Secondo l’indice dell’Economist, che monitora la salute della politica globale, nell’anno appena finito si è verificato un netto degrado dovuto alle restrizioni imposte dalla pandemia di Covid. Tra le eccezioni, l’Italia resta «democrazia imperfetta», ma è migliorata (non come punteggio, come posizione)
«Democracy Index»: si chiama l’indice che l’Economist utilizza per misurare ogni anno lo stato della democrazia nel mondo. 167 sono i Paesi a cui è data la pagella, e cinque sono le «materie» che la costruiscono: processo elettorale e pluralismo; libertà civili; funzionamento del governo; partecipazione politica; cultura politica. Il 2006 fu il primo anno in cui venne costruito.
Complice il Covid ma non solo, avverte l’ultimo rapporto appena uscito, il 2020 è stato per la democrazia nel pianeta l’anno peggiore da quando l’indice venne presentato la prima volta.
Col punteggio espresso in decimi, esattamente come nelle scuole italiane, la prima della classe è la Norvegia: 9,81. La seguono, sempre sopra il 9, Islanda, Svezia, Nuova Zelanda, Canada, Finlandia, Danimarca e Irlanda. E poi, compresi tra l’8 e il 9, Australia, Paesi Bassi, Taiwan, Svizzera, Lussemburgo, Germania, Uruguay, Regno Unito, Cile, Austria, Costa Rica, Mauritius, Giappone, Spagna e Corea del Sud. Secondo l’Economist, le «democrazia piene» sono queste: in tutto, 23.
L’Italia, 29esima, sta alla categoria immediatamente inferiore: «flawed democracy». In genere viene reso con «democrazie imperfette», ma forse una traduzione migliore sarebbe «democrazie con difetti».
Siamo in buona compagnia, peraltro, visto che in testa c’è la Francia: 7,99. Dopo il 7,92 degli Stati Uniti, il 7,90 del Portogallo, il 7,84 dell’Estonia e di Israele, il nostro 7,74 precede il 7,68 di Malta, il 7,67 della Repubblica Ceca, il 7,65 di Capo Verde, i 7,62 del Botswana, il 7,56 di Cipro, il 7.54 della Slovenia, il 7,51 del Belgio, il 7,39 della Grecia, e giù giù fino al 6.01 della Guyana. Il Brasile di Bolsonaro sta al 6,92, la Polonia al 6,85, l’India di Modi al 6,61, l’Ungheria di Orbán al 6,56. In tutto, 55 Paesi.
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Maurizio Stefanini
Romano, classe 1961, maturità classica, laurea in Scienze Politiche alla Luiss, giornalista dal 1988. Specialista in America Latina, Terzo Mondo, movimenti politici comparati, approfondimenti storici.
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