L'evoluzione del Movimento 5 Stelle

In una lunga intervista concessa a “La Repubblica”, il Ministro degli Esteri Di Maio ha descritto il Movimento 5 Stelle che sarà.

Di Maio è partito dalla narrazione delle trattative che hanno portato alla nascita del Governo Draghi e ha ripercorso la storia del M5S dall’inizio della legislatura, dunque: esecutivo gialloverde, poi giallorosso (entrambi esecutivi con a capo Giuseppe Conte) e adesso larghe intese. Ha spiegato che le posizioni politiche del M5S non sono frutto del situazionismo, ma di una precisa strategia politica:

È in corso un’evoluzione del Movimento. Questo governo rappresenta un punto d’arrivo in cui i 5 Stelle mantengono i propri valori, ma scelgono di essere una forza moderata e liberale, attenta alle imprese, ai diritti e che incentra la sua missione sull’ecologia. Tutta la trattativa col premier Draghi è stata incentrata sul Ministero della Transiszione Ecologica.

Emerge così un partito di centro, moderato e liberale, che guarda tendenzialmente a sinistra e che prende a esempio i Verdi tedeschi.

Tuttavia, il partito ambientalista tedesco ha immediatamente preso le distanze tramite un tweet di Alexandra Geese, europarlamentare tedesca dei Verdi. E soprattutto con la lettera aperta pubblicata da “La Repubblica”, scritta sempre dalla Geese insieme alla deputata Muroni. Nella lettera, le due deputate spiegano come il M5S e Alleanza 90/I Verdi siano diversi e non possano essere messi sullo stesso piano per divergenze politiche insanabili.

Le differenze

Nell’ambito cinquestelle l’attivismo NIMBY -Not In My Backyard- è molto forte e radicato (No Tap e No Tav). I Verdi teutonici, invece, lo rifiutano, preferendo un approccio ai problemi ambientali più sistematico. Per i Verdi tedeschi, il femminismo è un tema importantissimo e nessun esponente del partito pubblicherebbe mai un post come quello di Beppe Grillo riferito all’allora Presidente della Camera Boldrini: “Che fareste in auto con questa donna?”. Verdi tedeschi, inoltre, non hanno mai raccolto firme per far uscire la Germania dall’eurozona, perchè sono sempre stati convintamente europeisti.

L’ultimo attacco, molto forte, della lettera è riservato proprio all’ambientalismo dei M5S e del suo fondatore Beppe Grillo: “Un verde tedesco non starebbe mai due anni e mezzo al governo senza tagliare i sussidi ai fossili o senza realizzare infrastrutture ed impianti necessari all’economia circolare e alla mobilità sostenibile.”

Sempre nell’intervista per “La Repubblica”, di Di Maio sostiene che il M5S sia diventata una forza “liberale e attenta alle imprese”. Ma una forza liberale, di solito, cerca di far entrare lo Stato il meno possibile nella vita economica di un Paese, come fa, ad esempio, il Partito Liberale-Democratico tedesco o i Liberali olandesi di Mark Rutte. Negli scorsi anni, invece, proprio su spinta del M5S, si è visto un ritorno massiccio dello Stato nell’economia. Basti pensare alla vicenda Alitalia (5 miliardi spesi solo negli ultimi tre anni) e all’Ilva di Taranto nazionalizzata (seppur parzialmente, tramite Invitalia).

Anche per quanto riguarda il welfare, il M5S non può dirsi propriamente liberale. Il Reddito di Cittadinanza, così come è strutturato oggi, non può definirsi una politica attiva del lavoro. E ciò nonostante si ispirasse alla flexsecurity danese, senza avere però la stessa infrastruttura di centri per l’impiego. Il Reddito di Cittadinanza si è invece rivelato una misura che aiuta il mercato nero del lavoro. peraltro già fiorente di per sé.

Infine, Di Maio ha incoronato Giuseppe Conte leader del M5S:

Io rispetto tutto, ma l’assemblearismo estremo finisce solo per dare un’immagine di caos. Se si sta parlando di far entrare Conte, significa che a un anno da quando ne ho lasciato la guida, il Movimento ha realizzato che senza una leadership forte non si va da nessuna parte.

In poche righe, Di Maio ha mandato così in pensione due capisaldi del M5S: il potere dell’assemblea e l’assenza di un leader.

Per “assemblearismo fine a se stesso”, Di Maio intende la spada di Damocle delle decisioni della Piattaforma Rousseau, saldamente in mano a Davide Casaleggio. Per anni, inoltre, uno dei punti distintivi del M5S è stata  l’assenza di un leader vero e proprio. Parlando in questi termini, Luigi Di Maio ha indicato la via al resto del M5S: diventare un partito come gli altri, oltre a essersi presentato, tra le righe, quale kingmaker dei segretari del M5S. Fino a quando gli andranno bene.