Turkmenistan

Asia Centrale
Aggiornata al Maggio 2017 - Protettorato russo dal 1865 al 1895, il Turkmenistan diviene preda delle ostilità e degli scontri tra una popolazione molto eterogenea - 24 tribù nomadi prive di una qualsiasi coscienza unitaria - che vive la propria frammentarietà in maniera violenta. Nel 1924, però, il paese entra a far parte di una delle quindici Repubbliche Socialiste Sovietiche (RSS Turkmena): le tribù diventano allora stanziali e ciò permette una discreta crescita sociale ed economica. L’indipendenza è raggiunta solo con il crollo dell’URSS nel 1991, anno in cui viene introdotta una nuova Costituzione: il primo Presidente e capo del governo, già segretario del Partito Democratico (precedentemente Partito Comunista Turkmeno), diviene il carismatico Saparmyrat Nyýazow, che instaura un regime autoritario fortemente incentrato sulla sua personalità. Nyýazow elimina ogni forma di opposizione politica e lega i destini commerciali del Turkmenistan a Mosca. La morte del dittatore, sopraggiunta nel 2006, precede di poco le elezioni del 2007, che si svolgono senza che alcun candidato dell’opposizione possa concorrere. I risultati elettorali assegneranno la carica di presidente (con l’89% delle preferenze) a Gurbanguly Berdymuhammedow, sempre del Partito Democratico, riconfermato nel 2012 (con il 97% dei voti) e attualmente in carica, al suo terzo mandato. La nuova Costituzione, promulgata nel 2008 e le prime elezioni multi-partitiche tenutesi nel 2013 rappresentano passi importanti verso la totale democratizzazione del paese.
Sotto l’influenza sovietica, il Paese conosce una prima, seppur debole, spinta economica. Grazie alla canalizzazione delle acque, inizia la coltivazione di cotone e grano e prende corpo l’allevamento stanziale, anche se il territorio turkmeno è in gran parte desertico e non può essere sfruttato più del 3-4%. Oltre a un discreto sviluppo del commercio del cotone, sarà la scoperta dei preziosissimi giacimenti di petrolio e gas a rialzare la bilancia economica del Paese, che oggi regge la propria economia proprio sul settore energetico. Infatti, con il 4,3% delle risorse mondiali presenti sul suo territorio, il Turkmenistan intrattiene proficue relazioni commerciali con Russia e Cina. Il gas turkmeno attualmente transita solo attraverso la rete di gasdotti controllata da Mosca. Particolare attenzione è rivolta al progetto di espansione del gasdotto che, direttamente o indirettamente, collegherebbe il Turkmenistan con Azerbaigian, Afghanistan, Pakistan, India, Iran ed è destinato a raggiungere il Mediterraneo. Per questo motivo, l’UE sta spingendo per una ripresa del gasdotto Trans-Caspio, un progetto del 1999 che avrebbe dovuto portare il gas in Europa Centrale, bypassando Russia e Iran. L’opposizione di Mosca ha impedito fino ad ora una possibile realizzazione del progetto, ma i recenti sviluppi del gasdotto Trans-Anatolico e del gasdotto Trans-Adriatico inducono molti a ritenere che in futuro le resistenze del Turkmenistan possano essere superate e che una ramificazione del cosiddetto “Corridoio Meridionale” possa raggiungere anche il Turkmenistan.
Il Turkmenistan può essere considerato un paese piuttosto sicuro. La presenza massiccia della polizia, nelle grandi città e lungo le arterie principali di collegamento, scoraggia la diffusione della microcriminalità. Ma la sua posizione geografica ne ha con il tempo minato l’integrità: il narcotraffico gestito da grandi organizzazioni criminali che fanno capo alla cosiddetta Mezza Luna d’Oro (Iran, Afghanistan e Pakistan), infatti, ha posto solide basi anche qui, trasformando il Turkmenistan in un punto di passaggio per la criminalità internazionale. E così quella della malavita diviene una vera e propria economia parallela dove gli stupefacenti, le armi e la ricettazione di opere d’arte rubate rappresentano un introito importante. A causa della forte instabilità e dello stato di emergenza, rimane ad alto rischio tutta l’area di confine con l’Afghanistan e, in generale, tutte le località in prossimità delle frontiere. Il confine con l’Iran, tranne il valico di frontiera, è peraltro completamente interdetto.
Capitale: Aşgabat
Ordinamento: Repubblica presidenziale
Superficie: 488.100 km²
Popolazione: 5.113.040
Religioni: islamica (89%), ortodossa (9%)
Lingue: turkmeno (ufficiale), russo, uzbeko
Moneta: manat turkmeno (TMM)
PIL: 8.900 USD
Livello di criticità: Basso
Aggiornata al Maggio 2017 - Protettorato russo dal 1865 al 1895, il Turkmenistan diviene preda delle ostilità e degli scontri tra una popolazione molto eterogenea - 24 tribù nomadi prive di una qualsiasi coscienza unitaria - che vive la propria frammentarietà in maniera violenta. Nel 1924, però, il paese entra a far parte di una delle quindici Repubbliche Socialiste Sovietiche (RSS Turkmena): le tribù diventano allora stanziali e ciò permette una discreta crescita sociale ed economica. L’indipendenza è raggiunta solo con il crollo dell’URSS nel 1991, anno in cui viene introdotta una nuova Costituzione: il primo Presidente e capo del governo, già segretario del Partito Democratico (precedentemente Partito Comunista Turkmeno), diviene il carismatico Saparmyrat Nyýazow, che instaura un regime autoritario fortemente incentrato sulla sua personalità. Nyýazow elimina ogni forma di opposizione politica e lega i destini commerciali del Turkmenistan a Mosca. La morte del dittatore, sopraggiunta nel 2006, precede di poco le elezioni del 2007, che si svolgono senza che alcun candidato dell’opposizione possa concorrere. I risultati elettorali assegneranno la carica di presidente (con l’89% delle preferenze) a Gurbanguly Berdymuhammedow, sempre del Partito Democratico, riconfermato nel 2012 (con il 97% dei voti) e attualmente in carica, al suo terzo mandato. La nuova Costituzione, promulgata nel 2008 e le prime elezioni multi-partitiche tenutesi nel 2013 rappresentano passi importanti verso la totale democratizzazione del paese.
Sotto l’influenza sovietica, il Paese conosce una prima, seppur debole, spinta economica. Grazie alla canalizzazione delle acque, inizia la coltivazione di cotone e grano e prende corpo l’allevamento stanziale, anche se il territorio turkmeno è in gran parte desertico e non può essere sfruttato più del 3-4%. Oltre a un discreto sviluppo del commercio del cotone, sarà la scoperta dei preziosissimi giacimenti di petrolio e gas a rialzare la bilancia economica del Paese, che oggi regge la propria economia proprio sul settore energetico. Infatti, con il 4,3% delle risorse mondiali presenti sul suo territorio, il Turkmenistan intrattiene proficue relazioni commerciali con Russia e Cina. Il gas turkmeno attualmente transita solo attraverso la rete di gasdotti controllata da Mosca. Particolare attenzione è rivolta al progetto di espansione del gasdotto che, direttamente o indirettamente, collegherebbe il Turkmenistan con Azerbaigian, Afghanistan, Pakistan, India, Iran ed è destinato a raggiungere il Mediterraneo. Per questo motivo, l’UE sta spingendo per una ripresa del gasdotto Trans-Caspio, un progetto del 1999 che avrebbe dovuto portare il gas in Europa Centrale, bypassando Russia e Iran. L’opposizione di Mosca ha impedito fino ad ora una possibile realizzazione del progetto, ma i recenti sviluppi del gasdotto Trans-Anatolico e del gasdotto Trans-Adriatico inducono molti a ritenere che in futuro le resistenze del Turkmenistan possano essere superate e che una ramificazione del cosiddetto “Corridoio Meridionale” possa raggiungere anche il Turkmenistan.
Il Turkmenistan può essere considerato un paese piuttosto sicuro. La presenza massiccia della polizia, nelle grandi città e lungo le arterie principali di collegamento, scoraggia la diffusione della microcriminalità. Ma la sua posizione geografica ne ha con il tempo minato l’integrità: il narcotraffico gestito da grandi organizzazioni criminali che fanno capo alla cosiddetta Mezza Luna d’Oro (Iran, Afghanistan e Pakistan), infatti, ha posto solide basi anche qui, trasformando il Turkmenistan in un punto di passaggio per la criminalità internazionale. E così quella della malavita diviene una vera e propria economia parallela dove gli stupefacenti, le armi e la ricettazione di opere d’arte rubate rappresentano un introito importante. A causa della forte instabilità e dello stato di emergenza, rimane ad alto rischio tutta l’area di confine con l’Afghanistan e, in generale, tutte le località in prossimità delle frontiere. Il confine con l’Iran, tranne il valico di frontiera, è peraltro completamente interdetto.