Cosa sta succedendo al confine turco-siriano

Con l’aiuto degli USA, alleati dei curdi dell’YPG, la Turchia ha creato una safe zone al confine con la Siria destinata ad accogliere un milione di profughi siriani. Nel frattempo, il sistema di accoglienza delle isole greche è al collasso e i rapporti tra Ankara e Bruxelles sono sempre più tesi.

La calda estate di Recep Tayyip Erdoğan sta lentamente volgendo al termine, lasciando spazio a un autunno ancora più incandescente. Per tutto il mese di agosto Ankara e Washington hanno lavorato alla creazione di una safe zone nel perimetro nordorientale a est dell’Eufrate, necessaria per accogliere circa 1 dei 3,6 milioni di profughi siriani presenti sul suolo turco. A seguito della minaccia di Erdoğan di invasione militare della zona, il 27 agosto le truppe curde dell’YPG (Unità di Protezione Popolare) presenti nell’area settentrionale della Siria – considerate di matrice terroristica da Erdoğan, alla stregua del PKK –  hanno iniziato ad allontanarsi dal confine turco. Non è del tutto chiaro il piano di pattugliamento e l’ampiezza geografica della zona cuscinetto, che, a detta del Presidente Erdoğan, per ragioni di sicurezza deve essere profonda almeno 30 chilometri e lunga circa 450 chilometri. Le milizie turche e statunitensi hanno iniziato a pattugliare il confine a partire da domenica 8 settembre con aerei e truppe di terra di entrambi gli eserciti. Nell’ambito dell’accordo raggiunto è stato recentemente istituito un centro operativo congiunto USA-Turchia al confine. Il Governo siriano, sostenuto militarmente dalla Russia, ha definito l’attività di Turchia e Stati Uniti come una violazione del diritto internazionale.

Fig. 1 – Una donna nel campo profughi di Kah, a nord di Idlib al confine con la Turchia

Nel frattempo sul fronte nordoccidentale siriano, nella regione di Idlib, è entrata in vigore a fine agosto la tregua decretata dal regime siriano e dalla Russia, dopo quattro mesi di offensiva contro i ribelli e i jihadisti (sostenuti dalla Turchia). A seguito della riconquista della città di Khan Sheikhoun, il gruppo integralista Hayat tahrir al Sham (Hts), ex ramo di Al Qaeda in Siria, ha definitivamente iniziato ad arretrare dalla regione di Idlib. I bombardamenti estivi delle milizie siriane e degli aerei russi – che hanno colpito anche alcuni camion turchi, generando tensioni tra Turchia e Siria – hanno disseminato il terrore nella popolazione, generando oltre 600mila sfollati, molti dei quali, secondo l’ultimo aggiornamento dell’ONU, hanno dovuto abbandonare le loro case o i loro rifugi fino a cinque e persino dieci volte. Di questi, il 51% è composto da minori e il 25% da donne. Il Ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu ha lanciato l’allarme sulla possibilità di una nuova ondata di migranti provenienti proprio dalla zona di Idlib diretti in Turchia e in Europa. Adesso Erdoğan minaccia di aprire le porte della Turchia verso l’Europa, dichiarando che in questa fase la Turchia non può più sostenere l’onere da sola. Le sue parole hanno fatto tremare la Grecia, dove tra luglio e agosto si sono registrati circa 12mila arrivi sulle isole del Mar Egeo di fronte alla costa turca. Attualmente sono a quota 24mila le persone intrappolate sulle isole greche: circa 20mila migranti si trovano nei centri d’accoglienza di Lesbo, Chios, Samos, Leros e Kos, a fronte di una capacità prevista di 6.300, mentre altri 4mila si trovano in piccoli campi e in abitazioni private. Una situazione che ha portato alle dimissioni di Yannis Balbakakis, il responsabile del centro migranti di Moria a Lesbo.

Fig. 2 – Un campo di IDPs (internal displaced people) nelle vicinanze di Kah, a nord di Idlib al confine con la Turchia

In base all’accordo sottoscritto nel marzo 2016 l’UE si è impegnata a versare ad Ankara 6 miliardi di euro in cambio di maggiori controlli sui profughi siriani che lasciano il territorio turco per l’Europa. In sostanza, come recita la Dichiarazione, tutti i richiedenti asilo provenienti dalla Turchia che cercano di arrivare nelle isole greche vengono rimandati nel territorio turco. Ma non solo, per ogni siriano che viene rimandato in Turchia dalle isole greche, un altro siriano, presente in lista d’attesa, dovrebbe essere insediato nell’UE attraverso i corridoi umanitari che in questa circostanza vengono attivati. Tale meccanismo ha consentito sinora l’ingresso nei paesi UE di sole 12.489 persone, di cui 4.313 sono state trasferite in Germania, 2.608 in Olanda, 1.401 in Francia e 1.002 in Finlandia. Si tratta comunque di una cifra irrisoria rispetto agli oltre 3 milioni e mezzo di rifugiati siriani presenti sul suolo turco. In questi giorni Erdoğan ha riacceso la polemica con l’UE, affermando che Bruxelles non ha rispettato i patti e che finora sono arrivati ​​solo 3 dei 6 miliardi stanziati – nonostante la Commissione Europea abbia certificato di averne versati 5,6 – rispetto ai 40 miliardi spesi da Ankara per l’emergenza migratoria. La neo presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha chiesto che si faccia chiarezza sull’impiego dei fondi UE per la gestione dei campi profughi in Turchia e la scolarizzazione dei minori.

Caterina Conserva, Il Caffè Geopolitico

A Syrian government offensive in Idlib province has displaced hundreds of thousands of people (AFP/File photo)