C’è una foto del cadavere di Isnilon Hapilon a certificare la riconquista della città di Marawi da parte dell’esercito filippino. La notizia della sua uccisione è stata data il 16 ottobre dalla polizia che nel comunicarla ha informato anche dell’eliminazione di Omar Maute. Hapilon e Maute erano rispettivamente a capo di Abu Sayyaf e Maute, i due gruppi islamisti che per sei mesi dal maggio scorso hanno tenuto sotto scacco Marawi, città situata nell’isola meridionale di Mindanao a netta maggioranza musulmana. È un duro colpo per lo Stato Islamico che nel 2014 ha investito ufficialmente Hapilon della missione di creare un Califfato islamico nel sud delle Filippine e che contava proprio su Abu Sayyaf per dare concretezza al piano di espandere la propria influenza in tutto il Sud-Est asiatico.
La conferma della morte di Hapilon e Maute ha dato il via libera alle dichiarazioni del presidente Rodrigo Duterte, il quale il 17 ottobre di fronte ai suoi militari a Marawi ha dichiarato la liberazione della città dai terroristi. Per riprendere il controllo del capoluogo della provincia di Lanao del Sur alle forze di sicurezza filippine sono serviti 147 giorni di assedio alle aree in mano ai jihadisti. I combattimenti sono costati la vita a oltre mille persone: più di 800 miliziani islamisti, 150 soldati e 50 civili, a cui vanno aggiunti altre migliaia di sfollati.
Per riprendere il controllo di Marawi sono serviti 147 giorni di assedio. Oltre mille persone sono state uccise: più di 800 miliziani islamisti, 150 soldati e 50 civili, a cui vanno aggiunti altre migliaia di sfollati
Seppur ormai prossima all’epilogo, la battaglia di Marawi non può però dirsi del tutto conclusa. Stando a quanto dichiarato dall’esercito filippino, ci sono almeno altri 30-40 miliziani ancora asserragliati in città con in pugno una ventina di ostaggi. Tra questi vi sarebbero Abdullah Maute, fratello di Omar Maute, e Mahmud Ahmad, terrorista malese unitosi al gruppo Maute. Tra gli irriducibili, in totale dovrebbero essere 8-10 gli stranieri: per lo più malesiani e indonesiani, a testimonianza della dimensione transnazionale del progetto di espansione di ISIS nel Sud-Est asiatico. Il rischio è che riescano a fuggire riparando nelle località vicine: Cotabato, Basilan, Zamboanga e Davao, di cui Duterte è stato sindaco prima di diventare presidente.
Chi era Isnilon Hapilon
Isnilon Hapilon era il leader di Abu Sayyaf (al-Harakat al-Islamiyya). Ha preso il comando dell’organizzazione negli anni Novanta mettendosi alla guida di un’ala scissionista del MILF (Moro Islamic Front Liberation), formazione separatista islamista che all’epoca aveva firmato un armistizio con il governo filippino. Con Hapilon alla guida, Abu Sayyaf si è guadagnato velocemente il primato di organizzazione più violenta tra le fazioni islamiste armate che operano nelle Filippine: sequestri di ostaggi stranieri, atti di pirateria in mare, decapitazioni. Nel 2014 Hapilon ha giurato fedeltà ad Abu Bakr Al Baghdadi, annunciando l’intenzione di creare un Califfato islamico nelle Filippine meridionali, unica area del Paese in cui è significativa la componente musulmana a differenza del resto del Paese dove sono invece maggioritarie le comunità cattoliche (in totale i cristiani sono il 92% di cui l’81% sono cattolici, mentre i musulmani sono il 5%).
Nel 2014 Hapilon ha giurato fedeltà ad Abu Bakr Al Baghdadi, annunciando l’intenzione di creare un Califfato islamico nelle Filippine meridionali, unica area del Paese a maggioranza musulmana
Nella difesa di Marawi dall’assedio dell’esercito filippino Hapilon ha rafforzato l’alleanza con Maute, formazione fino a pochi mesi fa poco conosciuta e salita agli onori della cronaca in occasione di questa lunga battaglia. Gruppo paramilitare estremamente agguerrito, Maute è nato da una scissione interna al MILF dall’iniziativa dei fratelli Abdullah e Omar Maute, quest’ultimo ucciso insieme ad Hapilon. L’organizzazione è attiva dal 2013 ed opera principalmente nel Mindanao, in particolare nella zona di Lanao del Sur. Buona parte dei suoi effettivi sono di origine straniera.
Sulla testa di Hapilon gli Stati Uniti avevano posto una taglia di 5 milioni di dollari, a cui recentemente se ne erano aggiunti altri 10 offerti dal presidente Duterte in caso di sua cattura o uccisione. Il governo filippino aveva inoltre fissato una taglia di 5 milioni di dollari per ognuno dei due fratelli Maute.
Chi prenderà il comando di Abu Sayyaf?
L’uccisione dei due leader jihadisti non pone però fine alle ostilità nel sud delle Filippine. Secondo Rommel Banlaoi, direttore esecutivo del Philippine Institute for Peace, Violence and Terrorism Research, «le minacce terroristiche nelle Filippine avranno una nuova forma e continueranno a sfidare il governo. Ci sono altri leader pronti a prendere il posto di Hapilon». Tra i papabili per guidare il nuovo corso di Abu Sayyaf c’è Puruji Indama, operativo nell’isola di Basilan, dove ai suoi ordini ci sarebbero ancora diverse decine di miliziani. Motivo per cui, dopo l’uccisione di Hapilon, nel sud Filippine la violenza jihadista pilotata da ISIS presto potrebbe tornare a colpire.
Rocco Bellantone
Caporedattore di Babilon, giornalista professionista, classe 1983. Collabora con le riviste Nigrizia e La Nuova Ecologia di Legambiente. Si occupa di Africa, immigrazione e ambiente.
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