Con la conferma da parte del Collegio Elettorale, a cui si è aggiunto il riconoscimento della vittoria democratica da parte di Mitch McConnell, Biden può dedicarsi alla costruzione della Presidenza e del gabinetto.

Ma quale sarà la politica estera di Biden per l’Africa, il Sud America, il Sudest asiatico (e lo scenario del Pacifico in generale) e l’Europa?

I democratici sostengono che lo slogan “America First”, il mantra di Trump in questi anni, si è tramutato in “America alone” nei confronti del resto del mondo, ricalcando la linea tenuta dagli Stati Uniti durante il periodo isolazionista successivo alla Prima Guerra Mondiale, ovvero tra gli anni 20 e 30. Ed è questa, una traiettoria che il nuovo Presidente intende cambiare. Biden è un multilateralista e certamente un sostenitore del ruolo egemonico degli USA, ma pensa anche che questo ruolo vada esercitato in accordo con gli alleati e attraverso gli organismi internazionali.

La critica dei democratici e del Presidente eletto Biden alla politica estera di Trump è incentrata sul fatto che quest’ultimo ha reso gli USA più isolati nel mondo, alienandosi le simpatie di alleati storici, vicini, come il Canada di Trudeau, e lontani, come i Paesi dell’Unione Europea e della NATO, e come il Regno Unito, che durante la presidenza Trump ha visto vacillare la “special relationship”, specialmente durante il premierato di Theresa May.

Richiedere a un alleato di aumentare il budget per la difesa, ad esempio, in cambio del mantenimento dei buoni rapporti con gli USA, è una linea di politica estera che i democratici rigettano totalmente perchè estranea alla normale politca estera statunitense.

La nuova Amministrazione Biden intende tornare sui tradizionali binari del multilateralismo in seno alle organizzazioni internazionali, ad esempio rientrando nel WHO, prefissandosi anche di riformarlo, alla luce del sospetto, anche in ambienti democratici, che la Cina effettui un’indebita influenza sull’organismo tramite il suo Presidente, l’etiope Tedros Adhanom. La nuova Amministrazione Biden intende anche rafforzare le attuali alleanze, con particolare attenzione all’Africa e al Sud America, terreni di scontro con la Cina, tramite la United States Agency for International Development (USAID) e modernizzare le attuali Forze Armate.

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Per quanto riguarda il tema del rafforzamento delle alleanze, in Africa in particolare,  la nuova Amministrazione si impegna a rafforzare l’aiuto per lo sviluppo e ad aumentare gli scambi commerciali, a fronte della forte crescita economica africana di medio-lungo periodo, e a facilitare la transizione politica in Sudan ed Etiopia, situati in una regione vitale per gli scambi commerciali: il Corno d’Africa. Con particolare attenzione verso quest’ultima, alla luce del conflitto nel Tigray.

Nel Sud America, il “cortile di casa”, oltre a cambiare radicalmente posizione sul tema dell’immigrazione e sul clima, particolare attenzione sarà rivolta a Venezuela e Cuba. Per quanto riguarda il Venezuela, la nuova Amministrazione annuncia una più ampia tutela per i rifugiati venezuelani in USA, ma i maggiori sforzi si concentreranno sul favorire un cambio di regime attraverso pressioni diplomatiche, concertate con i maggiori partner regionali e mondiali. Sull’isola caraibica dirimpettaia della Florida si annuncia, invece, un importante cambio di passo: un allentamento delle sanzioni e il rinnovato permesso ai viaggi tra i due Paesi.

Per quanto rigurda lo scenario asiatico, a fronte della sempre maggiore influenza cinse, gli USA dovrebbero pensare a una formalizzazione dell’alleanza QUAD (Quadrilateral Security Dialogue) di cui fanno parte Australia, India, Giappone, allargandola magari a Vietnam, Corea del Sud e Nuova Zelanda, creando così una vera e propria “NATO del Pacifico”.

Anche per quanto riguarda l’Europa, l’Amministrazione Biden riceve un’eredità pesante: i rapporti transatlantici non sono mai stati così freddi, una freddezza acuita dall’appoggio alla Brexit da parte di Trump. Se la minaccia di Trump, attualmente sospesa, di diminuire il numero degli effettivi presenti in Europa nell’ambito NATO è sembrata un indebolimento in divenire dell’Alleanza Atlantica, dall’altro lato ha portato ad una maggiore, ma pur sempre cauta,  integrazione della politica europea di difesa, almeno nelle intenzioni. Il maggiore sponsor di questa idea è il Presidente francese Macron, che ha definito la NATO «cerebralmente morta». Macron punta ad un’accelerazione nell’integrazione della Difesa europea (PESCO o Permanent Structured Cooperation) per rendere l’Unione Europea una potenza regionale indipendente e autonoma in grado di fronteggiare le numerose minacce esterne, in particolare la Russia.

Se, in un primo momento, si tendeva a credere che l’elezione dell’ex vice di Obama avrebbe riportato l’UE in una zona di comfort a causa della protezione dell’ “ombrello” USA, qualcosa ora sembra essersi rotto nei rapporti transatlantici. Principalmente a causa del fatto che la politica estera statunitense, agli occhi degli europei, non appare più bipartisan e credibile.