Mongolia

Asia dell'est
Aggiornata a Maggio 2017 - L’ex impero di Gengis Khan è stato per lungo tempo sotto l’influenza delle dinastie cinesi e, nel XX secolo, sotto quella dell’Unione Sovietica, che nel 1921 instaurò un regime comunista per proteggere il Paese da una possibile invasione cinese. Con la disintegrazione del regime sovietico, il sistema politico mongolo ha subito una graduale apertura verso la democrazia, che si è concretizzata con la Rivoluzione Democratica del 1990 e una nuova Costituzione nel 1992. L’introduzione di un sistema multipartitico ha portato all’alternanza al governo dei due maggiori partiti: il Partito Rivoluzionario del Popolo Mongolo (PRPM, dal 2010 rinominato Partito Popolare Mongolo), ossia il vecchio partito comunista; e il Partito Democratico (PD). Nel 2008 le contestazioni per i risultati elettorali a favore del PRPM portarono a violenti scontri nella capitale e alla proclamazione dello stato di emergenza, rientrato a seguito di lunghe negoziazioni e di un accordo tra i partiti politici. Le ultime elezioni, tenutesi nel giugno 2012, sono state vinte dal Partito Democratico che ha ottenuto la maggioranza dei seggi in parlamento. Alle presidenziali del giugno 2013 è stato riconfermato il Presidente uscente Tsakhia Elbegdorj, il cui programma verte sulla lotta alla corruzione (molto diffusa nel paese), la protezione ambientale, i diritti civili e le riforme.
Il passaggio dall’economia pianificata del regime comunista a un’economia aperta, non è stato indolore per la Mongolia, e negli anni Novanta le sacche di povertà si sono ampliate con la cessazione degli aiuti statali e dell’accesso gratuito a molti servizi, compresa l’istruzione. Una parte considerevole della popolazione (stimata tra il 30 e il 40%) è ancora nomade e pratica l’allevamento di: cavalli, yak, cammelli, pecore, capre, mucche. Questo settore costituisce ancora uno dei capisaldi dell’economia mongola, ma negli ultimi anni si è andata sviluppando l’industria estrattiva. Il Paese è infatti ricco di minerali (carbone, rame, petrolio, uranio, tungsteno, stagno, nickel, oro, argento, ferro) e l’industria estrattiva ha il potenziale per attrarre ingenti investimenti stranieri. Proprio questo settore ha garantito una crescita economica importante negli ultimi anni facendo della Mongolia un paese ad alto tasso di crescita e con la prospettiva di un raddoppiamento del Pil nei prossimi 10 anni.
Lo sviluppo del settore minerario che è seguito alla scoperta di diversi giacimenti nel paese, ha portato a una progressiva urbanizzazione con conseguente abbandono della pastorizia nomade da parte di molti pastori che si sono trasferiti nelle periferie cittadine, allargando però la massa dei poveri in cerca di lavoro e di condizioni di vita migliori. L’industrializzazione legata al boom dell’attività estrattiva ha avuto ripercussioni anche sugli usi e le tradizioni mongole, che invece in passato sono sempre state difese dalle politiche governative. Inoltre, la mancanza di infrastrutture adeguate aggrava l’impatto ambientale negativo e la capitale Ulan Bator ha un record negativo per quanto riguarda l’inquinamento. Nonostante l’attrattiva dello sfruttamento delle risorse minerarie, comunque, gli investimenti potrebbero essere frenati dalla corruzione che da anni caratterizza la politica mongola, coinvolgendo le massime cariche dello Stato.
Capitale: Ulan Bator
Ordinamento: Rep. semipresidenziale
Superficie: 1.564.116 km²
Popolazione: 3.226.516
Religioni: buddista, animista, cristiana, altre
Lingue: mongolo
Moneta: tugrug (MNT)
PIL: 5.400 USD
Livello di criticità: Basso
Aggiornata a Maggio 2017 - L’ex impero di Gengis Khan è stato per lungo tempo sotto l’influenza delle dinastie cinesi e, nel XX secolo, sotto quella dell’Unione Sovietica, che nel 1921 instaurò un regime comunista per proteggere il Paese da una possibile invasione cinese. Con la disintegrazione del regime sovietico, il sistema politico mongolo ha subito una graduale apertura verso la democrazia, che si è concretizzata con la Rivoluzione Democratica del 1990 e una nuova Costituzione nel 1992. L’introduzione di un sistema multipartitico ha portato all’alternanza al governo dei due maggiori partiti: il Partito Rivoluzionario del Popolo Mongolo (PRPM, dal 2010 rinominato Partito Popolare Mongolo), ossia il vecchio partito comunista; e il Partito Democratico (PD). Nel 2008 le contestazioni per i risultati elettorali a favore del PRPM portarono a violenti scontri nella capitale e alla proclamazione dello stato di emergenza, rientrato a seguito di lunghe negoziazioni e di un accordo tra i partiti politici. Le ultime elezioni, tenutesi nel giugno 2012, sono state vinte dal Partito Democratico che ha ottenuto la maggioranza dei seggi in parlamento. Alle presidenziali del giugno 2013 è stato riconfermato il Presidente uscente Tsakhia Elbegdorj, il cui programma verte sulla lotta alla corruzione (molto diffusa nel paese), la protezione ambientale, i diritti civili e le riforme.
Il passaggio dall’economia pianificata del regime comunista a un’economia aperta, non è stato indolore per la Mongolia, e negli anni Novanta le sacche di povertà si sono ampliate con la cessazione degli aiuti statali e dell’accesso gratuito a molti servizi, compresa l’istruzione. Una parte considerevole della popolazione (stimata tra il 30 e il 40%) è ancora nomade e pratica l’allevamento di: cavalli, yak, cammelli, pecore, capre, mucche. Questo settore costituisce ancora uno dei capisaldi dell’economia mongola, ma negli ultimi anni si è andata sviluppando l’industria estrattiva. Il Paese è infatti ricco di minerali (carbone, rame, petrolio, uranio, tungsteno, stagno, nickel, oro, argento, ferro) e l’industria estrattiva ha il potenziale per attrarre ingenti investimenti stranieri. Proprio questo settore ha garantito una crescita economica importante negli ultimi anni facendo della Mongolia un paese ad alto tasso di crescita e con la prospettiva di un raddoppiamento del Pil nei prossimi 10 anni.
Lo sviluppo del settore minerario che è seguito alla scoperta di diversi giacimenti nel paese, ha portato a una progressiva urbanizzazione con conseguente abbandono della pastorizia nomade da parte di molti pastori che si sono trasferiti nelle periferie cittadine, allargando però la massa dei poveri in cerca di lavoro e di condizioni di vita migliori. L’industrializzazione legata al boom dell’attività estrattiva ha avuto ripercussioni anche sugli usi e le tradizioni mongole, che invece in passato sono sempre state difese dalle politiche governative. Inoltre, la mancanza di infrastrutture adeguate aggrava l’impatto ambientale negativo e la capitale Ulan Bator ha un record negativo per quanto riguarda l’inquinamento. Nonostante l’attrattiva dello sfruttamento delle risorse minerarie, comunque, gli investimenti potrebbero essere frenati dalla corruzione che da anni caratterizza la politica mongola, coinvolgendo le massime cariche dello Stato.