Come ogni altra gara tecnologica del passato, anche la prossima si baserà sulla rapidità dei vari contendenti ad assumere una posizione di leadership. Uno scenario confermato da una recente affermazione del presidente russo Vladimir Putin: «La nazione che sarà leader nel settore dell’Intelligenza Artificiale (IA) sarà la dominatrice del mondo». Parole che dimostrano la volontà del capo del Cremlino di pronunciarsi, primo tra tutti i capi di Stato del pianeta, nell’acceso dibattito sul ruolo che l’IA assumerà nei prossimi anni. È vero che di questa questione hanno già parlato in molti, ma è la prima volta che un leader mondiale si pronuncia su questo argomento in maniera così diretta e, soprattutto, che ne parli in termini geopolitici.

Nella dichiarazione di Putin si possono intuire principalmente due cose. La prima è la sua consapevolezza delle potenzialità che la scienza computazionale ha di trasformare gli attuali equilibri geopolitici, e dunque di spostare nettamente l’ago della bilancia in direzione di quei Paesi che stanno maggiormente investendo in tal senso. Si tratta di Cina e Stati Uniti, due nazioni che oggi possiedono industrie digitali nettamente più avanzate e con forti prospettive di crescita rispetto a quelle della Russia. La seconda cosa è proprio il timore di Putin di rimanere indietro rispetto ai suoi rivali.

Più che lo scontro con Pechino e Washington, ciò che cerca il presidente russo è una sorta di collaborazione con i due giganti, conscio dei pericoli di ambire a una posizione monopolistica nello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale.

La Repubblica Popolare Cinese, dal canto proprio, ha dichiarato di voler diventare leader del settore entro il 2030, approfittando dei tagli annunciati dall’Amministrazione Trump che farebbero perdere terreno prezioso agli Stati Uniti e sfruttando a proprio favore il suo mercato interno, in assoluto il più grande al mondo.

Negli Stati Uniti la corsa verso l’olimpo dell’Intelligenza Artificiale tiene banco da tempo. L’argomento è stato più volte motivo di dibattito tra i vari CEO delle multinazionali tecnologiche più note. Elon Musk, ad esempio, si è pronunciato più volte al riguardo lanciando un forte grido d’allarme. Il fondatore di Tesla e SpaceX sembra talmente preoccupato della nascita di un’Intelligenza Artificiale non controllata al punto da voler accelerare i tempi per la colonizzazione di Marte.

Di tutt’altro avviso è invece il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, il quale riferendosi a Musk – ma non solo – ha parlato di allarmismo immotivato e di visioni limitate e miopi dettate dai non addetti ai lavori. Zuckerberg ha inoltre elencato in una serie di post sui social network le conquiste ottenute in diversi campi grazie alla ricerca per perfezionare i metodi di applicazione dell’Intelligenza Artificiale.

Al netto dello scandalo di Cambridge Analytica, colpevole di aver acquistato e utilizzato in modo improprio 87 milioni di account di Facebook, è giusto spezzare una lancia a favore di Zuckerberg, ricordando che le innovazioni registrate nel campo digitale finora hanno interessato non solo il settore militare ma vari campi, da quello economico e finanziario fino a quello sanitario e della sicurezza, andando addirittura a toccare il settore della moda e del beauty.

Si tratta, dunque, di un potenziale di innovazione enorme che interesserà tutti noi. Viviamo infatti in un’epoca di forti scosse e sconvolgimenti socioeconomici, geopolitici e demografici. Sfruttare l’Intelligenza Artificiale attraverso delle analisi automatiche dei big data potrebbe rappresentare uno strumento di prevenzione per la lotta alla criminalità, al terrorismo e più in generale ai disordini sociali, anticipando – ad esempio – fenomeni di radicalizzazione attraverso l’analisi del contesto sociodemografico e dei fattori di natura specificamente economica.

Questi nuovi pilastri tecnologici che dividono i vari guru iperconnessi del ventunesimo secolo sono però realmente poco percepibili dall’opinione pubblica fino a quando rimangono invisibili e intangibili. Ecco spiegato perché i vari video rilasciati dalla Boston Dynamics – la nota azienda leader nel settore della robotica – impazzano in rete coinvolgendo gli utenti che si sono divertiti a commentare le incredibili acrobazie del cane robot SpotMini, accostandole a quelle dei protagonisti di un inquietante episodio in bianco e nero intitolato Metalhead della quarta stagione di Black Mirror, in cui i superstiti di una società devastata da una crisi post-apocalittica sono costretti alla fuga in un vagabondaggio estenuante per sfuggire a dei robot quadrupedi.

Il futuro non è ancora stato scritto e di certo non viviamo nella distopia immaginata dagli sceneggiatori della fortunata serie tv britannica e temuta, oltre che da Musk, addirittura anche dal compianto Stephen Hawking, il guru della cosmologia moderna scomparso il 14 marzo scorso all’età di 76 anni.

La direzione intrapresa non sarà priva di ostacoli. Il controllo dell’Intelligenza Artificiale, dell’informazione e dei dati influenzerà sempre più gli assetti geopolitici del pianeta con inevitabili attriti, ma fortunatamente il potere decisionale è ancora in mano all’uomo. Non ci sono quindi scusanti per poter utilizzare queste innovazioni al meglio, e soprattutto, al servizio dell’umanità. Dobbiamo solamente saperci adattare all’evoluzione che si presenterà con il progressivo processo di ibridazione uomo-macchina. La discussione non deve riguardare solamente il mondo accademico e scientifico ma coinvolgere anche a livello risolutivo i governi. I primi passi sono stati già mossi.