L’Italia è la prima tappa del viaggio in Europa del presidente cinese Xi Jinping, viaggio che mira ad approfondire la cooperazione strategica con l’Ue. Xi visiterà anche la Francia e la città di Monaco, l’intero tour finirà il 26 marzo. Il sogno di Xi è “rendere la Cina di nuovo orgogliosa”. Su questo assunto si fonda anche il mega progetto geopolitico delle Nuove Vie della Seta, noto come One Belt, One Road, una cintura, una strada. Un vastissimo disegno di infrastrutture terrestri e marittime a cui il governo italiano è pronto ad aderire, come del resto hanno già fatto altri 13 Paesi europei.

Il rischio per l’Italia è essere fagocitati dalla Xiplomacy e finire se non nelle fauci del Dragone, nelle mani di un gigante, il cui vero obiettivo è la strada più veloce e semplice per mettere i suoi grandi piedi in Nord Europa e portarvi le merci cinesi. Per la Cina, l’Italia e il Mediterraneo sono una via naturale che conduce al resto del vecchio continente. Tuttavia, l’approccio cinese è di tipo “win-win” e con la BRI l’Italia avrebbe da guadagnarci. Non a caso nell’editoriale a firma di Xi per Il Corriere della Sera si legge di “mutuo vantaggio” e di “cooperazione concreta”. Xi ripete agli italiani che “la Cina e Italia si considerano a vicenda partner importanti per il commercio e gli investimenti e vantano una forte convergenza di interessi”. Xi ricorda che l’interscambio commerciale bilaterale ha superato i 50 miliardi di dollari e gli investimenti bidirezionali cumulativi hanno superato i 20. La BRI nelle intenzioni di Pechino serve a conquistare uno spazio, ma non ha lo scopo ultimo di mettere Roma e l’Europa contro l’alleato americano, che nella cintura e strada vede un intento egemonico.

 

 

 

Quasi a far capire che la Cina conviene all’Italia più di quanto l’Italia convenga alla Cina c’è un editoriale del Global Times, quotidiano vicino al Partito, a uso e consumo degli occidentali. “l’Italia è nell’urgente necessità di investimenti cinesi nelle sue piccole e medie imprese, nell’innovazione finanziaria, nelle energie rinnovabili e in un’ampia serie di progetti infrastrutturali incluse telecomunicazioni, strade pubbliche, ferrovie e shipping. I trasporti, soprattutto i porti, e la logistica saranno il primo focus per la cooperazione della Belt and Road per il futuro prevedibile”. Per la Cina, la firma del memorandum di intesa con l’Italia, dal valore per ora più simbolico che altro, può essere di esempio ad altri Paesi europei.  Se la firma del MoU dovesse portare a una maggiore trasparenza, come a più opportunità per le compagnie europee desiderose di aderire alla BRI, fondate però sui principi di parità e reciprocità e nel rispetto dei diritti dei lavoratori, non ci sarebbe nulla di sbagliato, a detta di alcuni analisti.

La trasparenza è il punto su cui insiste anche Matarella. «L’intensificazione dei nostri rapporti economici deve passare attraverso la creazione di un contesto quanto più aperto e trasparente possibile», afferma il Capo dello Stato ai media cinesi quasi contemporaneamente alla lettera di Xi. «Gli investimenti servono – spiega Mattarella -ma le tecnologie non siano usate per il predominio».

Ancora Xi nell’editoriale destinato agli italiani dimentica la “gaffe” dello spot di Dolce & Gabbana sulla ragazza che tenta di usare le bacchette per mangiare la pizza e si dimostra campione di diplomazia e di soft power. “Il Made in Italy – scrive – è divenuto sinonimo di prodotti di alta qualità, la moda e l’arredamento italiani incontrano pienamente il gusto dei consumatori cinesi. La pizza e il tiramisù – aggiunge – piacciono ai giovani cinesi”. Il presidente cinese invita a guardare a una “nuova era dei rapporti bilaterali”, eco dello Xi pensiero: “socialismo con caratteristiche cinesi per – appunto –  una nuova era”. Cita Virgilio e il geografo romano Pomponio Mela, il Milione di Marco Polo, Dante e Alberto Moravia.  Non un problema per lui, avezzo alla polvere sui volumi delle biblioteche. “La Cina – scrive ancora Xi – è disponibile per consolidare la comunicazione e la sinergia con l’Italia in seno alle Nazioni Unite, al G20, all’Asem e all’Organizzazione Mondiale del Commercio su tematiche come la governance globale, il mutamento climatico, la riforma dell’Onu e del Wto e altre questioni rilevanti”. Con queste affermazioni Xi conferma la preferenza al multilateralismo e si dichiara attento al cambiamento climatico, al contrario di Donald Trump.

“Nano politico, gigante economico”, si diceva del Giappone. Di fronte al colosso cinese è l’Italia a fare la parte del nano politico, prima divisa sulla BRI e ancora senza una direzione percisa riguardo la tecnologia 5 G, le reti internet di quinta generazione che promettono di rivoluzionare la digital economy. Non come la Germania o il Regno Unito che sul 5 G e Huawei una direzione l’hanno invece presa. Il memorandum che l’Italia si appresta a firmare, ridimensionato rispetto al principio, non include le telecomunicazioni. La richiesta della Lega di estendere il Golden Power, vale a dire uno strumento che permette a un governo di preservare gli interessi nazionali, punta a istituire uno scudo che servirebbe a obbligare le aziende e i costruttori a comunicare per tempo lo sviluppo di progetti in 5G. Ampliando il Golden Power l’Italia sembra voler accontentare gli americani, i G7 e la Commissione Ue, ma dimostra poca fermezza. Soprattutto quando appare chiaro che le intenzioni del governo erano invece di sottoscrivere da tempo un’intesa su 5 G e tlc.

L’editoriale del Global Times prosegue: “malgrado l’Italia sia rimasta impantanata nella crisi finanziaria internazionale e nella crisi del debito sovrano europeo, mantiene ancora la guida globale su scienze e innovazione tecnologica e manifattura meccanica, tra i vari settori. Ed è la terza più grande fonte di acquisizione di tecnologia della Cina nell’Unione europea”.  Gli fanno eco le parole del viceministro degli Esteri cinese Wang Chao che in una nota diffusa poco prima dell’arrivo di Xi in Italia ha dichiarato: “La Cina intende sostenere le imprese cinesi nello sviluppo della cooperazione nell’ambito delle telecomunicazioni con l’Italia e sta già cooperando con l’Unione europea nel settore delle telecomunicazioni, in particolare nell’ambito della tecnologia 5G”. Wang, inoltre, ha sottolineato che c’è un accordo tra Pechino e Ue del 2015 che stabilisce di rafforzare la collaborazione per promuovere lo standard 5G a livello globale.

Xi è figlio di uno degli uomini che fu più vicino a Mao, un “principe” poi umiliato e imprigionato per tutta la durata della Rivoluzione culturale. Prima di scalare i vertici del Partito, il presidente cinese venne mandato da Mao a spalare nei campi per essere “rieducato”, fu costretto a vivere in una grotta e la sua sorrelastra morì suicida impiccandosi nella doccia. La BRI nella sua interezza potrebbe non veder mai la luce, ma il presidente cinese ha la tempra giusta per provare a realizzarla.