Le nomine di Biden, il contrario di Trump

Joe Biden ha reso ufficiali le prime nomine. Il presidente eletto ha affermato che la sua amministrazione sarà «di rottura e cambiamento radicale rispetto a Trump» ma che «non sarà un terzo mandato Obama». «Oggi il mondo è totalmente differente», ha aggiunto. Di seguito, le nomine che non richiedono la conferma del Senato.

John Kerry in un ruolo personalizzato: inviato speciale per il clima

Aspirante presidente nel 2004, quando perse contro Bush, a 76 anni Kerry è stato considerato la personalità più adeguata a occuparsi del tema delicato dei cambiamenti climatici. «Il lavoro che abbiamo iniziato con l’accordo di Parigi è lungi dall’essere concluso. Tornerò al governo in modo che gli Stati Uniti possano tornare in pista per affrontare la più grande sfida di questa generazione e di quelle a venire», ha affermato Kerry a seguito della sua nomina. Fu proprio lui a metterci la firma, nel 2015.

Laureato alla Yale University in Scienze Politiche, è stato volontario di marina per due volte durante il conflitto in Vietnam, esperienza che gli è valsa più di un riconoscimento. Kerry è entrato in politica nel ’76 come procuratore capo del Middlesex, è diventato vicegovernatore del Massachussets nell’82 ed è stato eletto senatore degli Stati Uniti per la prima volta nell’84. Nel 2009 ha ricevuto la nomina di presidente della commissione per le Relazioni Estere del Senato al posto di Biden e già allora, alla prima udienza, ha portato l’attenzione dei presenti la questione dei cambiamenti climatici. Nel 2012 è succeduto ad Hillary Clinton come segretario di Stato per Obama.

Colui che il New York Times descrive come “il signor diplomazia americano” è intenzionato a invertire del tutto la rotta della precedente amministrazione. Dopo l’esperienza in Vietnam ha sviluppato un’ideologia antimilitarista ed è uno storico membro dell’associazione Vietnam Veterans Against the War. Nonostante sia stato uno dei firmatari dell’intervento USA in Iraq, all’epoca aveva consigliato un intervento dell’ONU.

Tra le principali istanze portate avanti da Kelly c’è la necessità di ridurre la dipendenza dalle fonti di energia non rinnovabili e quella di favorire l’ampliamento dell’offerta sanitaria sia pubblica che privata. Kerry, infine, è sempre stato un sostenitore dei diritti degli omosessuali.

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Ron Klain capo di gabinetto

Democratico di ormai lunga esperienza, ha studiato legge all’università di Georgetown, ad Harvard ed ha poi mosso i primi passi nel mondo del lavoro alla Corte Suprema degli Stati Uniti, dove è stato impiegato legale per il giudice Byron White. Ha poi lavorato come consigliere della procuratrice generale Janet Reno ed ha avuto ruoli di rilievo in entrambe le campagne di Bill Clinton.

Era stato introdotto alla politica come membro dello staff di Joe Biden negli anni ’80, quando questo era senatore del Delaware. A 59 anni, Klain è già stato Chief of Staff due volte: una prima volta per Al Gore dal ’95 al ’99, durante il governo Clinton ed una seconda volta dal 2009 al 2011 quando ha lavorato proprio con Biden. Considerato un veterano della politica statunitense, è stato successivamente scelto da Obama come coordinatore della risposta alla presenza dell’Ebola negli Stati Uniti, ruolo che ha ricoperto dalla fine del 2014 all’inizio del 2015.

Con il bagaglio di esperienza come lobbista e la sua riconosciuta capacità manageriale, dopo l’esperienza con l’Ebola, Klain rappresenta la figura più adeguata da avere nel contesto della delicata situazione pandemica. La nuova nomina è infatti arrivata l’11 novembre, prima fra tutte, a seguito dell’impegno profuso come consulente senior della campagna elettorale del nuovo presidente. Biden ha voluto sottolineare ancora una volta che ci sarà una differenza sostanziale, nell’approccio alla pandemia, rispetto all’amministrazione precedente.

Jake Sullivan consigliere per la sicurezza nazionale

Classe ’76, Sullivan si è laureato in Scienze politiche alla Yale University, ha ottenuto un master in Relazioni Internazionali ad Oxford e un dottorato in Giurisprudenza alla Yale Law School. Dopo un tirocinio alla Corte d’Appello degli Stati Uniti ed il praticantato presso il più grande studio legale del Minnesota, ha insegnato legge alla St. Thomas University a Minneapolis.

Quando lavorava come capo consigliere della senatrice Amy Klobuchar è entrato in contatto con Hillary Clinton e, nel momento in cui lei è stata eletta segretaria di Stato, ha ottenuto il ruolo di capo del suo personale, seguendola così successivamente nei numerosi viaggi all’estero. Dopo le dimissioni di Clinton, nel 2013, Sullivan è stato nominato consigliere per la sicurezza nazionale del vicepresidente Biden, che ora lo ha riconfermato. È stato inoltre direttore della pianificazione politica presso il Dipartimento di Stato durante l’amministrazione Obama.

Nel 2012 ha svolto un ruolo chiave nei negoziati che hanno condotto al cessate il fuoco di Gaza. Nel 2013 è stato scelto da Obama come uno dei negoziatori principali dei primi colloqui compresi nella missione segreta avvenuta in Oman con gli agenti del governo di Teheran con l’obiettivo di formulare il futuro accordo sul nucleare iraniano, che rappresenterà il primo concordato tra Usa e Iran in 34 anni. Nel 2016 Sullivan era il principale consigliere della politica estera di Hillary Clinton. Dopo le elezioni, aveva riferito di sentire un grande senso di responsabilità per la sconfitta. Per tutta la durata dell’era Trump, ha lavorato all’interno della Marco Advisory Partners, una società che si occupa consulenza di rischio strategico per le aziende che si interfacciano con la complessità del mondo globalizzato.

Durante la campagna elettorale 2020 di Joe Biden è comparso più di una volta in tv per ribadire l’intenzione di tornare al multilateralismo. I maggiori piani d’azione sui quali Sullivan sarà coinvolto toccheranno, oltre all’emergenza climatica e ai rapporti con l’ONU, il commercio internazionale (in particolare la guerra economica in corso con la Cina) e di nuovo l’intesa sul nucleare iraniano.

Le nomine di Sullivan e Blinken indicano all’unisono una precisa intenzione di Biden: riportare le relazioni internazionali al centro dei programmi di governo. Entrambi hanno uno stretto rapporto con il futuro presidente ed entrambi hanno esperienze ed ottimi rapporti all’interno dell’Unione Europea, indicata come principale futuro partner in ambito internazionale.

Antony Blinken segretario di Stato

Di fede ebraica, nato a New York ma cresciuto a Parigi dall’età di 9 anni fino al momento del diploma, con un’importante esperienza negli affari europei e un francese fluente, la scelta di mettere Blinken a capo della diplomazia americana appare come un chiaro segno della volontà di Biden di rilanciare il multilateralismo, che negli ultimi quattro anni era stato sostituito dal motto “America First” di Trump. (Questa nomina necessita dell’approvazione del Senato).

Laureatosi in legge ad Harvard, dopo una prima esperienza giornalistica al The Harvard Crimson, ha lavorato per The New Republic e in seguito ha conseguito un dottorato in giurisprudenza alla Columbia Law School. Dopo qualche anno speso a lavorare come avvocato, è entrato nel Dipartimento di Stato nel ’94 come membro dello staff del National Security Council (NSC), ruolo che ha ricoperto fino al 2001 durante il governo Clinton. Dal ‘94 al ‘98 Blinken è stato anche assistente speciale del presidente e direttore senior per la pianificazione, mentre dal ‘99 al 2001 è stato assistente speciale di Clinton e direttore senior per gli Affari europei e canadesi. Nel 2002 e fino al 2008, durante il governo Bush, Blinken ha avuto il ruolo di direttore del personale per la commissione per le Relazioni Estere del Senato.

Nel 2008 ha lavorato per la campagna presidenziale di Joe Biden, che avrebbe avuto l’incarico di vicepresidente di Obama. Dal 2009 al 2013 è stato consigliere per la sicurezza nazionale di Obama. È stato poi vice consigliere della sicurezza nazionale e nel 2014 è stato nominato vicesegretario di Stato.

Di stampo interventista, ha sostenuto l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003, ha appoggiato l’intervento militare in Libia nel 2011 e ha spinto Obama ad una politica più dura in Siria; è stato attivamente coinvolto nel piano di uccisione di Osama Bin Laden. Dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, nel 2014, ha avuto un ruolo centrale anche nella ridefinizione dei rapporti con Mosca.

A condividere le sue idee sul ruolo degli Stati Uniti nello scacchiere internazionale c’è Michèle Fournoy, con la quale Blinken ha fondato, nel 2017, la società di consulenza strategica WestExec Advisor.