Dopo sei giorni di blocco causati da un attacco informatico Colonial Pipeline, il maggiore oleodotto degli Stati Uniti, è tornato in funzione. Per farlo la società che gestisce l’infraasruttura, la Colonial Pipeline Company, avrebbe però dovuto pagare agli hacker un riscatto di 5 milioni di dollari in criptovalute stando a indiscrezioni rivelate da Bloomberg. Sul presunto riscatto pagato poche parole anche da parte del presidente degli Usa Joe Biden. Un atteggiamento che a molti analisti è apparso come una conferma indiretta. Sul mondo degli hacker, e al loro ruolo sempre più determinante per la sicurezza informatica dei Paesi così come nello spionaggio e nel contro spionaggio industriale, è incentrato il romanzo John Falco. Nel profondo della rete, edito da Paesi Edizioni e a firma di Jordan Foresi e Oliviero Sorbini. Eccone uno stralcio.
E poi, improvvisamente, decide che non vuole stendersi sul divano o mettersi sul letto per smaltire la sbronza. Preferisce rifugiarsi nel suo bunker. La prima porta che apre è quella delle scale che dalla cucina lo portano nella taverna. La rampa è piuttosto ripida e deve porre attenzione nel scenderla, sufficientemente consapevole che è già un po’ alticcio. La seconda porta che deve aprire è blindata e porta direttamente alla sua enoteca privata, quella dove tiene le bottiglie in attesa di trasferirle nella cabina al piano superiore, pronte per essere aperte. Una luce soffusa illumina quattro scaffalature in legno, alte circa due metri e lunghe altrettanto, riempite di vini ordinati per provenienza geografica e per classifficazione tra bianchi e rossi. John attraversa la cantina senza dedicare un solo sguardo alla sua amata collezione e va direttamente ad aprire un ulteriore porta in acciaio con apertura a codice.
Le luci che accende sono calde e basse ma sufficienti per vedere l’intera grande stanza insonorizzata e schermata per bloccare segnali wi-fi e radio frequenze esterne. Subito dopo la porta c’è un lungo tavolo da disegno posto lateralmente sulla destra su cui sono poggiati alcuni fascicoli di cartone. Sulle pareti, scaffali con libri di tutte le dimensioni, una raccolta di vinili e un giradischi, un lettore di c.d. e casse acustiche, reliquie del passato millennio. Nel silenzio si può avvertire un leggero ronzìo proveniente dalla principale postazione di lavoro. Davanti alla poltrona che solitamente John usa per sedersi davanti alla sua plancia di comando, ci sono sei monitor. Sulla scrivania, in metallo e vetro, sono disposte quattro tastiere, una accanto all’altra in semicerchio e un espositore per pendrive. Ai lati, su due scaffali in ferro, ci sono due console simili a quelle che usano i d.j., con luci a led per lo più bluastre, a cui sono collegati numerosi piccoli apparecchi e una stampante. Sulla parte alta della parete, di fronte la scrivania, ben visibili dalla postazione di John, sono collocati due grandi televisori piatti che si accendono in automatico ogni volta che si schiaccia l’interruttore della luce. Lo schermo dei televisori è diviso in due sorgenti video, in modo che possano mostrare in contemporanea due pro- grammi. Al momento sono sintonizzati, a volume azzerato, uno sulla CNN e sulla BBC e l’altro su Al Jazeera e su Fox News.
Anche se ha bevuto troppo può inserirsi senza problemi in qualche discussione interessante. Nel dark web si trova sempre qualcuno da spiare mentre sta chattando, convinto di non essere intercettato. Ora non si sente più un critico di vini ma un lupo, uno spregiudicato hacker del gruppo conosciuto come Little Red Riding Hood.
Tratto dal libro
John Falco. Nel profondo della rete
di Jordan Foresi e Oliviero Sorbini

Redazione
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