«La politica estera italiana si indirizzerà verso la difesa degli interessi economici relativi all’energia, l’Italia si farà promotrice presso l’UE della difesa degli interessi economici di tutta l’Europa, auspicando anche la soluzione della questione cipriota». Queste le parole del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Luigi Di Maio, durante la consueta diretta Rai pomeridiana dal Parlamento dell’11 novembre 2020.

Il legame tra approvvigionamento energetico dei Paesi europei e risoluzione della Questione Cipriota si fa sempre più stretto. I giacimenti di gas naturale, scoperti ormai dal 2011 nelle acque che circondano l’isola, continuano a fare gola a tutti, Turchia compresa.

Proprio per rispondere alle mire espansionistiche di Ankara, presente nel Mediterraneo nonostante le numerose sanzioni inflitte dall’Unione Europea, Grecia, Cipro e Israele stanno correndo ai ripari: il 27 ottobre scorso si è svolto ad Atene un vertice per istituire un partenariato tripartito, con una possibile apertura nei confronti di altri Paesi ivi coinvolti. «Stiamo creando una nuova serie di accordi geopolitici, che superi vecchi stereotipi e ridisegni la mappa della nostra regione». Si scrive “regione” e si legge “ZEE”, Zona Economica Europea, all’interno della quale la corsa al gas cipriota si fa via via più urgente. Dall’ordine del giorno del Parlamento italiano, stringere nuove alleanze per rafforzare la presenza dell’ENI nella zona, sembra urgere anche per il nostro governo.

Per approfondire: L’ultimo muro d’Europa. Cipro, disputa al centro del Mediterraneo, di Giovanni Vazzana

PHOTO: cypruswithsign

D’altronde, il nuovo gasdotto sottomarino EastMed, cui stanno lavorando insieme Grecia, Cipro e Israele, per l’appunto, trasporterà gas naturale dal Mediterraneo sudorientale a tutta l’Europa continentale. Nel frattempo, a Cipro la recente dichiarazione di apertura della spiaggia di Varosha, sostenuta anche dal nuovo leader dell’illegittima Repubblica Turca di Cipro Nord, Ersin Tatar, uomo di Erdogan, è stata accolta con disappunto dai leader greco-ciprioti. La zona, avvolta da un muro di filo spinato dal 1974, è uno dei simboli della divisione delle due parti, ma la decisione di riaprirla risulta in contrasto con le Risoluzioni ONU 550 e 789, nonché con l’invito da parte del Consiglio di Sicurezza, datato 9 ottobre 2020, ad evitare ogni azione unilaterale che possa causare nuove tensioni fra civili.

In effetti, a Nicosia, l’ultima capitale europea divisa, si susseguono le manifestazioni in piazza. I modi scelti per dare voce a tali rivendicazioni sono del tutto pacifici. Soprattutto, ancora una volta greco-ciprioti e turco-ciprioti condividono le stesse idee e gli stessi slogan: «Cipro è dei Ciprioti». Ma, soprattutto, si chiedono: «Anche la vostra capitale europea è divisa?».

Immagine di copertina: Cyprus and Greek flags along with Turkish and Turkish Cypriot flags are seen near the U.N.-controlled buffer zone in Nicosia, Cyprus July 6, 2017. REUTERS/Yiannis Kourtoglou