Idrogeno: la via italiana alla transizione

Con quali prospettive e con quale strategia l’Italia intende posizionarsi per intercettare le opportunità offerte dall’idrogeno verde nella transizione verso fonti pulite? Se n’è parlato durante il forum digitale dedicato all’idrogeno lanciato martedì scorso dal Sole 24 Ore. Un giornata a cui hanno preso parte i maggiori player delle più importanti industrie del settore energetico per fare il punto sull’impatto dell’idrogeno verde, un tema di fortissima attualità su cui molti paesi hanno iniziato a scommettere. Lavorare insieme in modo più efficace per ridurre l’emissione di CO2 e accelerare lo slancio delle energie pulite nel mix energetico è il percorso obbligato per raggiungere gli obiettivi internazionali condivisi. E proprio ieri i principali leader internazionali dell’energia e del clima di tutto il mondo si sono incontrati per discuterne in occasione del IEA-COP26 Net Zero Summit.

La comunità Europea ha stabilito una Roadmap prioritaria e molto ambiziosa di decarbonizzazione (Carbon free entro il 2050), con appuntamenti intermedi a breve termine da raggiungere nel 2030 e l’Idrogeno prodotto da fonti rinnovabili è fondamentale anche in virtù del grande budget previsto dal  Recovery Fund per guidare l’Europa verso uno sviluppo green, soprattutto nei settori complessi come l’industria, trasporti, aviazione e costruzioni (comunemente noti come settori “hard-to-abate”).

Lo sottolinea anche il Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in apertura dei lavori del Forum:

La strategia sull’idrogeno e la transizione energetica. Prospettive e opportunità per un’Italia green. L’idrogeno è certamente un argomento degno di grande attenzione e, come vettore di energia pulita in prospettiva, è una delle grandi soluzioni. C’è un trend internazionale da cui non è possibile restare fuori e bisogna avere l’ambizione di essere un paese che guida la transizione ecologica.

Attualmente, costa troppo produrre idrogeno verde ma, con le condizioni e le tecnologia, può diventare il vettore principale. Si parla di Idrogeno verde e idrogeno blu. Ad oggi, l’idrogeno verde costa quasi tre volte quello dell’idrogeno blu, prodotto a partire da combustibili fossili ma in combinazione con la discussa tecnologia carbon capture and storage (Ccs).

Servono svariati miliardi sul quinquennio e in questo momento questa tecnologia deve essere consolidata e avere prezzi accessibili, competitivi, quindi occorre preparare questa transizione nel più breve tempo possibile e con una strategia adattativa.

Tutti sono concordi sulla necessità di creare un mercato della domanda in maniera intelligente. In particolare il Trasporto su ruota pesante, i treni e il settore navale sono ottimi candidati all’utilizzo di questa tecnologia, ma è necessario predisporre le infrastrutture necessarie a partire da una rete dedicata con stazioni di rifornimento.

La sfida non è solo tecnologica ma anche burocratica. Il Ministro ribadisce le linee guida del Recovery Fund  e sottolinea la necessità di superare la criticità delle autorizzazioni che rischiano di minare la realizzazione dei progetti. «Occorrono regole che valgano in tutte le situazioni, sia emergenziali che nella normalità, e  serve un’azione decisa sia sui bandi sia sulla catena dei permessi».

Sul lungo termine, al 2050, l’Idrogeno può quindi supportare lo sforzo della decarbonizzazione soprattutto nei settori con processi di produzione ad alta intensità energetica o nell’aviazione. Mentre, sul breve termine, entro il 2030, diventerà progressivamente competitivo in applicazioni come la chimica, la mobilità, la raffinazione petrolifera, per consentire così lo sviluppo di un ecosistema nazionale dell’idrogeno. Oltre a questo, la miscelazione dell’idrogeno nella rete gas può essere impiegata per anticipare e stimolare la crescita del mercato dell’idrogeno.

L’Europa crede fortemente in questa tecnologia e ha già scommesso sull’idrogeno non solo in termini di sfida tecnologica ma anche nel posizionare l’Ue ancora di più in termini di leadership a livello globale nella transizione ecologica.  Laura A. Villani, managing director&partner Boston consulting group fa il punto sulla situazione europea e ricorda che gli obiettivi target stabiliti sono il 13-14% dei consumi finali devono essere coperti da idrogeno al 2050 con investimenti di circa 300 miliardi e una produzione di 40 GW di elettrolisi al 2030.

Su questo percorso molti paesi europei si sono già mossi. «La Germania e Francia hanno iniziato ad allocare i finanziamenti, che rappresentano lo step 0 per avviare questa filiera e, inoltre, stanno definendo un quadro regolatorio normativo a supporto di questi finanziamenti», spiega la CEO Villani. L’influenza della politica regolatoria europea è un altro aspetto da sottolineare, dal momento che «questi due paesi stanno avviando progetti congiunti su larga scala».

L’idrogeno verde resta una tecnologia ancora molto complessa, soprattutto nel trasporto, oltre che costosa. Lo ribadisce il Ceo di Enel, Francesco Starace: «l’utilizzo migliore dell’Idrogeno è quello che tiene conto del suo alto contenuto energetico. Per produrre 1kg di idrogeno da elettrolisi sono necessari 50 kWh di energia elettrica. È un vettore energetico che deve essere utilizzato inizialmente soprattutto nei settori più difficili come la chimica, la produzione di fertilizzanti, per decarbonizzare la produzione di acciaio e cemento».

Per la produzione di elettricità non è conveniente, spiega Starace: «Sarebbe una sciocchezza produrre dall’elettricità idrogeno e poi ancora una volta produrre elettricità da idrogeno, così come usarlo per il riscaldamento». Mentre in merito al fattore trasporto per il Ceo Starace a dettare le regole è la natura fisica della molecola d’Idrogeno che «ha un incredibile capacità di permeare e attraversare gran parte dei metalli, è difficile da trasportare perché richiede un’alta energia per essere compresso, oltre ad essere costoso. È il motivo principale per il quale l’idrogeno viene prodotto nello stesso luogo dove viene consumato».

Sugli elettrolizzatori l’Enel sta investendo molto e per Starace «su questo campo l’Europa ha ancora molto da dire. Al momento l’elettrolizzatori è un prodotto di nicchia ma d’altronde i primi pannelli solari sono nati per applicazioni di nicchia sui satelliti. Oggi sono utilizzati in quasi tutti i settori energetici. Ci sono i presupposti perché questo avvenga anche per gli elettrolizzatori e, a livello di costi, possono diventare una tecnologia mainstream. Insieme ad altri stiamo cercando di spingere una industrializzazione e una innovazione in questo settore per abbattere la barriera dei costi».

Altro il punto di vista del ceo di Eni, Claudio Descalzi, che ricorda che oggi il mondo elettrico è ancora dominato al 37% da carbone, seguito dal gas, con il 23-24% e infine le energie rinnovabili che stanno salendo verso il 13%.

Come spiega Desalzi, non c’è competizione tra idrogeno blue o green (a seconda delle diverse tecnologie utuilizzate, se dall’estrazione di combustibili fossili o da fonti rinnovabili), ma occorre fare i conti con domanda e costi e creare le condizioni necessarie in futuro per raggiungere quei target.

Avere nuovi vettori energetici sta diventando una necessità nel mix energetico. L’idrogeno è un vettore raro ma può dare grosse soluzioni al campo industriale e alla mobilità. Siamo già i primi produttori e utilizzatori di idrogeno, anche nel sistema elettrico, con l’obiettivo principale di decarbonizzare i nostro impianti. Guardando al 2050 vediamo che ci sarà una quadruplicazione della produzione di idrogeno. Il 43% sarà idrogeno blu e il 48% sarà verde.

Per il Ceo di Snam, Marco Alverà, occorre fare scelte mirate ed intelligenti in questo settore: «Attenzione a non investire in scelte infrastrutturali che in futuro rischiano di risultare obsolete. L’idrogeno ha il vantaggio di essere versatile e può utilizzare già infrastrutture esistenti, diversificando a seconda delle tecnologie».

L’elettricità, come indicato da Irena arriverà a coprire circa il 50% dei fabbisogno energetici (partendo dal 20%), mentre per la parte restante (oggi 80%) che ha come fonte carbone, petrolio e gas che non può essere elettrificabile l’idrogeno verde e blu possono giocare un ruolo strategico.

Ad oggi, nella rete di trasporto e distribuzione d’Italia circolano oltre 70 miliardi di metri cubi di gas naturale, con emissioni di diossido di carbonio fino a ~160 Mton. La strategia deve trovare, nel breve termine, il suo sbocco nell’idrogeno “blu”. Miscelare idrogeno a basse emissioni di carbonio nella rete può rappresentare un metodo efficace per contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione e stimolare il mercato dell’idrogeno mentre si investe nello sviluppo della filiera di produzione e distribuzione. Nel caso dell’idrogeno verde, l’overgeneration da fonti rinnovabili può essere sfruttata per produrre l’idrogeno da miscelare a un costo minore.

In alcuni Paesi europei (ad esempio la Germania), i treni passeggeri a idrogeno sono già pienamente operativi e utilizzati regolarmente dai viaggiatori. Nel Regno Unito e in Francia sono state fatte alcune proposte per sostituire completamente i treni diesel con quelli a idrogeno entro i prossimi vent’anni per la percorrenza di tratte difficili da elettrificare.

«Tutto quello che può essere fatto in Italia e in Europa va fatto ma bisogna anche guardare al contesto internazionale, e la Germania è un esempio a cui guardare», spiega Alverà. «Abbiamo un vantaggio geografico e infrastrutturale importante grazie a una rete interconnessa con il Nord Africa e Medio Oriente, così come abbiamo anche un vantaggio tecnologico con aziende di eccellenza. Noi abbiamo investito in De Nora, che è leader mondiale nei componenti per gli elettrolizzatori: tutto questo ci può consentire di sviluppare una partnership con il Nord Africa e diventare un hub di esportazione di idrogeno verso l’Europa».

La prospettiva per lo sviluppo dell’idrogeno ci sono ma occorre investire nella catena dell’elettrolisi, raggiungere prezzi competitivi e creare domanda.