L_ Iran funesto

È agevole vedere in retrospettiva due aspetti del conflitto Israele-Iran una volta che si è depositata la polvere sui giornali delle scorse settimane. Il primo fatto da sottolineare riguarda le perdite di Israele. Tra 19 e 20 giugno, a meno di una settimana dall’inizio del conflitto (13 giugno), il 15% degli attacchi iraniani ha sorpassato le difese israeliane, a dispetto di un ridotto numero di lanci rispetto all’inizio delle ostilità. L’ultimo giorno del conflitto, il 24 giugno, solo il 5 % dei missili iraniani superava le difese israeliane: erano più facili da bloccare essendosi ridotto il numero di lanci.

Secondo il Daily Telegraph («Iran struck five Israeli military bases during 12-day war», 5 giugno), l’offensiva iraniana non è stata riportata appieno con le sue conseguenze dai media occidentali finché essa andava avanti per politiche interne di Israele. Ma si appura, seconda il giornale inglese, che sette impianti per energia e petrolio sono stati colpiti. L’Istituto Weizmann per la ricerca scientifica ha riportato danni come anche l’università di medicina Soroka col suo campus di ricercar a Be´er Sheva, e infine 15mila israeliani si sono trovati a non avere un’abitazione.

Il secondo aspetto da porre in luce riguarda i danni collaterali riportati dall’economia iraniana. Se guardiamo la mappa delle province, il Razavi Khorasan (quella più a nordest del Paese) risulta aver subito quattro attacchi nel corso del conflitto. Ma nessuno di questi ha coinvolto infrastrutture per missili balistici. È invece verosimile che siano stati attaccati, qui come in altre province orientali (Golestan: 2 strike, nessuna infrastruttura missilistica; Yazd; 3 strike, nessuna infrastruttura; Semnan: 3 strike, di cui uno rivolto alla fabbrica di Garmsar e uno a quella di Sharud) una serie snodi logistici che consentivano all’Iran di riavvolgersi alla Cina.

Inaugurata lo scorso maggio, la nuova ferrovia Tehran e Xi´an collegava i due Paesi in 14 giorni estendendosi per più di 5.000 chilometri attraversando Turkmenistan e Kazakistan. Questa ferrovia rientra nel sistema del Middle Corridor che include anche la linea Ayagoz (Kazakistan)-Tacheng (Cina), inaugurata nel novembre 2023. Tra Cina e Kazakistan, l’altro grande Paese autoritario dell’Asia centrale, ci sono altri due passaggi su rotaia, i corridoi Alashankou-Dostyk e Khorgos-Altynkol.

In un’ottica di geopolitica dei trasporti, è inoltre in fase di sviluppo un collegamento Kashgar (Cina) – Torugart (Kirghizistan) – Andijan (Uzbekistan). E non si trascura il “piccolo” Tagikistan, facilmente destabilizzato dalle politiche migratorie iraniane (profughi afgani), che la Cina prevede di agganciare con una ferrovia che passi dalla “cruna” di Kulma. Si consideri la tempistica: a fine maggio c’è stata l’entrata in funzione della linea ferroviaria Aprin – Xi´an per il trasporto del petrolio iraniano verso la Cina; a metà giugno l’inizio delle ostilità tra Israele e Iran. Nel mezzo, i decisori politici di Washington avevano presentato la carta per rimuovere alcune sanzioni secondarie a società cinesi che acquistano il greggio iraniano, e queste transazioni secondo quanto riportato da Bne Intellinews sarebbero state indirizzate su conti vincolati al controllo USA. Tehran avrebbe avuto un accesso limitato al dollaro, ha voluto la ferrovia e la guerra è stata la conseguenza.