Non si era ancora spenta l’eco delle polemiche per il lancio nelle acque del Mar del Giappone di un missile balistico nordcoreano lo scorso 11 febbraio, che il regime di Pyongyang è tornato alla ribalta internazionale per l’assassinio di Kim Jong-nam, il fratellastro del supremo leader della Corea del Nord Kim Jong Un.
Kim Jong-nam, che viveva in esilio da anni spostandosi di continuo tra diverse città del Sud Est asiatico, è stato assassinato il 13 febbraio all’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur in Malesia da un commando di agenti segreti che lo hanno colpito al volto con una micidiale miscela di gas nervino del tipo “VX”, un composto chimico inserito dalle Nazioni Unite nella lista delle armi di distruzione di massa.
Dopo le prime indagini sia le autorità della Malesia che quelle della Corea del Sud hanno formalmente accusato dell’omicidio il presidente della Corea del Nord Kim Jong Un, un personaggio che al pari del nonno, Kim Il Sung, e del padre, Kim Jong Il, governa da despota assoluto l’ultima roccaforte del comunismo stalinista mondiale e non disdegna l’uso dell’omicidio politico e del terrorismo nei confronti dei suoi nemici interni ed esterni.
La guerra tra le due Coree: gli inizi
La dinastia dei Kim è al potere nella Corea del Nord dal 1945 quando, dopo la fine dell’occupazione giapponese, la penisola coreana venne occupata a nord dalle truppe sovietiche e a sud dalle truppe americane. I russi insediarono immediatamente a Pyongyang Kim Il Sung, il capo del piccolo Partito Comunista Coreano, esule a Mosca fin dagli anni Trenta. Gli americani elessero invece al potere nel sud nel 1948 Syngman Rhee, fautore dell’indipendenza della Corea dal Giappone, fuggito negli Stati Uniti agli inizi del Novecento.
Le due Coree separate da un confine provvisorio situato sul 38° parallelo divennero immediatamente pedine della Guerra Fredda tra USA e URSS e il tentativo di riunirle pacificamente in un’unica nazione naufragò fin dalla fine dell’occupazione giapponese.
Il 25 giugno del 1950, Kim Il Sung, dopo aver ricevuto il via libera dal suo principale sponsor e alleato, il leader sovietico Josif Stalin, lanciò un attacco a sorpresa contro la Corea del Sud, difesa da un debole e corrotto esercito nazionale e da un piccolo contingente di truppe americane. In pochi giorni l’esercito popolare nordcoreano dilagò a sud conquistando rapidamente la capitale Seoul e gran parte del territorio della Repubblica sudcoreana, stringendo d’assedio le truppe americane nella città meridionale di Pusan. Nelle 24 ore successive all’attacco nordcoreano, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – grazie alla momentanea assenza del delegato dell’Unione Sovietica che disertava i lavori su decisione del Cremlino in segno di protesta per la mancata ammissione all’ONU della Cina comunista – denunciò ufficialmente la Corea del Nord come aggressore e decretò l’invio in Corea di un contingente internazionale a guida americana, con l’incarico di usare le armi per ripristinare lo status quo.
In poche settimane le truppe di 17 Paesi membri delle Nazioni Unite, sotto il comando del generale Douglas MacArthur, riuscirono a contenere l’offensiva delle truppe nordcoreane e a riprendere non solo il controllo del territorio conquistato dai comunisti ma, superando il 38° parallelo, a occupare Pyongyang spingendosi, nell’autunno del 1950, fino ai confini con la Cina.
Il 27 ottobre del 1950 un’armata di centinaia di migliaia di volontari cinesi attraversò il fiume Yalu, confine naturale tra Cina e Corea, travolgendo il contingente dell’ONU e costringendolo a una disastrosa ritirata che si arrestò soltanto il primo gennaio del 1951, quando grazie al contributo fondamentale dell’aviazione americana, cinesi e nordcoreani vennero fermati sul 38° parallelo. Dopo sei mesi di sanguinosi combattimenti, la situazione nella penisola coreana era ritornata allo status quo ante guerra, ma il conflitto andò avanti fino al 27 luglio del 1953 quando, vista l’impossibilità per tutti i contendenti di conquistare una vittoria decisiva, a Panmunjeom venne firmato un armistizio che dura tuttora.
Dall’armistizio del 1953 a oggi
Da allora la Corea è rimasta divisa. Il Sud è stato governato con mano dittatoriale da Syngman Rhee fino al 1960, quando l’anziano padre della patria sudcoreana venne estromesso bruscamente dal potere con un golpe militare e spedito in esilio alle Hawaii dove morì nel 1965, alla soglia dei novant’anni. Il Nord è invece finito sotto la dittatura di una strana “monarchia comunista”, con la dinastia dei Kim saldamente al potere ancora oggi.
Il patriarca, Kim Il Sung, ha governato con mano di ferro fino alla sua morte avvenuta nel 1994. A succedergli è stato il figlio Kim Jong Il, rimasto in carica fino alla sua morte nel dicembre del 2011, quando il suo posto è stato preso dal suo secondogenito, Kim Jong Un.
Tutta la storia recente della Corea del Nord, un Paese rimasto poverissimo nonostante le sue enormi spese militari, è segnata non solo dal governo dispotico e sanguinario dei Kim, ma anche da una costante aggressività verso l’esterno e, in particolare, contro i vicini sudcoreani spesso attaccati con strumenti militari convenzionali e con l’arma del terrorismo di Stato. Le violazioni del cessate il fuoco per mano nordcoreana dal 1953 a oggi si contano a decine, ma spesso gli agenti segreti di Pyongyang non hanno esitato a ricorrere ad azioni più spregiudicate.
Il 9 ottobre del 1983 tre militari nordcoreani (due maggiori e un capitano) misero un potente ordigno esplosivo sotto il palco che doveva accogliere una delegazione sudcoreana guidata dall’allora presidente della Repubblica della Corea del Sud, Chun Doo-hwan, in visita ufficiale nella capitale birmana Rangoon (dal 2005 sostituita da Naypyidaw). Nell’attentato morirono 21 persone, tra cui 4 ministri del governo di Seoul, ma non Chun Doo-hwan.
Il 29 novembre 1987 un aereo della Korean Air in volo dagli Emirati Arabi a Bangkok, esplose mentre sorvolava l’Oceano Indiano, provocando la morte di 115 persone. Il disastro venne causato da una bomba messa a bordo dell’aereo da due operativi della polizia segreta nordcoreana, uno dei quali, Kim Hyon Hui, è stato arrestato dalle autorità del Bahrain e poi estradato in Corea del Sud.
Attentati, omicidi, rapimenti anche per l’ultimo dei Kim continuano a rappresentare “normali strumenti” di lotta politica e insieme alla corsa per il nucleare e al riarmo militare ossessivo da parte del regime di Pyongyang, mantengono in uno stato di tensione permanente non soltanto la penisola coreana ma tutto il Sud Est asiatico, rendendo le minacce che provengono da quest’area una delle priorità più scottanti della nuova amministrazione Trump.
Il presidente americano dovrà trovare il modo di “contenere” l’aggressività di Kim Jong Un, imbrigliandone le mosse più spregiudicate magari con l’aiuto della Cina, che con sempre maggiore imbarazzo continua a esserne il principale protettore. In attesa della prossima mossa dell’Amministrazione USA, è lo sport ad allentare le tensioni tra Nord e Sud Corea dopo mesi di minacce e reciproche accuse. Per martedì 9 gennaio Seoul e Pyongyang hanno infatti concordato di tenere colloqui di alto livello per parlare della possibile presenza di una delegazione nordcoreana ai Giochi Olimpici di PyeongChang (9-25 febbraio) e valutare le opzioni sul tavolo per migliorare i rapporti bilaterali.
Alfredo Mantici
Ex capo del Dipartimento Analisi del Sisde, Direttore Analisi dI Babilon magazine e detective nel noto reality "Celebrity Hunted"
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