L’attentato compiuto il 31 ottobre a New York, nella zona sud di Manhattan, dall’uzbeko Sayfullo Habibullaevic Saipov, è una forma di “terrorismo fai da te” che nella sua drammaticità illustra molto efficacemente il decadimento organizzativo dell’estremismo islamico nel mondo.
Tra gli otto morti e il furgone utilizzato per provocare delle vittime lungo una pista ciclabile e i tre aerei che si sono schiantati sul Pentagono e sulle Torri Gemelle l’11 settembre del 2001, corre un abisso di organizzazione. Paradossalmente, però, questa mancanza di organizzazione rende molto più difficile la prevenzione.
Perché quando si ha a che fare con gruppi organizzati supportati da una rete di fiancheggiatori le forze di sicurezza possono tentare di infiltrare questi ambienti. Quando, invece, si ha a che fare con una persona, o al massimo con pochi individui che dopo essersi accordati sul web decidono di affittare un furgoncino e uccidere dei ciclisti, non c’è prevenzione che tenga.
L’azione dell’uzbeko Sayfullo Saipov è una forma di “terrorismo fai da te” che nella sua drammaticità illustra molto efficacemente il decadimento organizzativo dell’estremismo islamico nel mondo
Nel caso di quest’ultimo attentato a New York non può però sfuggire un aspetto importante. Osservando il volto dell’uzbeko che è entrato in azione, agli occhi di chiunque salta immediatamente il tipo di barba che porta, senza baffi e molto lunga. Questa barba rappresenta a tutti gli effetti una “uniforme” dei miliziani del Califfato. Lo dimostra ciò che è accaduto a Raqqa e Mosul dove, dopo la liberazione delle due città per anni sotto il controllo dello Stato Islamico, sono stati trovati mucchi di peli nelle case abbandonate dai jihadisti i quali, prima di fuggire, si sono rasati la barba nel tentativo di riuscire a dileguarsi.
Ora, che un cittadino da anni ospite degli Stati Uniti con la green card vada in giro ostentando il suo credo al pari di un neonazista con una svastica tatuata sul petto, avrebbe dovuto suscitare qualche interrogativo da parte delle varie polizie federali degli Stati americani in cui Saipov ha vissuto e per cui è transitato. È vero che gli incroci di competenze tra questi organi di polizia spesso rendono molto complessa la prevenzione negli Stati Uniti. Ma è altrettanto vero che il fatto che quest’uomo indossasse questa “uniforme” in modo così sfacciato avrebbe potuto e dovuto sollecitare una maggiore attenzione nei suoi confronti.
Riecheggia l’appello di Abu Mohammed Al Adnani: «Se non potete trovare un proiettile o una bomba, usate una pietra per rompergli la testa, o un coltello, o investitelo con l’automobile…»
Come detto, forme di terrorismo fai da te come quella a cui si è assistito a New York sono comunque un segnale di debolezza da parte dello Stato Islamico. Stretto in Siria e in Iraq, il Califfato punta a far riecheggiare l’appello lanciato nel 2016 dall’allora suo ministro della propaganda Abu Mohammed Al Adnani: «Se non potete trovare un proiettile o una bomba, usate una pietra per rompergli la testa, o un coltello, o investitelo con l’automobile o gettatelo dall’alto, o strangolatelo oppure avvelenatelo». Appello che è stato fedelmente seguito da Sayfullo Saipov.
Alfredo Mantici
Ex capo del Dipartimento Analisi del Sisde, Direttore Analisi dI Babilon magazine e detective nel noto reality "Celebrity Hunted"
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