Via Coats, avanti Ratcliffe a capo dell'intelligence nazionale

Dan Coats, il direttore dell’intelligence nazionale degli Stati Uniti sarà sostituito da John Ratcliffe e lascerà l’incarico il prossimo 15 agosto. A renderlo noto è stato il presidente statunitense Donald Trump, confermando le voci che circolavano già da tempo. Ratcliffe è stato eletto per tre volte deputato della Camera dei Rappresentanti per lo stato del Texas. La decisione sarebbe arrivata a causa dei contrasti e delle divergenze di opinioni tra il Capo della Casa Bianca e Coats su diversi dossier. Più di una volta Coats, un Repubblicano rispettato e apprezzato anche dai Democratici, aveva contraddetto il presidente, affermando di non credere ad esempio che la Corea del Nord fosse realmente intenzionata alla denuclearizzazione. Coats aveva inoltre espresso le sue critiche in merito alle interferenze della Russia nella campagna elettorale del 2016. Ratcliffe, invece, membro della commissione Giustizia della Camera, viene ricordato soprattutto perché ha difeso Trump durante la deposizione del procuratore speciale Robert Mueller. Famosa la sua frase «sono d’accordo con il capo della commissione quando dice che Donald Trump non può essere al di sopra della legge. Non lo è. Ma è certo che non può essere nemmeno al di sotto».

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Ratcliffe è stato capo dell’Antiterrorismo e della National Security nel Eastern District del Texas, ma non ha grande esperienza nel campo dell’intelligence. Per questo l’ambiente dell’intelligence Usa è abbastanza scettico circa la sua nomina a capo di un ufficio così importante, un ruolo chiave perché il DNI coordina le varie agenzie del governo e spesso, quasi ogni mattina, aggiorna il presidente. La posizione del DNI è stata creata dopo gli attacchi dell’11 settembre e si occupa della condivisione delle informazioni tra le varie agenzie, Trump aveva pensato di eliminarla completamente. Alcuni esperti ritengono che sia solo un ostacolo burocratico.

I dubbi riguardo Ratcliffe nascono dalle critiche mosse da lui all’indagine sulla Russia, incluse le affermazioni relative all’ex capo dell’FBI James Comey che a suo dire meriterebbe per di essere indagato per “aver violato l’Espionage Act” o all’Amministrazione Obama, che invece avrebbe commesso dei crimini nell’indagare sulle interferenze russe nelle elezioni americane, scrive Politico. «C’è il rischio che l’amico del presidente possa nascondere le prove delle interferenze russe nella campagna elettorale 2020», ha detto chiaramente Jeremy Bash, capo dello staff del Pentagono e della CIA sotto Obama.

John Ratcliffe ha lavorato in passato con un grande oppositore di Putin riguardo il Magnitsky Act, che i russi hanno cercato di revocare. Ratcliffe è stato sempre una delle voci più critiche dell’indagine sulla Russia e delle persone che l’hanno voluta. Ha lavorato braccio a braccio con uno degli uomini che il presidente Putin vorrebbe vedere in prigione più di tanti altri: Bill Browder, un uomo d’affari nato in America che è stato impegnato per più di dieci anni nella campagna volta a smascherare la corruzione in Russia. Oppositore di Vladimir Putin, il finanziere anglo-americano Bill Browder nel 2012 si era battuto perché gli Stati Uniti imponessero sanzioni contro gli ufficiali russi coinvolti nella morte del consulente fiscale Sergei Magnitsky, deceduto in prigione nel 2009 in fase di pre dibattimento e in seguito a un’accusa di frode fiscale. Browder era riuscito ad ottenere che il Congresso americano emanasse una legge, chiamata Magnitsky Act, volta a limitare l’ingresso negli Stati Uniti dei cittadini russi accusati di violazioni dei diritti umani. I tribunali russi lo hanno condannato per due volte a nove anni di carcere per frode, evasione fiscale e bancarotta. Secondo il finanziere, il Cremlino lo vorrebbe in cella perché avrebbe svelato il furto di fondi statali da parte di alti funzionari del governo russo. Scrive ancora Politico, Il nome di Ratcliffe riemerge tra quelli della lobby russa che ha cercato di disfare il Magnitsky Act.