L’Iran avrebbe complottato per assassinare l’ambasciatrice statunitense in Sudafrica con l’intenzione di vendicare la morte del generale Qassem Soleimani, ucciso il 3 gennaio 2020 da un drone americano nei pressi dell’aeroporto di Baghdad. Lo riferisce il sito Politico. L’articolo cita due funzionari del governo di Washington che avrebbero visionato i report dell’intelligence americana. L’ambasciatrice Lana Marks, secondo l’articolo, sarebbe stata scelta come obiettivo da Teheran per la sua amicizia con il presidente Donald Trump. L’Iran ha già reagito alla morte del generale, capo della Forza extraterritoriale Quds del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane e una delle figure più potenti della Repubblica islamica, bombardando la base statunitense in Iraq. Una reazione calibrata alla quale gli Stati Uniti non hanno controrisposto.
I funzionari del governo Usa sono stati al corrente delle minacce alla vita dell’ambasciatrice Lana Marks sin dalla primavera scorsa, ma è stato nelle ultime settimane che il rischio è diventato ancora più specifico. L’Ambasciata iraniana a Pretoria sarebbe convolta nel piano di assassinare la donna, amica di lunga data del Capo della Casa Bianca, hanno affermato le due fonti. Lana Marks era solo una delle varie opzioni a cui Teheran stava pensando per vendicare la morte di Soleimani e sin da gennaio, subito dopo l’attacco con i droni contro il generale, si era parlato del rischio, concreto, che l’Iran rispondesse provando a uccidere personale diplomatico statunitense in servizio all’estero.
Lana Marks, 66 anni, è stata nominata ambasciatrice nel 2018, conosce Trump da più di vent’anni ed è stata un membro del club di Mar-a-Lago, in Florida. I critici del presidente la descrivono come «una designer di borse», ma secondo altri sarebbe una donna d’affari di successo. Marks, designer di borse e moda di lusso dell’omonima azienda con sede a Palm Beach, è nata in Sudafrica e parla diverse lingue. Non è chiaro quando l’Iran avrebbe voluto attaccare la donna ma è quasi certo che gli iraniani abbiano considerato il legame di amicizia che lega Marks a Trump.
Dei complessi rapporti tra Washington e Teheran avevamo scritto nel numero del libro-rivista Babilon intitolato L’Iran funesto:
Usa vs Iran, c’eravamo tanto odiati
Di Emiliano Battisti
La rivoluzione del 1979, che portò alla cacciata dello Scià e alla fine della monarchia, ebbe all’epoca una caratterizzazione fortemente anti-statunitense, soprattutto da quando la guida fu presa dalle forze islamiste, che alla fine vinsero e s’imposero al potere. Non fu un caso, dunque, se alla notizia che lo Scià si era recato negli USA per curare un cancro, eruppe un’altra ondata di proteste che chiedevano l’estradizione dell’ex capo di Stato per poterlo processare e che furono guidate ovviamente dall’Ayatollah Khomeini.
In quell’occasione, come noto, un gruppo di studenti islamisti prese in ostaggio lo staff dell’ambasciata statunitense a Teheran. La cosiddetta «crisi degli ostaggi» aggravò ancora di più i rapporti con Washington. La mancata soluzione in tempi rapidi della crisi fu un colpo durissimo per l’Amministrazione guidata allora da Jimmy Carter, il quale non si riprese più e, anche per questo, perse le elezioni presidenziali del 1980 contro il repubblicano Ronald Reagan. Da quel momento, il dossier Iran è sempre stato importante nella politica estera statunitense e nei programmi elettorali dei candidati, soprattutto repubblicani.
Da Obama a Trump
Il programma nucleare iraniano aumentò ulteriormente la tensione tra i due Paesi, che raggiunsero il loro culmine durante la presidenza di Mahmoud Ahmadinejad da un lato e George W. Bush dall’altro. Per affrontare il problema, in tempi più recenti la presidenza Obama ha provato a cambiare approccio,
proponendo un «reset» nei rapporti ma, soprattutto, nella strategia. Invece che un muro contro muro fatto di sanzioni e retorica minacciosa, la Casa Bianca
decise di provare a dialogare per giungere a possibili accordi con le istituzioni iraniane, iniziando proprio dal nucleare.
PHOTO: In this Sept. 18, 2016 file photo released by an official website of the office of the Iranian supreme leader, Revolutionary Guard Gen. Qassem Soleimani, center, attends a meeting with Supreme Leader Ayatollah Ali Khamenei and Revolutionary Guard commanders in Tehran, Iran. Iran’s Revolutionary Guard is warning Islamic State militants that missile attacks launched into eastern Syria the previous day can be repeated if the extremists take action against Iran’s security. (Office of the Iranian Supreme Leader via AP)
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Emiliano Battisti
Nato a Roma nel 1986, laurea triennale in Scienze Politiche e specialistica in Relazioni Internazionali presso la LUISS Guido Carli. Stagista presso l’Ambasciata italiana a Washington e presso quella statunitense a Roma. Master in Istituzioni e Politiche Spaziali, esperto di Nord America. Segretario Generale de Il Caffè Geopolitico
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