Finanza islamica, quale ruolo per le Monarchie del Golfo?

Il Consiglio di Cooperazione del Golfo, Arabia Saudita in primis, guida l’espansione globale del modello di finanza islamica. Settore in costante crescita, nel 2020-2021 si prevede un rallentamento legato alle misure di contrasto della pandemia.

1. I PRINCIPI DELLA FINANZA ISLAMICA

Modelli spesso poco noti al di fuori di un’audience specializzata, economia e finanza islamica rappresentano realtà di importanti dimensioni nel panorama internazionale. I presupposti si fondano su principi etico-religiosi, a differenza della finanza occidentale sostanzialmente laica e affidata al libero mercato. Le attività e le transazioni economico-finanziarie sono direttamente influenzate dalle fonti giuridiche dell’Islam, tra cui il Corano e la Sunna, le quali offrono una base ontologica di riferimento su cui sono poi state sviluppate le strutture e le istituzioni necessarie per costruire un modello economico e finanziario. La religione islamica stabilisce una chiara distinzione tra ciò che è consentito (halal) e ciò che è vietato (haram), proibendo ogni attività che comporti la riba, cioè l’usura che include anche il pagamento di interessi, come l’attività bancaria convenzionale; l’assicurazione e riassicurazione convenzionale; la produzione e la vendita di bevande alcoliche; l’allevamento, la lavorazione e la vendita di carne di maiale; le armi, il tabacco, i casinò, i night club, la pornografia. Alla proibizione della riba si lega il concetto di espropriazione di capitale in favore dell’accumulazione di quest’ultimo, in contrasto con l’idea di redistribuzione delle risorse in nome della massimizzazione del benessere della società. Inoltre è imprescindibile il legame fra transazioni finanziarie e attività economica reale. Sono centrali infatti anche il divieto dell’incertezza (ghàrar) e della speculazione (maysìr). Il rendimento di un investimento è lecito solo se il capitale assume la forma di un’attività reale, non monetaria, e se si associa all’assunzione di un rischio imprenditoriale (condiviso).
Grande attenzione alla finanza islamica è stata data in Malaysia e Indonesia, dove attraverso approcci distinti si è assistito a una sostituzione del sistema bancario convenzionale con quello islamico. La Malaysia aspira a diventare il centro della finanza islamica mondiale, con un significativo impatto anche sulle strutture sociali nel Paese.

Fig. 1 – Banconote da 100 riyal, Arabia Saudita

2. IL RUOLO DELL’ARABIA SAUDITA

L’Arabia Saudita è stata storicamente all’avanguardia nello sviluppo dell’Islamic Financial Services Industry (IFSI). Il settore bancario domestico comprende attualmente 12 istituti, di cui quattro interamente islamici (Al Rajhi BankAlinma BankBank Al-BiladBank Aljazira) e otto che forniscono servizi bancari islamici tramite “finestre” dedicate. Nel 2018 le quattro banche principali hanno costituito il 40% del totale degli asset bancari islamici e, secondo le stime dell’Islamic Development Bank, alla fine dello stesso anno gli asset sauditi hanno raggiunto i 563 miliardi di dollari. Riyadh si rivela dunque come il maggior mercato di finanza islamica a livello mondiale nell’ambito delle economie con sistemi finanziari duali (convenzionale e islamico), svolgendo un ruolo di primo piano nello sviluppo globale del settore. In linea con il programma Vision 2030 per la diversificazione dell’economia nazionale voluto da Mohammed bin Salman, le Autorità mirano a incrementare la quota del PIL non legata alle esportazioni petrolifere dal 16% al 50% nel 2030 e ad aumentare il peso del comparto finanziario del 280% in rapporto al PIL.

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Fig. 2 – King Abdullah Financial District, Riyadh, Arabia Saudita

3. GLI ASSET DI FINANZA ISLAMICA NEL CCG

Secondo il report 2019 della Saudi Arabia Monetary Authority, la regione del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) totalizza il 42,3% degli asset globali di finanza islamica, oltre un quarto dei quali sono attribuibili a Riyadh. In linea con il proprio ruolo di principale driver del mercato, nel periodo 2013-2018 gli asset bancari islamici nell’area del CCG hanno mantenuto un tasso annuo di crescita composto (CAGR, Compounded Average Growth Rate) del 7,9%. In questi termini, l’Oman ha superato le altre Monarchie con un CAGR del 39.6%, seguito da Emirati Arabi Uniti e Qatar al 9,9%, Arabia Saudita al 7,7%, Kuwait al 4,8% e Bahrein al 4,1%.  Le analisi di Standard & Poor’s (S&P) prevedono una diminuzione della crescita del settore nel 2020-2021 a causa della pandemia da COVID-19. Dopo un aumento complessivo dell’11,4% nel 2019, di cui un 6,6% relativo all’industria bancaria sostenuto dalla buona performance delle istituzioni finanziarie del CCG e di Paesi come Malaysia, Turchia e Indonesia, è probabile un temporaneo rallentamento legato alle misure di contenimento dell’epidemia. Nonostante le forti iniezioni di liquidità da parte delle Banche centrali per stimolare il tessuto economico, la complessità degli scenari macroeconomici e la minore propensione degli investitori contribuiranno a un rallentamento del mercato dei sukuk (le obbligazioni islamiche) nel 2020, con l’aspettativa di una moderata ripresa nel 2021. Per il 2020 S&P stima un’emissione di sukuk pari a 100 miliardi di dollari, rispetto ai 162 miliardi del 2019.

Di Violetta Orban. Pubblicato su Il Caffè Geopolitico

Immagine di copertina: “AlFaisaliyah@Dawn” by Habeeb MD is licensed under CC BY