Crisi di governo: Draghi al Quirnale, gli scenari

Mario Draghi è stato convocato al Quirnale alle 12 di oggi, probabilmente guiderà il governo che succederà al Conte II. Al termine delle “esplorazioni” del Presidente della Camera Fico, il Presidente della Repubblica ha convocato l’ex Governatore della Bce al Colle, probabilmente per conferirgli l’incarico di formare un Governo.

Chi è Mario Draghi

Dopo gli studi all’Istituto Massimo di Roma, gestito dai Gesuiti, nel 1965 si iscrive alla facolta di Economia de La Sapienza, discutendo, cinque anni più tardi, la tesi con Federico Caffè, importante economista keynesiano. Per ironia della sorte la sua è una tesi critica sul futuro della moneta unica, perchè si analizzava il piano di Pierre Werner, il quale sosteneva che, all’epoca, non sussistessero le basi per il progetto di una moneta unica in Europa.

Dopo la laurea, consegueil  PhD al MiT con la supervisione di Modigliani e Robert Solow, il futuro governatore della Banca Centrale Isreaeliana. A 35 anni diventa professore di Economia e politica monetaria a Firenze. Draghi è sempre riuscito a coniugare la didattica universitaria e importanti incarichi istituzionali.

La carriera da “civil servant”, inizia nel 1985 con l’esordio alla Banca Mondiale in qualità di direttore esecutivo. Tra il 1991 e il 2001 è Direttore Genenerale del Tesoro, incarico delicatissimo, nell’Italia sconvolta da Tangentopoli. Negli anni, seguenti, grazie all’asse di ferro con Carlo Azeglio Ciampi, aiuta quest’ultimo nell’agganciare l’Italia nell’Eurozona. Più o meno negli stessi ann, tra il 1993 e il 200, è Presidente del Comitato Privatizzazioni e, in questa veste, siede nel CDA di alcune importanti aziende di Stato, come Eni, Bnl e Imi. In particolare, dal ’95 al 2001, quindi durante i quattro governi: Dini, Prodi, D’Alema e Amato, la sua scrivania diventa il punto do partenza di tutte quelle leggi e riforme destinate a trasformarsi in pietre miliari dell’ordinamento economico italiano.

Nel 1998 Draghi firma il Testo Unico sulla finanza, noto infatti come “Legge “Draghi”, che introduce nel Paese una novità importantissima, ammettendo l’OPA (Offerta Pubblica di acquisto) e la scalata per le società quotate in Borsa. La prima società a “subire” le nuove regole sarà, tra le altre, Telecom Italia da parte della Olivetti di Roberto Colaninno, con alterne fortune. Maggior fortuna avrà al provatizzazione dell’IRI e la parziale privatizzazione di di Eni, Enel, Credito Italiano e Comit. La terza banca dell’Iri, il Banco di Roma, ingranditasi e ribattezzata Capitalia, sarà poi assorbita da Unicredit.

Tuttavia, nella storia italiana, quella delle privatizzazioni sarà una vicenda sempre vista con sospetto, a causa della scelta di Draghi di permettere alle grandi banche di investimento l’opportunità delle nascenti provatizzazioni. Una scelta, comunque, obbligata, visto che non esistevano banche italiane pronte ad assorbire l’enorme mole di aziende pubbliche da provatizzare (con l’esclusione di Mediobanca). Da qui nasce la famosa polemica sulla “svendita” delle aziende italiane a bordo del panfilo “Britannia, fatto che avvenne, ma senza troppi segreti, occasione durante la quale si presentò agli investitori stranieri il piano di privatizzazioni italiano. Ma grazie a quella campagna di privatizzazioni lo Stato italiano ricavò all’incirca 182 miliardi di lire e il debito pubblico passò dal 125% del 1991 al 115% del 2001.

Nel 2001 Draghi lascia Via XX settembre, non certo per demeriti, ma per diversità di visioni con l’allora Premier Berlusconi e soprattutto il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. La Goldman Sachs non si fece sfuggire un così ambito “disoccupato d’oro” e lo assunse come vicepresidente per l’Europa.

Successivamente, Draghi viene designato come successore di Antonio Fazio alla guida di Bankitalia, primo Governatore con un mandato a termine di sei anni. Il primo atto da Governatore fu cedere le sue azioni di Goldamn Sachs ad un blind trust, per evitare conflitti d’interesse. In un discorso del 2006 disse che la Banca d’Italia, non sarebbe intervenuta su operazioni di mercato. La Banca d’Italia si adoperò, tuttavia, affinche le alcune banche-specie, le Casse di risparmio o le popolari, considerate le piccole dimensioni, si potessero effettuare fusioni, evitando così l’inevitabile scalata da parte di gruppi stranieri.

Ma il Mario Draghi che consociamo oggi è “Mr Euro”. Una definizione del Times, che lo celebrò come uomo dell’anno nel 2012 per aver varato il più grande piano di acquisti di titoli di stato da parte della Bce, con il celebre discorso del “whatever it takes”.

Within our mandate, the Ecb is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enoug.

Quando pronunciò  queste parole, Draghi aveva il chiaro obiettivo di mettere fine all’ondata di speculazioni sulla tenuta dell’Unione monetaria, obiettivo che conseguì. Da quel 26 luglio 2012, azioni e obbligazioni dell’Eurozona iniziarono una rincorsa con poche pause: fu l’”effetto Draghi”, che grandemente giovò alle Borse e al nostro Paese. Il “bazooka” di Draghi termina alla fine del 2018.  A causa di tali scelte Draghi è stato criticato dall’area dura della Bundesbank, che lo ha accusato di aver fatto gli interessi italiani. Ma sono accuse prive di fondamento.

Gli scenari

Il Movimento Cinque Stelle, che rimane il primo partito del Parlamento, annuncia che non voterà la fiducia ad un eventuale Governo Draghi, ma potrebbe essere una mossa tattica che mira a prendere tempo per evitare una scissione capeggiata da Di Battista. Il Pd non dovrebbe sottrarsi, specie a un appello del Quirinale, a cui non è mai sordo. Appoggiando un Governo del Presidente, però, entrerebbe in rotta di collisione con l’alleato pentastellato. Lega e Fratelli d’Italia, sembrano orientati verso una benevola astensione.

Se questo scenario dovesse concretizzarsi, il Movimento Cinque Stelle, sarebbe, paradossalmente, il partito che esprime il maggior numero di parlamentari, ma che rimane all’opposizione. Una postazione dalla quale è molto facile recuperare consensi. Forza Italia sembra interessata ad entrare in maggioranza, soprattutto se a guidare il Governo dovesse essere una personalità come Draghi, era questo un obbiettivo che il partito degli azzurri si era prefisso da tempo.

Il vero vincitore di questa crisi di governo, ad ogni modo, sembra essere Matteo Renzi e il suo partito, Italia Viva: nonostante il 2% assegnato dai sondaggi, è riuscito a “pensionare” Conte (e con lui, le sue eventuali velleità quirinalizie e di federatore del centrosinistra), a garantire un Presidente del Consiglio di alto profilo e a mettere fuorigioco i Cinquestelle.