Sebbene non prenda parte direttamente al conflitto siriano, Israele ha più volte compiuto delle incursioni aeree in Siria, l’ultima delle quali ha determinato, sia pur indirettamente, l’abbattimento di un aereo spia russo. L’obiettivo di queste azioni è rappresentato dalle truppe iraniane, avvicinatesi pericolosamente alle alture del Golan e protagoniste di una serie di sconfinamenti nello spazio aereo israeliano tramite droni, e dai miliziani di Hezbollah, movimento politico-militare libanese legato all’Iran e sostenitore di Assad.

In una parte rilevante di queste operazioni, i caccia israeliani hanno colpito convogli di armi iraniane destinate ad Hezbollah, nell’intento dichiarato di non far acquisire al movimento sciita libanese, dispositivi in grado di aumentarne la pericolosità, quali ad esempio i missili teleguidati. Le postazioni della difesa antiaerea siriana sono state colpite soltanto nella misura in cui hanno dato copertura agli obiettivi dei raid. Il tema della sicurezza di Israele rispetto all’avanzata di Iran e Hezbollah in Siria, è stato al centro del vertice di Helsinki tra Putin e Trump, nonché dei diversi incontri avvenuti tra lo stesso Putin e Netanyahu. Sebbene sembrerebbe che la Russia abbia più volte garantito, sia agli israeliani che agli americani, un sostanziale ridimensionamento della presenza iraniana e di Hezbollah nel futuro assetto siriano, quello che neppure la tutela politica russa su Assad può impedire, è la nascita di nuovo Hezbollah in Siria. Le milizie sciite siriane, attualmente sostenute, addestrate e guidate dai pasdaran iraniani, rappresentano infatti un perfetto nucleo di base per un futuro movimento politico-militare, capace di minacciare la sicurezza di Israele, nonché di condizionare la vita politica siriana una volta raggiunta una nuova stabilità. L’esportazione del “modello Hezbollah” è attualmente in atto in Iraq, dove le milizie volontarie sciite Hasd al-Sa’bi, armate e coordinate dalle forze speciali dei pasdaran iraniani, si sono distinte nella lotta armata contro l’Isis conquistando una legittimazione significativa nella popolazione. Tali formazioni sono riuscite a sottrarsi sia al tentativo del primo ministro al-Ibadi di ricondurle nell’ambito dell’esercito nazionale, che al divieto di dare vita a movimenti di carattere politico. Nelle recenti elezioni parlamentari la coalizione Fath, che riunisce le espressioni politiche delle milizie filo-iraniane, ha ottenuto un’affermazione significativa, totalizzando ben quarantasette seggi contro i venticinque raggiunti dalla formazione dell’ex primo ministro al-Maliki e i cinquantaquattro di Muqtada al-Sadr, leader sciita insofferente del ruolo crescente dell’Iran nel paese e aperto ad una convergenza con l’Arabia Saudita sulla base della comune appartenenza al mondo arabo.

L’esportazione del modello Hezbollah appare, dunque, funzionale alla strategia iraniana di espansione su scala regionale, sebbene lo stesso movimento sciita libanese evidenzi al contempo un’autonoma capacità di proiezione esterna, dimostrandosi un efficiente alleato degli Ayatollah. Oltre al controllo militare di intere aree del Libano, tra cui alcune zone della capitale nonché gran parte di quelle al confine con Israele e con la Siria, Hezbollah occupa da diversi anni – alternativamente – i fondamentali ministeri dell’agricoltura e dell’industria del governo libanese. Il Partito di Dio è inoltre impegnato nei combattimenti in Siria, e vanta una capacità di influenza su diverse formazioni politiche e paramilitari in Bahrein e in Yemen, nonché la gestione di una fitta rete di traffici di varia natura in Africa Occidentale ed in alcuni importanti Stati dell’America Latina.

Appare dunque evidente come, nel quadro eventuale di una Siria finalmente stabilizzata, il semplice ritiro delle milizie libanesi di Hezbollah e di quelle iraniane – eventualità per nulla scontata a prescindere dalle intenzioni russe – non implichi necessariamente la cessazione della minaccia per Israele. In quest’ottica, gli attuali raid aerei rendono chiara la volontà di israeliana di affrontare con decisione questa nuova minaccia, prima che possa strutturarsi completamente.

 

Emilio Minniti

pubblicato su Giustizia & Investigazione