Il 18 aprile si è riunita per la prima volta la nuova Assemblea Nazionale del Potere Popolare di Cuba. Ai 605 membri dell’organo hanno avuto il compito di riscrivere in modo indelebile la storia del Paese, ovvero sancire il passaggio di consegne del governo isolano dall’uscente Raul Castro a Miguel Díaz-Canel. Un passaggio che, pur trovando il 21 aprile la sua ufficialità, non stupisce affatto visto che il nome dell’ingegnere Díaz-Canel è apparso sin da subito in alto alla lista di gradimento dell’establishment cubana a seguito dell’insediamento di Raul Castro nel 2008 al posto del fratello Fidel.
Miguel Díaz-Canel, unico candidato presentatosi dinanzi all’Assemblea Nazionale, è stato designato da Castro ad accogliere una non semplice sfida politica. Il cinquantottenne presidente cubano dovrà portare avanti il processo riformista avviato dal suo predecessore con l’auspicio di giungere ben presto a una riqualificazione dell’economia dell’isola in chiave più liberale.
L’idea è quella di proseguire nell’abbattimento dei costi pubblici a sostegno dell’economia mediante una riduzione dei dipendenti pubblici in favore di maggiori concessioni all’intraprendenza economica privata. Un processo riformista in realtà molto macchinoso, vista la necessità del governo di garantirsi pur sempre un controllo radicale sul modello economico del Paese. L’intento, in pratica, è quello di aprirsi all’internazionalismo commerciale senza diventarne preda. Un rilancio dunque che non può prescindere dalla gestione meticolosa e accorta delle trattative di disgelo tra L’Avana e Washington.
Le conseguenze dell’embargo statunitense
Più di mezzo secolo di embargo statunitense grava sulle casse dello Stato centro-americano e sulla vita sociale ed economica della popolazione cubana. La sua rimozione vorrebbe dire per Cuba un vero e proprio rilancio economico. Infatti, ad oggi, l’isola caraibica si vede privata della possibilità di attingere risorse finanziarie dal circuito internazionale. L’antagonismo statunitense si traduce, nei fatti, in un pacchetto di sanzioni nei confronti di compagnie del commercio marittimo e istituti di credito che interagiscono con Cuba. Una banca internazionale in questo modo finisce, ove volesse rischiare ugualmente di elargire il credito richiesto da L’Avana, a richiedere al governo cubano alti interessi per lo stesso credito. A queste condizioni, si tratta indubbiamente di un prezzo troppo alto da pagare per Cuba che vede così accrescere la propria posizione debitoria in ambito internazionale. Per quanto concerne invece i flussi commerciali, sono inibiti da pesanti sanzioni economiche oltre al fatto che una nave che ha trasportato merce verso Cuba viene estromessa per mesi dai porti statunitensi.
Altre problematiche derivanti dall’embargo sono il mancato indotto generato dai flussi turistici provenienti dagli Stati Uniti (i cittadini statunitensi non possono raggiungere L’Avana se non passando da Paesi terzi) e infine, cosa ancor più grave, l’impossibilità di esportare i prodotti cubani nel mercato statunitense, fattore che porterebbe ingenti risorse finanziarie al Paese centro-americano se consideriamo portata e prossimità del mercato di destino.
L’Instituto Nacional de Investigaciones Económicas de Cuba ogni anno aggiorna il calcolo del danno economico che l’isola subisce dal 1960 per la persistenza dell’embargo unilaterale statunitense. L’ultimo bollettino, pubblicato nel 2017, annotava un danno pari a 822.280 milioni di dollari. Numeri rilevanti quindi che nel 2014 avevano avuto l’illusione di poter essere facilmente arrestati con l’avvio del dialogo tra Raul Castro e l’allora presidente statunitense Barack Obama. Un disgelo che ha fatto sperare molti nella fine dell’embargo, ma che nei fatti ha portato ben poco alla causa cubana specie dopo la nomina a capo della Casa Bianca di Donald Trump. Il nuovo presidente statunitense ha voluto sin da subito congelare ogni dialogo con Cuba, quasi volendo assumere una posizione attendista in vista del cambio di leadership a L’Avana.
I compiti che spettano al nuovo presidente cubano
A Miguel Díaz-Canel spetterà adesso il compito non semplice di rivitalizzare la difficile mediazione con l’Amministrazione USA, propensa più a imporre drastiche condizioni che ad ascoltare equilibrate proposte, considerando anche la politica di chiusura commerciale portata avanti da Trump.
Infine, Miguel Díaz-Canel è anche chiamato a rivoluzionare il contorto sistema monetario dell’isola dove sussistono due differenti monete a corso legale ma con differente utilizzo. Da un lato il Peso cubano (CUP) ha valore solo per gli scambi interni all’isola e per il pagamento salariale, dall’altro il Peso cubano convertibile (CUC) viene utilizzato dai turisti che si riversano nell’isola. Due monete che ovviamente non hanno lo stesso valore (1 CUC equivale a poco più di 26 CUP e 1 euro vale quasi 33 CUP) e che soprattutto generano una ricchezza sociale disomogenea.
Va dato merito comunque all’uscente Raul Castro di esser riuscito ad avviare il cambiamento dell’isola mediante un nuovo approccio all’internazionalizzazione: dal riallaccio dei rapporti commerciali con Russia e Cina allo strategico rafforzamento dell’interscambio con Brasile e Venezuela, con quest’ultimo Paese ancor oggi vivido partner ideologico ancor prima che economico. Raul ha dato il via anche alla definizione di una Zona Franca nel porto di Mariel per attrarre gli investimenti esteri ed è riuscito a negoziare in proprio favore la posizione debitoria accumulata negli anni con altri Paesi oggi strategici (tra questi Messico e Russia).
In conclusione, dopo quasi sessant’anni siamo quindi all’epilogo dell’era dei Castro al potere a Cuba. Il nuovo presidente cubano non porterà sulle sue spalle questo ingombrante cognome che ha segnato la storia dell’isola caraibica.
La stampa internazionale si spreca nel sottolineare come il “nuovo che avanza”, di fatto, non è altro che l’emblema di una dottrina ormai radicata e che dunque non prevede alcun cambiamento, ma la realtà è che nessuno può sapere cosa porterà di diverso Miguel Díaz-Canel al sistema rivoluzionario cubano. Per ora di certo vi è solo la suggestione di vivere un momento storico dell’isola. Ciò che accadrà è tutto da vedere, studiare e analizzare, soprattutto alla luce del riassetto dei rapporti tra Washington e L’Avana.
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