Le indagini in corso a carico di Sayfullo Habibullaevic Saipov hanno chiarito alcuni aspetti fonamentali per inquadrare sotto la giusta luce la vicenda dell’attentato terroristico di Halloween. Cittadino uzbeko di 29 anni, residente a Tampa (Florida), Saipov ha ottenuto il passaporto americano dal 2010 grazie alla celebre National Lottery, la lotteria nazionale che ogni anno mette in palio oltre 50mila “green card” per quei cittadini stranieri che desiderano diventare americani. E che, in teoria, ne posseggono i requisiti.

Questo dettaglio dimostrerebbe il desiderio sincero del futuro terrorista d’integrarsi nella società americana per lavorare permanentemente negli Stati Uniti. Ciò nonostante, nel 2015 era stato interrogato per i suoi contatti sospetti con altri cittadini uzbeki finiti sotto la lente dell’antiterrorismo. Fin qui, niente di strano. Saipov, come la maggior parte dei suoi connazionali, è di fede musulmana e frequentava la moschea di Paterson, New Jersey, insieme ad altri coetanei.

La moschea di Paterson, però, sin dai primi anni duemila era stata messa al centro di un vasto programma di sorveglianza della comunità musulmana da parte del Dipartimento di Polizia di New York (NYPD), che aveva indivuato nel luogo di culto delle attività sospette. Ora, l’unità di vigilanza del NYPD era stata creata nel 2003 dal sindaco Michael Bloomberg sull’onda lunga dello choc delle Torri Gemelle e si poneva lo scopo di monitorare le attività dei cittadini di fede islamica nella Grande Mela, attraverso l’impiego di agenti sotto copertura. Infiltrati nei più popolosi quartieri islamici, da quella data in avanti gli agenti hanno osservato quotidianamente le attività dei musulmani di New York sia nelle moschee, che nei gruppi studenteschi come nei mercati rionali. Con discreti risultati.

La Moschea Omar di Paterson, New Jersey

Nel 2014, però, non appena eletto, il sindaco Bill de Blasio ha interrotto il programma del suo predecessore, dopo averlo aspramente criticato per tutta la campagna elettorale, ottenendo il plauso (e il voto) dei sostenitori delle libertà civili e della comunità musulmana newyorchese. Il primo cittadino democratico aveva voluto prendere le distanze dall’ex sindaco repubblicano, che invece aveva tenuto a battesimo il programma di sorveglianza definendolo «vitale per la lotta al terrorismo».

Adesso, l’episodio di Halloween riporta le lancette indietro di anni e pone nuovamente la questione di usare simili strumenti di polizia. Lo stesso presidente Donald Trump, attraverso uno dei suoi ormai rituali tweet, si è affrettato a sottolineare di aver appena «ordinato allo Homeland Security (il Dipartimento di Sicurezza nazionale, ndr) di aumentare il nostro programma di controllo estremo. Essere politicamente corretti va bene, ma non per questo!», in relazione allo screening dei cittadini stranieri presenti sul suolo americano, fortemente voluto dalla sua Amministrazione. Bill De Blasio ha replicato immediatamente al tweet presidenziale, chiedendo a Donald Trump di non politicizzare l’accaduto, perché «i suoi tweet anti immigrati servono solo a dividerci».

Come noto, la Casa Bianca dal gennaio di quest’anno ha inaugurato una serie di iniziative anti-terrorismo, come il cosiddetto “muslim ban”, per impedire a cittadini di paesi a maggioranza musulmana di entrare negli Stati Uniti con la stessa facilità degli altri. La ratio del “muslim ban” è limitare il rischio che si compiano attentati terroristici di matrice islamista sul suolo americano. Una decisione che trae origine dall’allarme lanciato mesi fa dall’intelligence USA in seguito alcune intercettazioni avvenute in Medio Oriente, che avevano registrato attività sospette in relazione ai voli diretti in America. In particolare, si parlava di spedire computer-bomba e agenti chimici.

La politica del presidente in merito è stata fortemente criticata dai democratici e da quanti obiettano che non è l’Islam il “nemico” e che, peraltro, i terroristi più spesso si trovano già in America. Come, in effetti, dimostrano l’episodio di Manhattan e tanti altri precedenti in Europa. Ciò nonostante, il presidente Trump prosegue nel suo progetto, osteggiato dal Congresso e da numerosi giudici, ai quali risponde d’imperio con leggi d’iniziativa presidenziale. Questo, insieme all’attentato di Halloween (sul quale rimangono molti punti oscuri),  dimostrano come la politica americana sia apertamente divisa sul come gestire il caso.

 

Lupo solitario o rete jihadista?

 

Per il sindaco di New York, ad esempio, l’autore della strage di Tribeca è soltanto di «un lupo solitario». Un soggetto auto-radicalizzatosi che, come lo stesso Saipov ha dichiarato davanti ai giudici, avrebbe agito seguendo le istruzioni diffuse in rete dallo Stato Islamico, messe in pratica dopo un anno di preparativi ma senza l’aiuto di alcun fiancheggiatore. Sarebbe bastata la rivista online dello Stato Islamico Rumiyah ad avergli offerto le istruzioni necessarie, compreso il suggerimento di lasciare sul luogo del delitto la firma inconfondibile del Califfato: “lo Stato Islamico vivrà per sempre”. Proprio le stesse parole che l’FBI ha riferito di aver trovato nel pick up usato per la strage.

 Ma la stessa FBI sa bene che dall’indagine del 2015 (gestita dallo Homeland Security, l’agenzia governativa a scopo anti-terrorismo) è emerso che esisteva almeno un punto di contatto credibile tra l’attentatore di Halloween e il network degli estremisti uzbeki. Una rete che, come sanno anche le altre agenzie d’intelligence, è da tempo presente in America e che con gli anni è passata al sostegno dello Stato Islamico, dopo un decennio di vicinanza esclusiva ad Al Qaeda. Questo perché in Uzbekistan, paese a maggioranza musulmana, i gruppi islamisti sono attivi sin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica e lavorano ancora oggi per rovesciare il governo e imporre la Sharia nel paese.

L’autore della strage di Manhattan davanti ai giudici

Tutti hanno fatto parte della grande famiglia di Al Qaeda sin dalla fine degli anni Novanta, quando il Jihad ha iniziato a diffondersi grazie all’appoggio e ai finanziamenti ricevuti dal saudita Osama Bin Laden. Ed è in questo modo che l’intelligence americana ha fatto la loro conoscenza, dopo che in alcuni casi la CIA li aveva in precedenza incoraggiati ad armarsi contro i sovietici.

Oggi tutto questo non c’è più, perché sostituito dal jihad globale, che punta a nuovi traguardi: terrorizzare l’Occidente punendo chiunque si schieri contro i tentativi di creare un Califfato, sia esso in Africa, in Medio Oriente o in Asia. E l’America, specie da quanto ha contribuito ad abbattere il Califfato in Siria e Iraq togliendo loro Raqqa e Mosul, rientra appieno nei paesi da punire. E sono centinaia gli uzbeki che hanno perso la vita per difendere proprio le due capitali dello Stato Islamico, mentre altri sono ramificati in molte parti del mondo. Tra cui gli Stati Uniti, e il New Jersey in particolare.

 

La questione delle agenzie di sicurezza

 

Come sottolineato in un precedente articolo, tutto questo riporta all’attenzione anche un altro problema: la mancanza negli USA di un vero e proprio servizio di sicurezza interno, che studi e prevenga questi fenomeni come metodo di lavoro. Cosa che il Federal Bureau of Investigation non può fare, poiché è una forza di polizia federale e, come tale, agisce solo in presenza di una precisa notizia di reato. Può farlo invece lo Homeland Security, il Dipartimento della Sicurezza Interna che risponde direttamente alla Casa Bianca, perché il suo scopo è garantire la sicurezza interna prevenendo il terrorismo, gestendo la sicurezza dei confini e gestendo materie come l’immigrazione e il cyberspazio.

Tuttavia, si tratta di un istituto ancora molto giovane, perché è stato istituito solo nel 2002 dal presidente Bush in risposta agli attacchi dell’11 settembre. Inoltre, è un ente elefantiaco (è la più grande tra le organizzazioni governative e agenzie federali, che ha accorpato ben 22 agenzie) e inesperto a trattare una minaccia che in America non si è mai davvero verificata. Motivo per cui molte delle sue risorse sono dirette ai disastri naturali e ad altre minacce non direttamente connesse con il terrorismo internazionale.

La sede dell’Homeland security, Washington D.C.

Ragion per cui l’attività d’indagine e di monitoraggio di queste reti terroristiche è più spesso delegata alle forze di polizia statali e non invece alle agenzie federali.

A ciò si aggiunga che se si smantellano iniziative come il programma di sorveglianza della comunità musulmana del Dipartimento di Polizia di New York, ecco che si corre facilmente il rischio di “restare al buio” quanto a reti e connessioni tra potenziali terroristi. Cosa che può aver permesso a qualcuno di convincere e radicalizzare Sayfullo Habibullaevic Saipov senza essere notato.

Ad esempio, si sa da indiscrezioni che alcuni dei soggetti interrogati dall’Homeland Security nel 2015 insieme a Saipov, pur se inseriti nell’elenco dell’antiterrorismo, sono stati lasciati andare (come il giovane uzbeko) senza proseguire in alcun modo nei loro confronti. Uno di questi sospetti, da allora avrebbe fatto sparire le sue tracce e attualmente è ricercato sotto la voce “sospetto terrorista”. Un po’ troppo poco per un paese che viene descritto troppo come “il poliziotto del mondo” e che ambisce a essere l’avanguardia nella lotta al terrorismo internazionale.

 

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