I Decreti Sicurezza restano

Il 6 ottobre, il Segretario del Pd, Nicola Zingaretti annunciava che «i decreti propaganda di Salvini non ci sono più», lasciando intendere una loro abolizione, dopo il Consiglio dei Ministri serale del 5 ottobre. Ma la realtà sembra un po’ diversa.

I Decreti Sicurezza, varati da Salvini quando sedeva al Viminale, sono due: il primo, datato ottobre 2018 regolamentava i centri di accoglienza, aboliva i permessi di soggiorno per motivi umanitari, e riscriveva i reati che portavano alla perdita di status di rifugiato; il secondo, dell’agosto 2019, vietava l’ingresso in acque territoriali a imbarcazioni che violano le leggi sull’immigrazione, prevedendo multe salate per i comandanti e confisca delle navi.

Quest’ultimo, dopo la promulgazione da parte del Presidente Mattarella, venne accompagnato da una lettera ai Presidenti delle Camere e del Consiglio, in cui il Capo dello Stato esprimeva «rilevanti perplessità», principalmente su due profili:

  • Permane l’obbligo di salvataggio dei naufraghi: per obbligo costituzionale e per impegni internazionali assunti dall’Italia (come la Convenzione di Montego Bay, la quale prescrive che “ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio e i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo”)
  • Sanzioni irragionevoli per violazione acque territoriali: il Presidente della Repubblica, sottolineava che l’aumento della sanzione pecuniaria, fino al milione di euro, per chi commetteva il reato, appare irragionevole, non essendo stato introdotto alcun  criterio, per esempio, per la tipologia di nave o alle ragioni della presenza di persone accolte a bordo.

Di questi rilievi, il Governo Conte II, ha solamente recepito il secondo, abbassando la sanzione per violazione delle acque territoriali: dai 150mila al milione previsti dal Decreto originario, passa agli attuali 10mila fino ad un massimo di 50mila.

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Il resto dei decreti, rimane, sostanzialmente invariato, tranne piccole, lievissime, modifiche. Ad esempio, il termine per il riconoscimento della cittadinanza italiana, non torna quello precedente, ma viene portato ai 36 mesi, una sorta di compromesso, rispetto ai 48 previsti dal primo decreto Salvini. Sempre sul riconoscimento della cittadinanza la stranezza è sulla tempistica. Infatti, la nuova normativa si applica alle domande “presentate dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto”, cioè da quando verrà convertito dal Parlamento.

Inoltre, non torna, nella nuova normativa la “protezione per motivi umanitari”, ampliando i casi di “protezione speciale”; rimane il potere di limitare il transito in acque territoriali, anche se questa facoltà passa dal ministero dell’Interno a quello delle Infrastrutture, informando il Presidente del Consiglio.

Una novità è l’introduzione del DASPO urbano per chi ha ricevuto denunce o condanne (anche non definitive) per reati legati agli stupefacenti commessi presso scuole o locali; una norma denominata “Willy”, ispirata ai fatti di Colleferro di qualche tempo fa.

Una norma che qualche giurista trova comunque difficilmente applicabile (oltre che di dubbia costituzionalità: ”L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”, art. 27 della Costituzione), in quanto il normale DASPO, è facilmente applicabile per vietare l’ingresso allo stadio, risulta difficile, invece, vietare l’ingresso in un bar.

Concludendo, probabilmente  si è persa una buona occasione per abrogare una legge inutile (e dannosa e già in parte resa inapplicabile dagli interventi della magistratura, che ha più volte, ed in ogni sede, sottolineato l’inutilità dei decreti): l’eliminazione della protezione umanitaria ha creato circa 37mila nuovi irregolari solo in due anni, causando un rallentamento nei tempi dei rimpatri (qui lo studio ISPI, del 2018, ma fotografa bene la situazione attuale).

Infine, la figura del Presidente del Consiglio, da questa vicenda, ne esce un po’ opaca, agli occhi dell’opinione pubblica; riscrivendo questi decreti, fortemente voluti da Salvini quando era  Ministro dell’Interno nel Conte I, e fortemente pubblicizzati da Conte stesso, ricorda un po’ la figura di Penelope, la moglie di Ulisse, che, di notte, distruggeva la tela che aveva tessuto di giorno.