In ricordo di Francesco Gironda

Conobbi Francesco Gironda moltissimi anni, fa, durante un convegno su alcune questioni di sicurezza e difesa, tra Milano e la sua Brescia.

Era un vero leone, e lo sarà fino all’ultimo, non solo nel difendere l’onore e la dignità della sua organizzazione, Stay-Behind, ovvero “Gladio”, ma di tutta la struttura dell’intelligence italiana che, già allora, per non dire oggi, sembrava solo la discarica degli errori, immani, delle classi politiche. Allora c’era molta malizia e capacità di manipolare le Strutture, da parte dei politici, oggi invece c’è solo una ridicola imperizia da dilettanti allo sbaraglio. E il Servizio può essere schiacciato definitivamente, da questa situazione.

La ricostruzione dell’efficienza del Servizio e della sua immagine, fino ad oggi, deve moltissimo a Francesco Gironda, vero e proprio maestro di tante generazioni di analisti del Servizio e di moltissimi storici “profani”, spesso anche piuttosto gauchistes.

Senza Servizio non esiste politica estera, senza politica estera ogni politica interna è vana, senza il Servizio lo Stato è quindi nudo e preda di ogni ricatto, manipolazione informativa, azione di influenza, inquinamento delle procedure, intossicazione.  Chi abbia parlato a lungo, e per molto tempo, di psywar, di guerra psicologica, con Francesco Gironda sa che egli era il maestro di color che sanno, in questo e in tutto il vasto repertorio dell’intelligence.

Oggi il problema è diverso, ma la crisi dei nostri Servizi, pardon, Agenzie, rimane profonda e tale da inficiare sia il loro funzionamento in caso di eccezione, dove schmittianamente si vede la sovranità, che la loro efficienza standard. Non è bastata certo la riforma del 2017, che anche Francesco non amava, a cambiare le carte in tavola.

Non era comunque un uomo di destra. Anzi, apparteneva con pienissimo orgoglio a quella tradizione liberaldemocratica e attenta alla sinistra non-comunista che aveva caratterizzato sia la vita politica, breve, di suo fratello Giancarlo, altro amico e maestro mio, che di tanti altri intellettuali, tra il Partito Repubblicano, i liberali di sinistra fino al primo socialismo craxiano.

Quando suo fratello Giampaolo passò dal PSI, dove fu offeso e denigrato a morte, al PCI, proprio di quella sezione milanese di centro che tutti ironicamente chiamavano “salotti e divani”, Giampaolo dopo una lunga chiacchierata con il segretario della Sezione chiuse così: “e ora non mi venire a dire di materialismi storici e dialettici, sono discendente diretto di Benedetto Croce e queste cose le abbiamo già risolte in famiglia”.

Ecco, la storia familiare di un grande nucleo aristocratico meridionale, tra Puglia e Campania, non era poca cosa per Francesco Gironda, che da quella tradizione assumeva tutti gli umori riformisti, murattiani, illuministi, che poi avevano formato la sua identità politica a Milano, dove era stato reclutato da Stay Behind proprio in un circolo culturale liberaldemocratico e progressista. Due anni fa, mi fece una lunga lezione di araldica meridionale, era ospite a casa mia a Pisa, sui lungarni, ma non era certo snobismo. Era la certificazione plurisecolare di un impegno e di una elezione alla trasformazione della società, a Sud come a Nord.

Non mancava mai di prendermi in giro per le mie tendenze politiche, più “reazionarie” delle sue o, come diceva lui più correttamente, più “nazionaliste”.

La sua Gladio era, quindi, la naturale evoluzione della vastissima area della Resistenza non e anti-comunista. Molti errori, peraltro, riconosceva alla struttura, poco elastica, che doveva soprattutto riadattarsi alla fine della guerra fredda, come era capitato prima del suo scioglimento forzato. Una Stay Behind come rete finissima dello Stato, oltre il vecchio scontro Est-Ovest, che si è trasformato ma non è cessato, per la sicurezza strategica contro le reti illegali e l’illecito politico-mafioso, e fu l’ultima reale evoluzione di Stay Behind prima della sua chiusura.

Altre reti, invece, continuarono a esistere, eccome.

Francesco aveva dimostrato, dati alla mano, nel fuoco cialtrone delle polemiche su Stay Behind, che la sua struttura, verticale e quanto mai controllata con i consueti criteri di una ottima intelligence, non aveva mai partecipato al mercimonio delle operazioni coperte distribuito tra i vari potentati politici o, talvolta e più esattamente, tra le congreghe di impotenti, che avevano messo in piedi strutture coperte, copertissime ma piuttosto ambigue e pasticcione. E penetrabilissime e penetrate.Da uomo vero del Servizio, sapeva bene che le Reti coperte nostre erano tutte piuttosto note all’Est, almeno in parte. Ci fu infatti una bella ragazza della STASI che sedusse il vecchio capo Usa della Direzione NATO sulla “guerra non-ortodossa”, come la si chiamava allora.

Una parte di nomi era andata ad Est e, quindi, ai referenti dell’Est in Italia, che peraltro erano stati già tempestivamente informati dai dirigenti DC che avevano in carico i primi sistemi di covert war atlantica, e qui mi riferisco a Taviani.

Aveva difeso Stay Behind-Gladio, Francesco, dimostrando che i disastri attribuitigli, da una furba e eterodiretta campagna di stampa, riguardavano non tanto la rete NATO, che si occupava di azioni specifiche di dissuasione e di penetrazione informativa sottile e in corpore vili, ma delle reti pubblico-private di alcuni maggiorenti della Prima Repubblica, non tutti di destra, ma con l’aggiunta di qualche convitato di pietra straniero. E qui non mi riferisco ai nostri alleati atlantici.

Ultimamente, da uomo che non crolla mai, aveva cominciato a frequentare, ormai da storico, tanti intellettuali di varia estrazione, senza mai dimenticare la sinistra, talvolta anche quella meno liberale.

Lo prendevo sempre in giro perché aveva, come spesso capitava agli intellettuali di radice laico-progressista, un certo ottimismo, da me ritenuto eccessivo, sulla riformabilità e la modernizzazione della gauche.

Non potrò più litigare con lui, non potrò più capire, da un uomo di quella esperienza e capacità, i mille nuovi criteri dell’intelligence psicologica.

Addio, Francesco, e grazie di tutto.