Il Qatar è uno dei Paesi all’interno dell’OPEC con una percentuale di produzione di petrolio abbastanza limitata, mentre è già il maggior esportatore al mondo di metano liquefatto. L’Emirato vanta infatti una delle riserve di gas più vaste al mondo, insieme alla Russia. Membro dell’OPEC per 57 anni, come ha ricordato lo stesso Ministro, il contributo del Qatar alla produzione di petrolio era è di 600 mila barili al giorno, ben al di sotto delle cifre dell’Arabia Saudita, la cui produzione è di 11 milioni d barili al giorno. La strategia di lungo termine dell’Emirato sarebbe quindi puntare alla produzione di gas e incrementare quella di metano liquefatto a 110 milioni di tonnellate entro il 2024.

Il governo del Qatar ha inoltre smentito che l’annuncio a sorpresa sia motivato da una valutazione del contesto politico e del braccio di ferro diplomatico in corso con Riad, tuttavia Saad al-Kaabi ha affermato: “Non stiamo dicendo che ci tiriamo fuori dal business del petrolio, ma questo è controllato da un’organizzazione in mano a un singolo Paese”. “Non è pratico per il Qatar – ha aggiunto il Ministro – investire tempo e risorse in un’organizzazione all’interno della quale contiamo poco”.

Per l’OPEC, composta da 15 membri compreso il Qatar, l’uscita di Doha è un colpo che mette in evidenza le crepe esistenti all’interno dell’organizzazione, impegnata a dare invece l’impressione di costituire un fronte unito, soprattutto in vista del prossimo vertice. Il summit previsto per il 6 e il 7 dicembre a Vienna dovrebbe portare a un accordo sui tagli alla produzione capaci di sostenere il crollo del prezzo del greggio, che da ottobre è sceso del 30% e che non ha risentito in maniera favorevole della decisione del presidente Usa Donald Trump di escludere temporaneamente otto Paesi importatori di petrolio iraniano dalle sanzioni contro Teheran relative al settore energetico. L’uscita di Doha dall’OPEC forse non avrà grande peso sulle decisioni future dell’organizzazione, polarizzata intorno al ruolo di Riad, ma potrebbe scatenare un imprevisto “impatto psicologico”, volendo riprendere l’espressione del presidente dell’OPEC Chakib Khelil. Gli altri membri sarebbero così portati a seguire l’esempio del Qatar per reagire all’influenza dell’Arabia Saudita e alle sue decisioni unilaterali che hanno avuto il sopravvento sugli altri Paesi OPEC nel recente passato.

Mentre il Qatar studia un accordo con la Russia proprio sull’esportazione di gas e cerca di sfruttare le sue ingenti risorse per contrastare Riad e imporsi quale possibile potenza dominate del Golfo, anche l’Arabia Saudita di MbS si è detta pronta a investire 500 miliardi di dollari nella petrolchimica e nel gas, seguendo il piano del principe erede al trono pensato per diversificare l’economia del regno e renderla sempre meno dipendente dalle esportazioni di petrolio.