Ha sollevato un’ondata di polemiche in tutto il mondo l’approvazione da parte della Knesset della legge che definisce Israele come “stato nazione del popolo ebraico”, riducendo a questo punto non più soltanto di fatto, ma anche di diritto, la sua consistente parte di cittadini di etnia araba alla subalternità.
La legge, che è passata per pochi voti soltanto dopo un estenuante dibattito parlamentare, pone in essere alcuni provvedimenti dal sapore controverso: si trasforma l’ebraico in unica lingua ufficiale dello stato, status che prima era condiviso con la lingua araba, che adesso viene retrocessa a “lingua a statuto speciale”. Allo stesso tempo proclama Gerusalemme “intera ed unita” capitale di Israele, includendo così anche la parte orientale della città, considerata fino ad oggi parte integrante dello Stato Palestinese.
Il testo prosegue definendo “lo Stato di Israele come lo stato nazionale del popolo ebraico dove questo applica il suo diritto naturale, culturale, religioso e storico, in ragione del suo diritto all’autodeterminazione” e addirittura stabiliva, prima di alcuni emendamenti correttivi, che si creassero zone riservate esclusivamente alla popolazione ebraica.
La popolazione araba-israeliana, che è discendente dei palestinesi che decisero di restare sulle proprie terre anche dopo la creazione dello Stato Ebraico nel 1948, rappresenta il 20% circa del totale e da sempre lamenta diseguaglianze nel trattamento che riceve dallo Stato; con questa legge quella percezione di disparità diventa istituzionalizzata e formalmente regolamentata laddove si afferma che “lo Stato considera gli insediamenti degli ebrei di interesse nazionale, prendendo tutte le misure per perseguire, portare avanti e servire detto interesse.
Fin dalla prima stesura, il provvedimento si è attirato critiche da ampi settori della comunità internazionale, con in prima linea i deputati arabi che hanno parlato di “fine della democrazia” nel paese mediorientale, financo la delegazione della Unione Europea in Israele ha espresso dubbi circa il carattere discriminatorio della legge.
Ma la potenziale portata discriminatoria della legge non sembra preoccupare i suoi promotori che definendo gli obiettivi del provvedimento dichiaravano che tra questi vi era l’impedire “la trasformazione dello stato di Israele in una nazione per tutti i suoi cittadini.” Dello stesso avviso il primo Ministro Benjamin Netanyahu che saluta la approvazione del testo dichiarando che questo rappresenta “un momento decisivo nella storia dello Stato di Israele”.