Islanda
Europa
Già territorio del regno norvegese prima e danese poi, l’Islanda ottenne la completa indipendenza nel 1944, quando venne proclamata la Repubblica. All'enorme sviluppo del settore bancario dei primi anni 2000 seguì il crollo finanziario internazionale del 2008, causando le dimissioni del governo conservatore. Le elezioni del 2009 portarono al potere una coalizione di centrosinistra, guidata per la prima volta da una donna, Jóhanna Sigurðardóttir. L’imposizione da parte dell’FMI di misure che avrebbero scaricato il debito contratto dalle banche private sui cittadini come condizione per la concessione del prestito, scatenarono massicce proteste e il capo dello Stato sottopose la manovra finanziaria voluta dall’FMI ai cittadini tramite referendum, che la bocciò a stragrande maggioranza. Sull’onda della crisi, l’Islanda ha azzerato il debito pubblico e ha proceduto ad elaborare una nuova Costituzione, il cui testo è stato approvato con un referendum il 21 ottobre 2012 a maggioranza dei due terzi dei votanti. L’assoluta particolarità della nuova Costituzione è il modo definito “collaborativo” attraverso la quale è nata: la consultazione via internet con i cittadini islandesi. L'affermarsi di una coalizione conservatrice ed euroscettica al Parlamento alle elezioni di aprile 2013 pone attualmente in forse l'accesso del Paese all'UE, cui era stato dato avvio nel 2009.
Dopo la seconda guerra mondiale, l’economia dell’Islanda si è sviluppata soprattutto grazie al settore della pesca. Ma la contrazione del settore e la ristrutturazione degli anni Novanta per un’economia diversificata hanno portato a una massiccia liberalizzazione e privatizzazione, con una conseguente smisurata espansione del settore bancario all’estero e dell’afflusso di ingenti capitali stranieri che hanno fatto crescere l’economia. La crisi dei mercati finanziari internazionali del 2008, quindi, ha avuto profonde ripercussioni sull’isola, che si è trovata sull’orlo del collasso con il fallimento delle tre principali banche, e in una profonda recessione da cui ha cominciato a risollevarsi a partire dal 2010. Nel 2011 la crescita si è attestata intorno al 3% e l’economia ha mantenuto la sua apertura verso l’estero, tranne in alcuni settori particolarmente importanti per il Paese, come quello ittico e quello agro-alimentare che godono di un regime protezionistico. Pur non membro dell'UE, l'Islanda appartiene all'EFTA (European Free Trade Association) e all'EEA (European Economic Area).
L’Islanda presenta un generico rischio terrorismo di matrice islamica, come altri Paesi europei che possono diventare Il sistema politico islandese è stabile e non vi è rischio terrorismo. Anche se appartenente alla NATO in qualità di membro fondatore, l’Islanda non possiede un proprio esercito (dipendendo dagli Stati Uniti per la difesa del territorio) e non partecipa ad azioni militari internazionali. Il punto debole rimane in parte l’economia, la cui ripresa deve ancora consolidarsi. Il tasso di inflazione risulta ancora elevato e così il debito pubblico, ma la domanda interna ha ripreso a crescere insieme agli investimenti.
Capitale: Reykjavik
Ordinamento: Repubblica parlamentare
Superficie: 103.000 km²
Popolazione: 315.281
Religioni: chiesa luterana di Islanda, altre
Lingue: islandese, inglese, tedesco
Moneta: corona islandese (ISK)
PIL: 39.400 USD
Livello di criticità: Basso
Già territorio del regno norvegese prima e danese poi, l’Islanda ottenne la completa indipendenza nel 1944, quando venne proclamata la Repubblica. All'enorme sviluppo del settore bancario dei primi anni 2000 seguì il crollo finanziario internazionale del 2008, causando le dimissioni del governo conservatore. Le elezioni del 2009 portarono al potere una coalizione di centrosinistra, guidata per la prima volta da una donna, Jóhanna Sigurðardóttir. L’imposizione da parte dell’FMI di misure che avrebbero scaricato il debito contratto dalle banche private sui cittadini come condizione per la concessione del prestito, scatenarono massicce proteste e il capo dello Stato sottopose la manovra finanziaria voluta dall’FMI ai cittadini tramite referendum, che la bocciò a stragrande maggioranza. Sull’onda della crisi, l’Islanda ha azzerato il debito pubblico e ha proceduto ad elaborare una nuova Costituzione, il cui testo è stato approvato con un referendum il 21 ottobre 2012 a maggioranza dei due terzi dei votanti. L’assoluta particolarità della nuova Costituzione è il modo definito “collaborativo” attraverso la quale è nata: la consultazione via internet con i cittadini islandesi. L'affermarsi di una coalizione conservatrice ed euroscettica al Parlamento alle elezioni di aprile 2013 pone attualmente in forse l'accesso del Paese all'UE, cui era stato dato avvio nel 2009.
Dopo la seconda guerra mondiale, l’economia dell’Islanda si è sviluppata soprattutto grazie al settore della pesca. Ma la contrazione del settore e la ristrutturazione degli anni Novanta per un’economia diversificata hanno portato a una massiccia liberalizzazione e privatizzazione, con una conseguente smisurata espansione del settore bancario all’estero e dell’afflusso di ingenti capitali stranieri che hanno fatto crescere l’economia. La crisi dei mercati finanziari internazionali del 2008, quindi, ha avuto profonde ripercussioni sull’isola, che si è trovata sull’orlo del collasso con il fallimento delle tre principali banche, e in una profonda recessione da cui ha cominciato a risollevarsi a partire dal 2010. Nel 2011 la crescita si è attestata intorno al 3% e l’economia ha mantenuto la sua apertura verso l’estero, tranne in alcuni settori particolarmente importanti per il Paese, come quello ittico e quello agro-alimentare che godono di un regime protezionistico. Pur non membro dell'UE, l'Islanda appartiene all'EFTA (European Free Trade Association) e all'EEA (European Economic Area).
L’Islanda presenta un generico rischio terrorismo di matrice islamica, come altri Paesi europei che possono diventare Il sistema politico islandese è stabile e non vi è rischio terrorismo. Anche se appartenente alla NATO in qualità di membro fondatore, l’Islanda non possiede un proprio esercito (dipendendo dagli Stati Uniti per la difesa del territorio) e non partecipa ad azioni militari internazionali. Il punto debole rimane in parte l’economia, la cui ripresa deve ancora consolidarsi. Il tasso di inflazione risulta ancora elevato e così il debito pubblico, ma la domanda interna ha ripreso a crescere insieme agli investimenti.