La Siria nel 2021: what’s next

Le elezioni presidenziali che dovrebbero tenersi in Siria tra aprile e maggio 2021 potrebbero costituire una svolta nel processo di pace del Paese, anche se le resistenze di Assad e la continua ingerenza degli sponsor esterni lo rendono sempre più complicato.

1. LA SITUAZIONE SUL CAMPO

Nel corso del 2020 il conflitto in Siria ha vissuto uno stadio di parziale congelamento, dovuto allo scoppio della pandemia da Covid-19. Dopo l’avanzata del regime verso nord, avvenuta all’inizio dell’anno, le linee del fronte si sono assestate. Se il Presidente Bashar al-Assad ha effettivamente riconquistato i due terzi del territorio nazionale, ciò non significa che il suo controllo sia stabile nell’interezza dei territori, né che la sua posizione sia assicurata. Al contrario Assad deve fare i conti con molte problematiche. Innanzitutto tre zone continuano a sfuggire al suo controllo, seppur in grado variabile: il nord-est, o Rojava, che è punto di contesa con le Forze Democratiche Siriane (FDS). L’area a sud del Paese, a causa della decentralizzazione della sicurezza, è tornata a essere turbolenta. Infine, Idlib rimane la roccaforte della ribellione. Il cessate il fuoco firmato tra Russia e Turchia continua a resistere, nonostante alcune violazioni, grazie anche alla posizione favorevole di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), gruppo egemone nell’area che, al fine di legittimarsi come attore capace di governare, ha intrapreso un percorso di metamorfosi, rompendo i legami con i network salafiti e jihadisti. Altra importante preoccupazione per Assad è quella della risorgenza dello Stato Islamico (IS), che ha portato avanti una serie di attentati in varie parti del Paese, spesso contro le truppe governative. La situazione economica, poi, con l’imposizione delle sanzioni del Caesar Act e le spaccature interne al regime rendono la posizione di Assad sempre più compromessa.

Fig. 1 – Un condominio danneggiato dalla guerra accoglie ancora nuclei familiari siriani

2. IL PROCESSO DI PACE

In modo correlato Assad è il principale responsabile dello stallo del processo di pace mediato dalle Nazioni Unite. Finalizzato alla stesura di una nuova Costituzione per la Siria, il comitato costituzionale, formato da rappresentanti del regime, dell’opposizione e della società civile, venne formato sotto l’egida russa tra il 2018 e il 2019. Alla fine del gennaio 2021 una sottocommissione ha portato avanti il quinto round di consultazioni a Ginevra, con la guida dell’inviato speciale delle Nazioni Unite Geir O. Pedersen. Quest’ultimo si è detto fortemente deluso dall’inconcludenza dell’incontro, aggiungendo che nessun risultato verrà raggiunto in assenza di una diplomazia internazionale costruttiva e della volontà politica di trovare compromessi per il futuro della Siria. In effetti le problematiche sollevate da Pedersen sono tangibili. In primo luogo la presenza di sponsor internazionali come Russia, Turchia e Iran, con interessi divergenti, complica di molto il processo. In secondo luogo durante i colloqui il Presidente Assad ha adottato una posizione di completa intransigenzarifiutando qualsiasi proposta arrivasse dall’opposizione. Assad sembra voler rimandare ogni riforma al fine di scongiurare un processo elettorale sotto la guida dell’ONU, richiesto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Le elezioni presidenziali siriane dovrebbero tenersi tra aprile e maggio e decideranno chi guiderà il Paese per i prossimi sette anni.

Fig. 2 – Civili siriani costretti a lasciare le loro abitazioni a Idlib protestano contro il regime di Assad

3. LE REDINI IN MANO A MOSCA

Con questo tipo di ostruzionismo ai lavori del comitato costituzionale Assad spera di presentarsi alle elezioni e assicurarsi la vittoria. Tuttavia la Russia, vero decision-maker dello scacchiere siriano, potrebbe non appoggiare in modo incondizionato la rielezione di Assad. In effetti Mosca mostra un grado di disaffezione crescente nei confronti degli insuccessi di quest’ultimo, specialmente dato che la riscossione dei vantaggi guadagnati attraverso il supporto decennale tardano ad arrivare. La Russia ha rifiutato di continuare a sostenere economicamente la Siria, bloccando alcuni convogli di grano diretti nel Paese, al fine di mettere pressione su Assad attraverso il montante malcontento popolare. Putin, infatti, vorrebbe che il regime siriano scendesse a compromessi su alcuni punti durante i negoziati e che un certo grado di trasparenza e verosimilmente di elezioni regolari venisse accettato da Damasco, al fine di legittimare la presenza del regime sul piano internazionale, almeno parzialmente. Tuttavia in caso di rielezione le pessime performance di Assad potrebbero complicare il raggiungimento delle ambizioni russe. Infatti la crescita del malcontento popolare, peraltro evidente dallo scoppio di nuove proteste, rischia di incentivare ulteriori insorgenze contro Damasco, mettendo a rischio la stabilità del Paese. Lo stesso si può dire per le nuove azioni di IS in Siria. Se, dunque, è evidente che le redini del futuro della Siria siano saldamente in mano a Mosca, d’altro lato risulta sempre più complesso stabilire quale direzione prenderà il Cremlino.

Di Denise Morenghi. Pubblicato su Il Caffè Geopolitico

Immagine di copertina: Photo by un-perfekt is licensed under CC BY-NC-SA