Ci eravamo sbagliati a dire che ci eravamo sbagliati. Sembra una frase priva di senso, eppure riassume le discussioni apparse sui media di Stato della Repubblica Popolare nelle ultime settimane in merito all’efficacia dei vaccini contro il Covid-19 prodotti dalle aziende cinesi. È una notizia di pochi giorni fa: il Wall Street Journal ha scritto che Pechino, dopo essersi mostrata non esattamente sicura dei propri vaccini, dovrebbe approvare quello sviluppato dall’azienda tedesca BioNTech prima di luglio. La Cina, riferisce invece il Washington Post, ha inziato ad accettare i certificati vaccinali per le richieste di viaggi nel Paese, sperando in una qualche forma di reciprocità da parte dell’Occidente.

La confusione è cominciata sabato 10 aprile, quando Gao Fu, direttore del Centro nazionale per il Controllo delle Malattie, la più importante agenzia statale cinese in ambito sanitario, ha lasciato tutti i media del mondo abbastanza di stucco quando ha ammesso pubblicamente che i vaccini sviluppati in Cina «non offrono un livello di protezione molto alto». Gao Fu, in effetti, aveva detto che la Cina sta «formalmente considerando» di cambiare il piano vaccinale per «risolvere il problema dell’efficacia non alta dei vaccini». Tra le varie possibilità che Pechino sta valutando per incrementare l’efficacia dei sieri, ha spiegato Gao Fu, c’è l’ipotesi di modificare il dosaggio, quella aumentare il numero di dosi o di mescolare i vaccini sviluppati con tecnologie diverse, pratica in realtà abbastanza diffusa. Il famoso immunologo e virologo, stava tenendo una conferenza stampa a Chengdu quando si è lasciato scappare questi commenti, subito ripresi da tutti i giornali, le tv le agenzie del globo.

La portata delle affermazioni del funzionario di Pechino si comprende alla luce degli sforzi intrapresi dalla Cina per fare del vaccino uno strumento di soft power e per rilanciare i piani legati ai progetti della Nuova Via della Seta.

Una propaganda finalizzata a presentare la Cina quale donatrice e distributrice di vaccini a livello mondiale e condotta attraverso l’esaltazione dei risultati conseguiti dalle aziende cinesi. Un report diffuso da Human Rights Watch e condotto da Graphika, tra gli altri, aveva messo in luce la campagna di disinformazione digitale clandestina pro-Pechino tesa a screditare i vaccini occidentali, in particolare quello di Pfizer-BioNTech, che aveva trovato in YouTube, Twitter e Facebook dei canali fondamentali per la propaganda cinese. Un gioco pericoloso considerata la sfiducia crescente nei vaccini che già mette a dura prova la salute dell’umanità.

I vaccini sviluppati in Cina sono già stati distribuiti in centinaia di milioni di dosi dal Sudest asiatico al Medio Oriente, dall’America Latina all’Africa, passando anche per l’Europa attraverso l’Ungheria. Molto difficile se non impossibile stabilirne l’esatta efficacia perché le aziende farmaceutiche cinesi non ne hanno ancora diffuso i risultati clinici dettagliati. Sin dal principio, il processo di sviluppo dei cinque vaccini cinesi è stato avvolto da una coltre spessa di opacità. A differenza dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, la Repubblica Popolare non ha mai pubblicato le copie dei contratti sottoscritti con le case farmaceutiche produttrici, ad esempio. La scarsa efficacia rischia di avere serie conseguenze a livello globale. Lo scetticismo aumenta, ad esempio, negli Emirati Arabi. Il mese scorso l’azienda distributrice del vaccino Sinopharm ha offerto al Governo emiratino una terza dose di vaccino ai cittadini per i quali le prime due dosi previste non erano risultate abbastanza efficaci. Emblematico il caso del Cile, citato dal Financial Times come terzo miglior risultato al mondo nella gestione della campagna vaccinale. Tuttavia, nonostante i vaccini siano stati inoculati a più della metà della popolazione cilena, il paese si trova nel mezzo di una terza ondata di Covid. Uno studio dell’Università del Cile aveva rilevato che dopo due settimane dalla seconda dose del vaccino Coronavac, l’efficacia era del 56,5%, una percentuale appena poco superiore alla soglia fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Ma il giorno dopo la conferenza stampa, domenica 11 aprile, Gao Fu ha fatto marcia indietro. Il funzionario ha rilasciato un’intervista al Global Times, voce ufficiale del Governo di Pechino in lingua inglese. Un messaggio, dunque, diretto proprio alla platea internazionale. Gao ha detto di essere stato «completamente frainteso» e che in realtà si stava riferendo ai vaccini in generale. Quello che aveva provato a dire era che la comunità scientifica, tutta, dovrebbe lavorare per aumentare l’efficacia dei vaccini. Ma, intanto, il danno era stato fatto: una voce fuori dal coro della propaganda cinese aveva ammesso quello che tutti sospettavano da tempo. Ma a dirlo, stavolta, era stato un celebre scienziato del Governo.

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