Abu Bakr al-Baghdadi era tornato il mese scorso con un messaggio che esortava i suoi soldati a non deporre le armi. L’audio, diffuso dopo quasi un anno di assenza dai canali ufficiali, era servito dissipare le voci sulla sua presunta morte. A volte la cronaca internazionale lo ha voluto ferito, a volte in fin di vita, altre defunto o clinicamente morto. Secondo i media sauditi, il leader del sedicente Stato Islamico ora si nasconderebbe in Afghanistan. A dare la notizia della probabile fuga del califfo è stato il quotidiano saudita edito a Londra Asharq al-Awsat, che ha citato tra le sue fonti le forze di sicurezza pakistane e altri gruppi estremisti. Il giornale ha lasciato sconosciuta l’identità dei suoi informatori ma ha sollevato il sospetto che al-Baghdadi avrebbe attraversato il territorio iraniano, passando attraverso l’Iran orientale e la città di Zahedan, e si sarebbe spinto fino alla provincia meridionale afghana di Nanganhar.

Nel piano del califfo, spiegano ancora i media sauditi, ci sarebbe la volontà di posizionare i combattenti dello Stato Islamico nell’area di Zahedan con l’aiuto delle Guardie della rivoluzione, IRGC, corpo militare parallelo all’esercito iraniano. Sono però diversi i motivi che portano a dubitare che il capo dell’IS sia davvero scappato in Afghanistan. Il primo riguarda i tempi della ipotetica fuga. Al-Baghdadi avrebbe abbandonato la Siria per sottrarsi all’operazione lanciata la settimana scorsa dalle Forze Siriane Democratiche SDF, sostenute dagli Stati Uniti, a cui partecipa la Coalizione Internazionale con bombardamenti aerei. Le forze curdo-arabe stanno combattendo i jihadisti nella regione a est dell’Eufrate per distruggere quello che resta delle roccaforti dello Stato Islamico. L’Operation Round Up è solo la terza fase di una vasta campagna militare che mira a ripulire l’est della Siria dalla presenza dei miliziani e che si estende in un’area profonda quasi 50 chilometri. Tale campagna ha già provocato violenti scontri nelle città di Hajin, Al-Baghouz e Al-Sussa, vicino al confine iracheno. L’imminenza dell’offensiva finale delle SDF era già nota, quindi suona abbastanza bizzarro che al-Baghdadi abbia aspettato fino a questo momento per dileguarsi, correndo evidenti rischi per la sua sicurezza. Nel suo viaggio in incognito verso l’Afghanistan il califfo avrebbe attraversato anche l’Iraq, dove lo Stato Islamico ha ancora quasi 30mila combattenti e dove avrebbe certamente trovato luoghi più sicuri per nascondersi. Sembra poco chiaro anche il ruolo delle IRGC, che intanto sono impegnate ad appoggiare milizie pro-Iran in Siria e i ribelli Houthi in Yemen.

Inoltre, L’attacco avvenuto il 22 settembre durante la parata militare ad Ahvaz, in Iran, firmato dall’IS aveva come obiettivo proprio i Guardiani della rivoluzione. Nell’attentato infatti sono rimasti uccisi almeno 10 membri delle IRGC. Lo Stato Islamico ha rivendicato la responsabilità della strage attraverso un video diffuso sul canale ufficiale del gruppo Amaq. Uno dei tre uomini apparsi nel video si esprime in lingua persiana, dichiarando l’intenzione di colpire proprio le Guardie della rivoluzione. La responsabilità del gruppo terroristico è stata anche ribadita da un audio del portavoce dell’IS Abu Hassan al-Muhajir dal titolo “L’assalto dei monoteisti alla fortezza dei politeisti” e diffuso da Al Furqan, fondazione vicina alla leadership dell’IS.

Nella provincia meridionale afghana di Nanganhar, dove l’articolo di Asharq al-Awsat sostiene si nasconda al-Baghdadi, si trova la maggiore concentrazione di miliziani dell’IS. L’agenzia di stampa cinese Xinhua ha fatto sapere che le forze di sicurezza afghane hanno iniziato ad attaccare il distretto di Watapur, nella provincia di Kunar, in seguito alle indiscrezioni sulla presenza del leader sunnita in Afghanistan. Nelle operazioni sarebbero morte almeno 5 persone. Nonostante questo, appare poco probabile che il califfo abbia scelto il Paese dei Talebani, suoi acerrimi nemici, per trovare rifugio. Il sedicente Stato Islamico e i Talebani si combattono l’uno l’altro e sono profondamente divisi su questioni ideologiche o relative alla leadership e alla tattica. In questo duro scontro, che li vede colpirsi l’un l’altro ogni volta che la situazione lo permette, le posizioni dell’IS e dei Talebani restano lontanissime. Le loro controversie affondano nel passato e riguardano in particolare idee molto diverse sul controllo del territorio. Il governo di Kabul e i suoi alleati stranieri hanno tratto giovamento da questa rivalità, che difficilmente potrà aiutare al-Baghdadi a trovare un nascondiglio in Afghanistan.