Kim Jong-un, inversione di marcia sulla riforma economica

L’8° Congresso del Partito dei Lavoratori segna un’inversione di tendenza nei futuri piani economici nordcoreani, marcando il predominio dell’ideologia e della politica sull’economia.

L’8° CONGRESSO DEL PARTITO DEI LAVORATORI

Lo scorso 12 gennaio si è concluso l’8° Congresso del Partito dei Lavoratori, definito dallo stesso Kim Jong-un come un congresso di “lavoro, lotta e progresso”. Due gli argomenti che emergono con maggiore forza dal rapporto finale della riunione. In primo luogo il leader nordcoreano ha ribadito l’intenzione di non rinunciare alle armi nucleari. Al contrario Kim ha annunciato piani per sviluppare nuovi missili balistici e sottomarini nucleari. Per il Partito, infatti, rafforzare il deterrente nucleare è imprescindibile per garantire la difesa nazionale. Il secondo punto del rapporto si concentra invece sulla “costruzione di un’economia socialista”, a gestione centralizzata ed esclusivamente statale. Essenziale in questa direzione è lo sviluppo di un’economia autosufficiente che permetta al Paese, secondo le parole di Kim Jong-un, di arginare le “forze ostili” che ostacolano gli sforzi della Corea del Nord. Kim intende perseguire uno sviluppo parallelo dell’economia e dell’arsenale nucleare, sostenendo che la diplomazia è più efficace se condotta da una posizione di forza militare. La Corea del Nord non ha alcun interesse a denuclearizzare per sostenere l’economia e, quindi, piuttosto che cooperare con il mondo esterno, invoca una svolta interna che permetta di sopperire all’isolamento.

Fig. 1 – In tutta Pyongyang appositi cartelloni pubblicitari hanno celebrato l’8° Congresso del Partito dei Lavoratorigennaio 2021

NUOVO (VECCHIO) PIANO ECONOMICO

Nel discorso di apertura Kim ha ammesso senza mezzi termini il mancato raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del piano economico quinquennale lanciato nel Congresso del 2016. Sebbene già annunciato, è la prima volta che viene riconosciuto il fallimento statale proprio durante il Congresso. Senza celare la preoccupazione, Kim ha identificato lo sviluppo economico quale compito cruciale per il Paese e ha rimarcato la centralità del Governo, invitando il Partito ad affrontare la gestione economica da una prospettiva strettamente politica. Tuttavia, dal nuovo piano, più che reali misure volte al concreto sostegno dell’economia, quelle che emergono sono linee guida, tutte riconducibili al concetto cardine di autosufficienza: su tutte gli investimenti nell’industria pesante e la riduzione della dipendenza dalle importazioni. Nel gennaio dello scorso anno Pyongyang, in risposta alla pandemia, ha chiuso i confini con la Cina per salvaguardare la propria struttura sanitaria. Ciò ha gravemente influito sulla disponibilità di merci nei mercati interni (jangmadang) e sul tanto necessario afflusso di valuta estera, dato che l’interscambio con Pechino, l’ancora di salvezza dell’economia nordcoreana, si è drasticamente ridotto dell’80%. I prodotti industriali cinesi come sapone e antidolorifici sono quasi del tutto scomparsi dai mercati, lasciando spazio ai soli prodotti agricoli locali. In uno dei momenti più difficili degli ultimi decenni, l’unica soluzione ragionevole per la leadership nordcoreana sembra quella di ripristinare il suo ruolo guida nel controllo delle attività commerciali, di fatto annullando le riforme orientate al mercato interno degli ultimi anni che avevano permesso la nascita di “imprese private”. Disastroso l’eventuale impatto sulla classe media, che si guadagna da vivere proprio nei jangmadang, compromettendo ulteriormente una situazione già tragica. Intanto si moltiplicano le speculazioni sui piani “per fare cassa” del Governo, apertamente in violazione delle sanzioni internazionali, quali l’esportazione di carbone in Cina e l’invio di circa 10mila lavoratori in Russia. Certo è che le tre leve della crescita da quando Kim è salito al potere – l’aumento dell’attività di mercato interna, il commercio intensificato con la Cina e la ripresa della produzione statale – sono state tutte chiuse, tornando al “vecchio ordine”.

Fig. 2 – La TV sudcoreana mostra il leader nordcoreano Kim Jong-un durante l’8° Congresso del Partito dei Lavoratorigennaio 2021

DISINTERESSE AMERICANO

Il Congresso si è concluso in grande stile con una massiccia parata militare che ha messo in bella mostra un nuovo missile balistico lanciato da un sottomarino (SLBM). Chiara la dimostrazione di forza verso chi intende intralciare il futuro del Partito. Kim ha avuto parole dure nei confronti degli Stati Uniti, identificandoli come principale ostacolo allo sviluppo nordcoreano, e non ha nascosto la sfiducia verso la nuova Amministrazione Biden. Ha ribadito che la Corea del Nord continuerà a rafforzare la difesa nazionale, ma non ricorrerà alle armi per prima. La candidata rappresentante per gli Stati Uniti all’ONU Linda Thomas-Greenfield ha espresso l’intenzione degli Stati Uniti di impegnarsi con i tradizionali alleati Corea del Sud e Giappone, ma anche con Cina e Russia per denuclearizzare la Corea del Nord e sollecitare il rispetto delle sanzioni. Lo stesso Presidente Biden ha più volte affermato la necessità di una completa denuclearizzazione della penisola coreana. Tuttavia il nuovo Segretario di Stato Blinken ha precisato che la Corea del Nord non rientra tra le priorità dell’Amministrazione Biden. Le circostanze non sono infatti delle migliori: la rivalità con la Cina sembra ben lontana da una conclusione e non ci sono soluzioni apparenti alle attuali dispute politico-commerciali tra Corea del Sud e Giappone. Se la Corea del Sud e gli Stati Uniti svolgeranno le esercitazioni militari congiunte a marzo, è verosimile attendersi una risposta dal Nord verso questo “atto di ostilità”.

Per approfondire: VIVO, MORTO O KIM

Di Jacopo Genovese. Pubblicato su Il Caffè Geopolitico