Il 22 agosto Eni ha annunciato una “importante” scoperta di gas con il pozzo Cronos-1, nel Blocco 6, situato a circa 160 chilometri al largo di Cipro, in una profondità d’acqua di 2.287 metri. Eni ha spiegato in una nota che il blocco in cui è stata effettuata la scoperta è operato al 50% da Eni Cyprus e al restante 50% da TotalEnergies. Le stime preliminari, si legge nella nota della compagnia di bandiera energetica italiana, “indicano circa 2,5 TCF (trilioni di piedi cubi) di gas in posto, con un significativo potenziale aggiuntivo che verrà valutato con un ulteriore pozzo esplorativo”. “La scoperta di Cronos-1 – spiega Eni – crea le condizioni per portare a sviluppo ulteriori potenziali volumi di gas nella regione e rappresenta una delle azioni conseguite da Eni a supporto della fornitura di ulteriore gas all’Europa. Questa scoperta conferma l’efficacia della strategia esplorativa di Eni, volta a creare valore attraverso la profonda conoscenza dei bacini geologici e l’applicazione di tecnologie geofisiche proprietarie. Eni è presente a Cipro dal 2013. La società opera i blocchi 2, 3, 6, 8 e 9, e detiene partecipazioni nei blocchi 7 e 11 operati da TotalEnergies“.

L’attività di Eni, Total e delle altre principali compagnie energetiche internazionali in acque cipriote è uno dei focus del libro L’ultimo muro d’Europa di Giovanni Vazzana, edito da Paesi Edizioni (2020). Eccone un estratto.

ZEE, ovvero «Zona Economica Europea». Europea. Dun­que, non ne fanno parte gli USA, non ne fa parte Israele, neanche il Qatar né la Corea del Sud. Tutti, però, sono inter­preti dello stesso film, tutti «azionisti di maggioranza», tutti in mezzo al mare di Cipro col mirino puntato: il gas naturale è un diktat, il diktat dell’economia mondiale, non solo europea.

Nell’isola del paradosso la Zona Economica Europea si allarga a macchia d’olio, le lepri aumentano giorno dopo giorno e la Turchia continua a essere quella più indigesta, la meno accetta. Il gas lo vuole l’Italia, lo cerca pure la Francia, ma a trivellare senza permesso nelle acque a sovranità ciprio­ta sono i turchi.

Nel tentativo di proteggere gli interessi dei loro colossi energetici, ENI per l’Italia e Total per la Francia, tra il 2018 e il 2019 Roma e Parigi hanno condannato a più riprese le attività delle navi inviate in acque cipriote dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Sull’argomento è intervenu­ta l’UE, comminando nuove pesanti sanzioni ad Ankara lo scorso 20 giugno 2019. Un’azione forte, diretta, che ha ri­messo la Questione Cipriota all’ordine del giorno dei suc­cessivi Consigli Europei.

E poi ci sono in gioco, come detto, gli Stati Uniti. Il recente rafforzamento dell’intesa militare fra Washington e la Grecia sem­bra confermare quanto i rapporti tra l’Amministrazione USA e la Turchia si stiano raffreddando pericolosamente. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo il 1 febbraio 2019 ha annuncia­to l’accordo per un aumento delle attività militari congiunte di USA, Grecia e NATO, a Larissa, Stefanovikio e Alexandroupoli, così come anche presso la base navale di Souda Bay. Sempre Pompeo ha elencato senza giri di parole i motivi dell’importan­za e dell’urgenza di tale accordo: le pressioni nell’area di Russia, Iran, Cina. E la Turchia? Volutamente dimenticata?

Acquista il libro
L’ultimo muro d’Europa
di Giovanni Vazzana