Tutti i sospetti di una visita a sorpresa del leader nordcoreano Kim Jong Un a Pechino partono da un video che mostra un vecchio treno di colore verde arrivare nella capitale della Repubblica Popolare. L’agenzia di stampa giapponese Kyodo News ha riferito che lunedì 26 marzo un treno speciale ha oltrepassato la città di Dandong, al confine tra Cina e Corea del Nord. L’emittente nipponica NTV ha poi diffuso un filmato del treno misterioso dalle carrozze verdi a strisce gialle simili a quelle del convoglio su cui aveva viaggiato il padre di Kim Jong Un, Kim Jong Il, suo predecessore al potere, quando nel 2011 si era recato in visita a Pechino.

Questa coincidenza ha fatto pensare che a bordo di quel treno ci fosse proprio il giovane Kim o un alto rappresentante del regime di Pyongyang. Inoltre, un’altra emittente giapponese, NHK, citando fonti diplomatiche ha confermato che il treno arrivato a Pechino era partito appunto dalla Corea del Nord.

Se la presenza del dittatore nordcoreano nella Repubblica Popolare venisse confermata, per Kim sarebbe la prima visita all’estero e il primo incontro con un capo di Stato straniero da quando è salito al potere sette anni fa. Il presidente cinese Xi Jinping e Kim Jong Un non si sono mai incontrati, nonostante la lunga alleanza tra i due Paesi comunisti.

La visita non programmata di Kim in Cina potrebbe essere più di un semplice sospetto. Secondo molti giornalisti di base a Pechino, la Guardia d’onore cinese ha dato il benvenuto a un corteo di automobili in arrivo alla Diaoyutai State Guesthouse, il luogo dove di solito vengono accolti i rappresentanti dei governi stranieri. Come riferito dal New York Times, alcuni residenti a Pechino sono riusciti a immortalare almeno venti auto lanciate a tutta velocità per le strade della città.

Sul trambusto a Pechino i media nordcoreani mantengono il massimo riserbo per ovvie ragioni di sicurezza. D’altronde, la notizia della visita di sette giorni del caro leader Kim Jong Il in Cina venne diffusa quando il presidente nordcoreano era già sulla via del ritorno. L’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap sta verificando le informazioni raccolte fino a questo momento, mentre il Ministero degli Esteri cinese non ha dato alcuna conferma.

 

Xi Jinping tra Trump e Kim Jong Un

Il confronto non annunciato con il potente Xi arriva poco prima dei prossimi appuntamenti di Kim: il summit con il presidente sudcoreano Moon Jae In previsto a fine aprile e quello con il presidente americano Donald Trump fissato entro la fine di maggio. La visita quindi potrebbe servire a delineare la linea da seguire durante i negoziati a cui Kim si starebbe preparando. Inoltre, il fuori programma dimostrerebbe che nonostante il recente raffreddamento dei rapporti tra Cina e Corea del Nord, i due vicini sono ancora abbastanza legati.

Ultimamente il governo di Pechino aveva criticato l’aggressività del regime di Pyongyang e le feroci minacce di Kim di colpire il territorio degli Stati Uniti. A seguito delle sanzioni imposte dalla Cina, le esportazioni nordcoreane di carbone e di altre materie prime erano state ridotte in maniera significativa.

Sul fronte diplomatico la partnership tra Pechino e Pyongyang sembrava essersi affievolita. Il 5 marzo Kim Jong Un aveva incontrato una delegazione di ufficiali sudcoreani e insieme a loro aveva deciso di fissare un summit con Moon a fine aprile. Il 9 marzo, invece, gli inviati di Seoul erano stati ricevuti alla Casa Bianca, riferendo a Trump della disponibilità di Kim a discutere la denuclearizzazione del Paese e rivolgendo al presidente USA l’invito di Kim a un incontro diretto.

Trump, come è noto, aveva accettato immediatamente. Nel frattempo, la Cina era sembrata una spettatrice silenziosa di questi eventi. La Repubblica Popolare è tuttavia il primo partner commerciale della Corea del Nord e per Pyongyang rimane l’unico alleato che possa proteggerlo contro sanzioni internazionali sempre più dure. Sebbene fosse frustrata per via dell’atteggiamento bellicoso di Kim Jong Un, la Cina ha continuato a remare contro il collasso del regime nordcoreano per evitare il flusso incontrollato di immigrati nel suo territorio e per scongiurare l’ipotesi di una riunificazione della penisola sotto la bandiera americana, eventualità che avrebbe comportato il ritrovarsi gli Stati Uniti all’uscio di casa.

Ogni accordo sulla Corea del Nord non può prescindere dagli interessi cinesi, anche in ragione del potere di Xi che appare un leader molto più influente di Trump. Dal 2003 Pechino è stata un membro fondamentale dei “negoziati a sei”, le trattative tra Cina, USA, Giappone, Russia e Corea del Sud focalizzate sulla fine del programma nucleare nordcoreano. Anche nelle fasi più critiche della crisi, il governo cinese ha svolto un importante ruolo di mediatore tra Washington e Pyongyang, proponendo la fine dei test missilistici e nucleari di Kim in cambio della sospensione delle manovre miliari congiunte tra americani e sudcoreani al largo della penisola. Se confermata, la visita di Kim in Cina non fa che rafforzare ulteriormente il ruolo di Xi Jinping in uno dei negoziati più attesi degli ultimi anni.