vero nocciolo della questione, l’intesa prevede la ripresa della produzione e dell’export con il deposito dei profitti in un conto congelato in attesa di un accordo sulla spartizione dei proventi. Ancora da smussare sembrano invece le posizioni sulle forze di polizia congiunte da schierare a Sirte e Jufra e sulla proposta del Presidente della Camera Saleh di impiantare un Governo transitorio guidato da tre personalità provenienti dalle tre regioni del Paese (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan) nella stessa Sirte. Pesa tuttavia il no di Haftar, capo militare della Cirenaica, che ha parlato dell’accordo come di “marketing“, voluto da Al-Serraj e dai suoi alleati turchi, per consolidare le proprie posizioni e preparare una nuova offensiva sulle due città contese.

 

Fig. 1 – Segni della distruzione a Sirte, città contesa al centro della Libia, ora oggetto di trattative, 14 giugno 2020

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2. UNA REGIA INTERNAZIONALE

Nonostante l’opposizione di Haftar, il messaggio che si leva dalle due capitali libiche dopo sei anni di guerra è chiaro: il processo di pace può cominciare. A dar peso a queste dichiarazioni è l’aperto sostegno di tutti i principali attori internazionali. Se il plauso di Europa e America poteva dirsi scontato, altrettanto non lo era per le potenze regionali direttamente coinvolte nel conflitto. Tra queste, Turchia e Russia sembrano essere i veri artefici dell’intesa. Dopo la rapida avanzata turco-tripolina di primavera, Mosca aveva inviato una pattuglia di Mig-29 a Jufra per demarcare una linea rossa da non superare per Ankara. Raggiunta l’impasse sul terreno, Turchia e Russia hanno dimostrato di non volersi scontrare direttamente e pertanto hanno spinto i relativi alleati alla tregua. Ad essi si è aggiunto l’Egitto. In giugno Al-Sisi aveva minacciato di intervenire a fianco di Haftar se le forze di Tripoli fossero entrate a Sirte. Tuttavia il Presidente egiziano non sembra esser mai stato convinto di una simile avventura, militarmente complessa, politicamente critica ed economicamente insostenibile. Infine gli Emirati Arabi Uniti, monarchia sostenitrice di Haftar, si sono anch’essi accodati al resto della comunità internazionale.

 

Fig. 2 – Foto al termine di un incontro dei ministri degli esteri coinvollti nel Processo di Berlino, 14 febbraio 2020

3. IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO

Quella che è rimasta per anni una sfida a due tra il premier Serraj e il generale Haftar è diventato un confronto a tre con l’emergere del Presidente della Camera, Aguila Saleh. Quest’ultimo si è presentato negli ultimi mesi come rappresentante legittimo della Cirenaica in una serie di incontri nazionali e internazionali, diventando così l’interlocutore privilegiato non solo della comunità internazionale, ma anche delle potenze sostenitrici della Cirenaica a discapito di Haftar. Il recente accordo siglato tra Serraj e Saleh senza il coinvolgimento di Haftar ne è la prova. La parabola discendente di Haftar era iniziata con la sua sconfitta a Tripoli e si era accentuata in aprile con la sua autoproclamazione a unico leader della Libia, disapprovata dei suoi stessi alleati, Russia e Francia in primis. Già allora Haftar era entrato in rotta di collisione con Saleh, mettendo così a nudo le crepe nel fronte della Cirenaica. Ora, come nel capolavoro di Sergio Leone, tre figure si contendono l’oro, nero in questo caso. Da gennaio la “Mezzaluna petrolifera” libica è bloccata dalle forze di Haftar per impedire che i proventi del greggio libico finiscano nelle mani di Tripoli, sede della National Oil Corporation. Saleh tuttavia spinge per la riapertura al fine di tamponare la crisi energetica che ha già causato numerosi blackout in Cirenaica. L’intesa Serraj-Saleh va in questa direzione, ma senza l’assenso di Haftar, che controlla di fatto la zona, ogni accordo rimane inefficace. Perciò la palla torna nelle mani di Turchia, Russia ed Egitto, le quali dovranno consolidare o meno questo nuovo assetto politico basato sull’intesa Serraj-Saleh.

Immagine di copertina: Photo by jorono is licensed under CC BY-NC-SA

Di Corrado Cok, pubblicato su Il Caffè Geopolitico