Al termine delle elezioni svoltesi il primo luglio, AMLO ha ottenuto il 54% dei voti. Ricardo Anaya e José Antonio Meade, candidati dei partiti tradizionali PAN e PRI, hanno riconosciuto la loro sconfitta la sera stessa, prima di conoscere i dati definitivi.
1. AMLO ED I NUMERI DELLE ELEZIONI
Andrés Manuel López Obrador (per tutti AMLO), sarà il nuovo Presidente del Messico. Per la prima volta un leader politico che si rifà a una visione apertamente di sinistra si appresta a governare la seconda più grande economia dell’America Latina. Sebbene la vittoria di Amlo fosse già stata data quasi per certa dai pronostici alla vigilia delle elezioni, il risultato finale è stato, se possibile, ancora più largo delle previsioni. Secondo il conteggio dell’Istituto nazionale elettorale, Obrador, a capo della coalizione MORENA (Movimento Rigenerazione Nazionale), ha superato il 54% dei voti, divenendo il Presidente con il più ampio sostegno nella storia del Messico davanti a Ricardo Anaya (24%)del PAN (Partito d’Azione Nazionale) e Jose Antonio Meade (16%)del PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale). Non è stato quindi necessario attendere i risultati ufficiali. Dopo aver consultato i primi exit poll, i due rivali hanno riconosciuto la sconfitta e si sono congratulati con Lopez Obrador. Il successo rappresenta senza dubbio uno tsunami politico, una vittoria schiacciante conseguita in una giornata democratica (l’affluenza alle urne è stata fra il 62,9% ed il 63,8% dei circa 89 milioni degli aventi diritto) come pochi si ricordano nella vita del Paese: nessuna accusa di frode, pochissimi incidenti nei seggi, una tranquillità inusuale.
Il Messico ha infatti non solo eletto il Presidente, ma anche l’Assemblea parlamentare e numerosi enti locali fra cui il Comune di Città del Messico, mantenendosi nel complesso severissimo in termini di preferenze nei confronti del classico duopolio PAN e PRI. La vittoria elettorale di MORENA risulta talmente significativa, sebbene ingigantita anche dalla debolezza dei partiti classici, da porre la sinistra di fronte a un’enorme sfida di governo, essendo anche la principale forza del Congresso. MORENA governerà Città del Messico e otterrà il potere in diversi governatorati sparsi nel Paese profondo. Se 18 anni fa il Messico decise di porre fine all’egemonia del PRI dopo 70 anni, ora richiede un passo ulteriore, un cambio di regime dopo due decenni di alternanza tra i partiti tradizionali, che probabilmente dovranno ripensare integralmente la loro proposta politica. Nel polo ideologico di opposizione, infatti, la componente evangelica si sta già preparando ad avere un peso che non avrebbe mai immaginato di avere e a fagocitare le residue istanze dei partiti conservatori. Ciò che risulta evidente è uno stravolgimento politico che deriva probabilmente da un malcontento sociale profondo. Per questo Obrador ha promesso, dovendo ancora specificare in quali modi e attraverso quali piani concreti, di trasformare la nazione, riducendo la violenza e le disuguaglianze, fermando gli accordi energetici sfavorevoli, a suo dire, e stimolando la crescita nelle aree impoverite. L’avvio della nuova Amministrazione avverrà tuttavia non prima di cinque mesi, dato il lungo periodo di transizione previsto, quando il Presidente messicano uscente, Enrique Peña Nieto, consegnerà la bandiera messicana a López Obrador durante la cerimonia ufficiale di avvicendamento prevista per il primo dicembre.
3. I RIFLESSI SUI RAPPORTI CON GLI USA
Nel ruolo internazionale di vicino meridionale della grande potenza a stelle e strisce, durante la prima dichiarazione pubblica post-elezioni, tenuta alla tv di Stato messicana, Lopez Obrador ha spiegato che, nonostante le frizioni con il presidente Trump per via del muro anti-migranti che l’Amministrazione USA vorrebbe far costruire, o meglio completare, a spese del Messico, con gli Stati Uniti si prospettano buone novità per i prossimi anni, nel solco di una duratura relazione di amicizia e cooperazione. Del resto Donald Trump è stato il primo leader internazionale a congratularsi pubblicamente con Lopez Obrador per la sua larga vittoria, sebbene attraverso i soliti canali non formali (il tweet è arrivato quando lo spoglio era ancora pienamente in corso). Le temute ripercussioni sulle relazioni tra Stati Uniti e Messico, peraltro non così ottime da quando alla Casa Bianca è subentrato Donald Trump mentre al Palazzo Nazionale rimaneva Nieto, in realtà non ci sono state e per quanto riguarda il futuro sono ancora tutte da verificare. Secondo alcuni osservatori i rapporti potrebbero persino subire un miglioramento se il pragmatismo dovesse prevalere, viste la similarità di alcune posizioni interne tra AMLO e Trump – specialmente su alcune questioni economiche, – che si potrebbero ripercuotere in buone relazioni personali e in una più facile soluzione dei grandi problemi dell’immigrazione irregolare messicana in territorio statunitense e delle politiche di respingimenti, allontanamenti e separazioni forzate attuate da singoli Stati e dal Governo federale degli Stati Uniti.
La schiacciante vittoria di López Obrador sconvolge il tradizionale sistema partitico messicano. Dal 1988 la politica messicana ha ruotato principalmente intorno al partito egemone del PRI, al conservatore PAN e, sebbene con un ruolo minore, al progressista PRD. Il PRI in particolare ha detenuto il potere nel Paese per 71 anni, dalla sua nascita nel 1929 al 2000, governando de facto il Messico in un regime monopartitico.
Alessandro Costolino
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