La mostra “Pietre e miraggi” aperta al pubblico dal 29 settembre al 28 ottobre presso la fondazione Marco Besso a Roma, rappresenta un viaggio immersivo all’interno del quale arte e geopolitica si fondono in unico elemento. In dieci spazi espositivi, tra installazioni in plexiglas, pannelli in alluminio e carte geopolitiche, è come compiere un viaggio dentro e fuori il pianeta Terra: da Roma fino alla luna, dell’Antartide all’Africa.

Laura Canali, cartografa di Limes di lunga data, con questa mostra ha trovato modo di esprimere la componente irrazionale, in un certo dionisiaca del suo lavoro, laddove la costruzione delle mappe geopolitiche richiede invece una quanto più fedele trasposizione su carta della realtà. Babilon Magazine l’ha intervista nella giornata di inaugurazione della mostra.

Quando nasce la sua passione per la cartografia?

Iniziai con Limes nel 1993 col secondo volume, ero un grafico esperto in disegno vettoriale. Avevo già una passione per la geografia. Da bambina un po’ come tutti ero molto affascinata dell’Atlante.

Cosa crea più difficoltà nella elaborazione di una carta. Sistemare le informazioni o i colori?

La cosa più difficile è concepire la mappa all’origine, leggere il testo è capire cosa va inserito durante l’elaborazione delle mappe. Selezionando a piramide i concetti, capire qual è quello principale attorno al quale ruoterà tutta l’immagine. Successivamente inserire i colori è la parte più divertente, anche se vanno usati con un certo criterio tale da non rendere la mappa manipolabile.

Come e perché nascono le geopoesie?

Osservando la terra dall’universo possiamo vederla in epoche diverse. La nostra vita è anche un miraggio che si riflette diversamente nei vari punti di vista dell’universo stesso. Le isole che ho rappresentato con le opere hanno inoltre un punto di riferimento rappresentato da un mucchio di pietre che raffigurano la concretezza del pianeta. Da qui appunto deriva il titolo “Pietre e Miraggi”. Lo sforzo nell’essere sempre lucidi e imparziali nel rappresentare le mappe è notevole per cui la geopoesia costituisce una sorta di rifugio, dove posso creare geografie legate a sentimenti o concetti dell’anima.