Piazza Tiananmen

Il 4 giugno 2019 è il 30 esimo anniversario delle proteste di Piazza Tiananmen, a Pechino, giorno in cui furono uccise centinaia, forse migliaia di persone.

Il 4 giugno del 1989 l’Esercito di liberazione popolare represse violentemente le manifestazioni che andavano avanti da due mesi nella capitale cinese. Studenti, lavoratori e intellettuali chiedevano al governo di Pechino più libertà, democrazia e trasparenza. Le manifestazioni iniziarono il 15 aprile con la morte, avvenuta per attacco cardiaco, di Hu Yaobang. Hu era stato segretario del Partito comunista dalle idee riformiste, ma due anni prima era stato allontanato da Deng Xiaoping perché non era riuscito a spegnere le proteste degli studenti che manifestavano per avere maggiore democrazia. Hu divenne l’ispiratore delle manifestazioni contro la corruzione e il nepotismo della classe politica del Partito comunista. Il momento più acuto delle manifestazioni venne toccato il 4 maggio del 1989, quando quasi 100 mila studenti dissidenti si ritrovarono a Piazza Tiananmen per chidere pacificamente le riforme. La Cina stava vivendo l’effetto sconvolgente delle riforme economiche del “piccolo timoniere” Deng Xiaoping, ma il cambiamento economico confliggeva con le speranze di cambiamenti anche politici. Le manifestazioni erano viste come pericolose per la satbilità del sistema. Zhao Ziyang, segretario del Partito che aveva sostituito Hu, cercò invano la strada del compromesso quando ormai la piazza principale di Pechino era diventata un grande accampamento. Zhao Ziyang non riuscì a far passare la sua linea e venne allontanato. Prevalse la linea dura di Deng e del premier Li Peng. Il 20 maggio fu dichiarato lo stato d’assedio e la notte tra il 3 e il 4 giugno la piazza venne brutalmente liberata. Ci furono forse 3 mila morti. Da quel momento in poi iniziò l’epurazione che serviva a eliminare dalla scena gli agitatori delle proteste. La liberazione della piazza fu ordinata dal governo di Pechino, che ancora a distanza di 30 anni non ha chiarito le proporzioni del massacro. Il governo continua a censurare il ricordo e la memoria di quei giorni. La censura e il silenzio sono stati tali che oggi i giovani cinesi non sono abituati a parlare di Piazza Tiananmen.

«Credo che un giorno la repressione di Piazza Tiananmen sarà giudicata diversamente, è solo una questione di tempo. La responsabilità sarà addossata ai leader militari che direttamente implementarono gli ordini», ha dichiarato un membro dell’Esercito di liberazione popolare in esclusiva al giornale di Hong Kong South China Morning Post. «Non importa se le vittime furono una sola o 10 mila, è sempre sbagliato sparare sui civili disarmati», ha dichiarato un ufficiale in ritiro. «L’esercito ha dovuto fare “il lavoro sporco” perché il Partito era in pericolo», ha aggiunto.

In previsione del 4 giugno 2019 il governo cinese ha rafforzato, da alcuni mesi prima, le misure di controllo per evitare il sorgere di nuove “tempeste politiche”, in particolare su internet. Tali misure hanno coinvolto le piattaforme streaming, che hanno bloccato alcune funzioni, aggiornando i propri sistemi. Per esempio, è stata impossibile creare nuovi account, ma anche cambiare la foto del profilo ed  stata bloccata la pubblicazione di commenti e video in diretta. Oltre a Facebook, Google, Instagram, piattaforme normalmente censurate in Cina, è stata oscurata anche Wikipedia.

I motivi di destabilizzazione della Cina odierna arriveranno probabilmente dalla classe media, che proverà a chiedere maggiore democrazia, nonostante il miglioramento delle condizioni economiche dovuto alla crescita e al progresso raggiunti in questi decenni. I focolai di crisi si annidano nello Xinjiang e in Tibet, dove la politica di assimilazione culturale da tempo punta a eliminare le minoranze etniche a favore dell’etnia dominate Han. Una forma di repressione necessaria a condurre, nei disegni di Pechino, a un maggiore controllo. Le ragioni dell’instabilità della Cina di oggi vanno cercate anche nelle caldissime acque dello stretto di Taiwan, l’isola ribelle che Pechino vuole annettere con o senza l’uso della forza e su cui premono gli Stati Uniti.

Hong Kong e Macau sono gli unici luoghi dove sono ammesse le ricorrenze. Decine di migliaia di persone hanno affollato il centro di Hong Kong in occasione del 30esimo anniversario. Quasi 180 mila persone avrebbero preso parte alla veglia organizzata a Victoria Park.