Iraq, raid di Israele contro depositi di missili iraniani

I raid condotti contro alcune basi militari sciite legate a Teheran confermano che Israele ha allargato il proprio raggio d’azione, passanndo a colpire obiettivi iraniani dalla Siria all’Iraq, obiettivi ritenuti pericolosi per la sicurezza dello Stato ebraico. Pur non confermando gli attacchi, Benjamin Netanyahu ha ribadito alla TV israeliana Channel 9 che «Israele non concede l’immunità all’Iran in nessuna parte del mondo. Stiamo operando in molte aree contro uno Stato che vuole annientarci». L’esplosione, avvenuta a nord di Baghdad, ha colpito un deposito di munizioni e armi di Hashd al-Shaabi (forze di mobilitazione popolare) – un gruppo di milizie vicino a Teheran – e avvalora la tesi di chi sostiene un aumento esponenziale delle tensioni in Medio Oriente, dopo le diverse operazioni militari iniziate lo scorso 19 luglio in Siria e in Libano indirizzate a colpire proprio infrastrutture supportate dall’Iran.

Gli Stati Uniti – attraverso un comunicato arrivato al New York Times da alti funzionari governativi – hanno confermato la distruzione di una fornitura di missili ad alta precisione con un raggio di 200 chilometri pronti ad essere trasferiti in Siria. La finalità dei Pasdaran (Guardie della Rivoluzione islamica), secondo l’intelligence israeliana, sarebbe quella di creare una rete militare sempre più sofisticata pronta ad attaccare in base gli ordini del generale Qassem Soleimani. Il Primo Ministro iracheno Adel Abdul-Mahdi come prima risposta ha ordinato il divieto assoluto di voli non autorizzati in tutto il Paese e lo spostamento degli armamenti fuori dalle principali città.

Fondamentale soffermarsi sulla reale consapevolezza dell’Iraq circa i disegni espansionistici e strategici voluti dagli Ayatollah. A seguito della caduta del Partito Ba’ath iracheno, i rapporti tra i due vicini mediorientali sono nel corso degli anni migliorati, il supporto economico destinato alla ricostruzione post-bellica e la lotta contro lo Stato Islamico hanno facilitato l’instaurazione di una leadership politica sciita nel territorio iracheno malvista da Stati Uniti e Israele. L’influenza iraniana non si limita al supporto logistico e militare ma si allarga anche alla ripresa economica e culturale del Paese arabo. L’esercito iracheno perso nel corso degli anni la propria coesione, permettendo l’avanzamento del sedicente Stato Islamico, represso solo grazie al supporto fornito dalle unità di forza speciale del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Quds Force). La Repubblica Islamica, nel quarantesimo anniversario della rivoluzione, deve inevitabilmente rapportasti con una politica di isolamento spinta da Trump e indirizzata a rafforzare la tensione nell’intera regione, creando una coalizione in chiave anti-iraniana con la finalità di far cedere Teheran sotto una grande pressione mediatica.

 

Photo: Smoke rises after an explosion at a military base near Baghdad last week. Photograph: Loay Hameed/AP