È di ieri, martedì 28 settembre, la notizia della scomparsa di Giuseppe Mancini, giornalista e analista politico esperto di Turchia. Tra il 2012 e il 2017 Mancini è stato corrispondente da Istanbul per il nostro quotidiano di geopolitica Lookout News, firmando resoconti dalla megalopoli turca che spesso si scontravano con la visione stereotipata che della Turchia hanno l’Italia e l’Occidente. E che, proprio per questo, erano molto apprezzati dalla nostra redazione. In suo ricordo riproponiamo un articolo apparso sul mensile di maggio 2013 di Lookout News e focalizzato sul sogno di Erdogan – poi rimasto tale – di ospitare i Giochi Olimpici del 2020 a Istanbul. Una delle tante promesse poi non mantenute dal presidente turco.
di Giuseppe Mancini
La decisione definitiva verrà presa dal Comitato internazionale olimpico (Cio) il 7 settembre prossimo, a Buenos Aires. Erdogan ha già annunciato che ci sarà. Per misurarne da vicino le credenziali, una delegazione del Cio è stata in città dal 23 al 27 marzo: ha incontrato le massime cariche istituzionali e imprenditoriali, ha visitato gli impianti già esistenti e le attrattive culturali, ha gustato l’ospitalità turca.
Parlando ai delegati, il presidente Abdullah Gül è stato esplicito: “Questo è il momento della Turchia, siamo pronti come mai prima d’ora”. E, del resto, i giochi sono legati al futuro del Paese. In una visione strategica, essi rappresentano uno dei pilastri del master plan per trasformare la Turchia entro il 2023 – centenario della fondazione della Repubblica – in uno dei dieci Paesi più ricchi, moderni e influenti al mondo.
E sono parte integrante di due ulteriori iniziative di largo respiro: il piano da quasi due miliardi per la realizzazione di 415 nuovi impianti sportivi in ogni angolo del Paese; il piano multi-modale di trasporti urbani 2009-2023, che prevede la costruzione di un network di 200 chilometri di metropolitana (oltre a strade, ponti e tunnel) per collegare tutte le diverse estensioni della città, da una parte e dall’altra del Bosforo. “Bridge together” è non a caso lo slogan prescelto: in riferimento ai due continenti e ai ponti che li uniscono, allo “sport come ponte tra culture, credenze e tradizioni” per assicurare “comprensione globale, inclusività, armonia”. Il dialogo tra le civiltà.
Nel budget complessivo di 19,2 miliardi di dollari, circa 10 sono quelli destinati alle infrastrutture di mobilità. I giochi saranno “senza automobili”: non si potrà accedere alle aree olimpiche in macchina e i possessori di biglietti per le gare potranno utilizzare gratuitamente i mezzi pubblici. I soldi ci sono già, sono stati formalmente stanziati: praticamente tutti investimenti, a fronte di spese per l’organizzazione di circa 3 miliardi di dollari. I più grandi gruppi industriali si sono ufficialmente impegnati a dare manforte. Tutte e 7 le zone olimpiche previste – con alcuni impianti già realizzati, come lo stadio olimpico Atatürk – saranno a non più di 35 minuti di viaggio dal villaggio olimpico, su linee dedicate. Le aree degradate della città cambieranno volto grazie a progetti di recupero urbano, e verranno realizzati interventi di restauro sui monumenti in cattivo stato di conservazione che, in alcuni casi (come la Porta d’oro, ingresso trionfale a Costantinopoli) faranno da sfondo alle competizioni.
A occuparsi della costruzione delle strutture sarà la potentissima Toki: l’agenzia governativa che sovrintende allo sviluppo urbano e che, in 30 anni di attività, ha prodotto centinaia di migliaia di unità abitative, oltre a impianti sportivi pubblici. Secondo il suo direttore, Ahmet Haluk Karabel, in virtù della loro esperienza sarà “business as usual” realizzare il master plan dei giochi. Anzi, tutto sarà pronto già un anno prima delle scadenze ultimative. Sempre con un occhio al domani: il villaggio olimpico da 17.500 posti, costerà circa mezzo miliardi di dollari e, al termine dei giochi, diventerà il nucleo di un nuovo quartiere avveniristico con 600.000 abitanti. Allo stesso modo, il traning center olimpico diventerà una sorta di università turca dello sport, mentre lo stadio del Bosforo – che verrà costruito per le cerimonie di apertura e chiusura, sulla riva asiatica – diventerà un’area per concerti e spettacoli. La Turchia, insomma, guarda lontano e sogna in grande.

Redazione
La redazione di Babilon è composta da giovani giornalisti, analisti e ricercatori attenti alle dinamiche mondiali. Il nostro obiettivo è rendere più comprensibile la geopolitica a tutti i tipi di lettori.
C’è un «altro» Donbass in Medio Oriente
20 Feb 2023
È il tempo dei «Donbass multipli», per riprendere una felice definizione dell'analista Marco Florian. Vediamone uno che…
Se l’Iran perde la sponda cinese
16 Gen 2023
di Andrea Bianchi Nella prima settimana di dicembre Xi Jinping si è recato dai dignitari della Cooperazione del Golfo…
Le proteste in Iran al centro del Grande Gioco
1 Dic 2022
di Andrea Bianchi Per comprendere l’Iran attuale occorre gettare uno sguardo retrospettivo al Grande Gioco.…
Qatar 2022: calcio, Islam e petroldollari
14 Nov 2022
Prima di darsi alla politica Erdogan è stato per anni uno spietato attaccante nelle serie minori turche, guadagnandosi…