Cina, il nuovo Libro Bianco della Difesa

Il governo cinese a fine luglio ha pubblicato il nuovo Libro bianco della politica nazionale in materia di difesa e sicurezza. Il documento, intitolato la “Difesa Nazionale della Cina nella nuova era”, è stato diffuso dall’Ufficio informazioni del Consiglio di Stato Cinese per fornire alla comunità internazionale gli strumenti utili a comprendere la nuova dottrina militare di Pechino, la posizione della Cina in materia di Difesa e gli sforzi che la Repubblica Popolare sta compiendo per costruire un sistema militare difensivo che sia forte ed efficiente. Il documento è il primo Libro bianco della Difesa da quando nel 2015 la Cina ha avviato il processo di rimodernizzazione delle forze armate. La parte più importante del testo, diffuso anche in lingua inglese perché possa essere meglio fruibile in Occidente, è divisa in sei sezioni: la situazione della sicurezza internazionale; la politica difensiva nazionale della Cina nella nuova era; l’adempimento delle missioni e dei compiti delle forze armate cinesi; la riforma della difesa nazionale e delle forze armate cinesi, spese di difesa “ragionevoli e appropriate” e la costruzione attiva di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità. Il Libro bianco chiarisce che la stabilità interna è ancora la questione più rilevante tanto per il Partito quanto per l’esercito. In base all’informativa, il PLA, le forze armate cinesi, ha natura difensiva e la Cina ribadisce il principio del no first use per il ricorso all’arma nucleare.

Secondo diversi punti di vista, il testo rappresenta una svolta rispetto all’ultima informativa sulla strategia militare che era stata resa pubblica nel 2015 e che puntava a costruire una relazione di cooperazione e di rispetto reciproco dei rispettivi interessi con l’altra potenza mondiale: gli Stati Uniti. La Cina si era impegnata con gli Usa di Obama nell’abbandonare la mentalità da “gioco a somma zero”. Il nuovo documento risente delle tensioni commerciali con Washington e accusa gli americani di interferenze, dalle dispute nel Mar Cinese Meridionale al rapporto con Taiwan. Allo stesso tempo afferma che la Cina contiuna a perseguire una strategia di tipo win-win nelle relazioni con gli altri Stati. In merito agli Stati Uniti, il rapporto del 2015 già esprimeva una certa insofferenza per le azioni ostili degli Usa nel Mar Cinese Meridionale, dove Pechino aveva iniziato la costruzione di atolli a scopi miltari. Il nuovo documento dice non solo che gli americani hanno adottato scelte unilaterali ma che “hanno provocato e intensificato la competizione tra i maggioi Stati e minato la stabilità globale”. Rispetto a quattro anni fa le relazioni tra Cina e Usa sono diventate più competitive in ambito tecnologico e commerciale, il che ha effetti anche su sicurezza e difesa. La Cina, intanto, ha stabilito una base militare a Djibouti e una nuova dovrebbe essere costruita in Cambogia. Inoltre, va ricordato che poco prima della pubblicazione dell’ultimo rapporto sulla Difesa, gli aerei da guerra di Russia e Cina  hanno compiuto il loro primo pattugliamento congiunto sul Mar del Giappone, sorvolando quello che la Corea del Sud ritiene sia il proprio spazio aereo.

Da quanto emerge, Taiwan, Xinjiang e Tibet sono ancora le maggiori preoccupazioni della Cina. Nel documento gli Stati Uniti vengono accusati di incoraggiare le forze separatiste in queste aree. Solo poco tempo fa gli Usa hanno sottoscritto un nuovo accordo con Taiwan per la vendita di 2,2 miliardi di dollari in armi, una mossa che dal punto di vista di Pechino costituisce una violazione del principio dell’unica Cina. Pechino considera la regione autonoma dello Xinjiang Uygur, situata nel nord-ovest del Paese, un’area storicamente legata al resto del territorio cinese e che va considerata quindi parte integrante della Cina. Lo stesso gruppo etnico uiguro, secondo Pechino, è nato in seguito a un lungo processo che ha mescolato migrazione e integrazione. Nella visione cinese, in questa regione agiscono elementi di disturbo crescenti, forze separatiste, estremisti e gruppi terroristici, che mirano a dividere il Paese e a cambiare il corso della storia. Tali forze sono i separatisti che chiedono l’indipendenza del Tibet e gli Uighuri del Sinkiang che aspirano alla creazione del East Turkistan. Gli uiguri e i separatisti del Tibet sono definiti nel documento “minacce alla sicurezza nazionale e alla stabilità sociale della Cina”.