La Cina risponde agli Usa, svalutato lo yuan

Dopo il fallimento dell’ultimo round di negoziati tra rappresentanti dei governi di Stati Uniti e Cina, l’Amministrazione Trump aveva annunciato, il primo agosto, l’imposizione di nuovi dazi del 10 per cento sui prodotti importati dalla Repubblica Popolare pari al valore di 300 miliardi di dollari all’anno. La tregua decisa durante il G20 era dunque solo una misura temporanea. Le nuove tariffe si aggiungono ai dazi già in vigore da metà maggio su beni importati dalla Cina pari a 200 miliardi di dollari all’anno. Le due maggiori economie del mondo sembrano quindi ben lontane dal risolvere la disputa commerciale e, se non ci saranno progressi nelle prossime settimane, a partire da settembre Washington imporrà tariffe molto alte su quasi tutti i beni in arrivo dalla Cina.

Ieri, 5 agosto, la Cina ha reagito alle mosse degli  Usa. Il governo di Pechino ha permesso il deprezzamento dello yuan, la moneta nazionale cinese. La svalutazione è stata di soli 0,1 punti e ha portato il tasso di cambio col dollaro a superare i 7 yuan, raggiungendo una soglia simbolica e determinando conseguenze destabilizzanti sui mercati finanziari. I funzionari del governo statunitense hanno detto che lavoreranno con il Fondo Monetario Internazionale per cambiare quello che descrivono come un comportamento sleale e poco competitivo da parte della Cina. Il valore della moneta cinese ha infatti toccato il livello più basso degli ultimi 11 anni, la conseguenza più immediata e visibile sarà rendere le esportazioni cinesi meno costose, ma potrebbero esserci effetti negativi anche per la stessa Cina. Per questa ragione, il presidente americano Donald Trump ha accusato la Cina via Twitter di aver manipolato i cambi, un’accusa che la banca centrale cinese ha rispedito al mittente definendo la mossa Usa un atteggiamento degno delle altre scelte protezionistiche dell’ex-tycoon. Oggi, 6 agosto, il Dipartimento del Tesoro Usa ha definito la Cina manipolatrice di valuta, non accadeva dal 1994. «Lo yuan – ha affermato il governatore della People’s Bank of China Yi Gang – non viene usato da Pechino per dirimere le controversie di natura commerciale». La Cina inoltre ha deciso di fermare le importazioni di prodotti agricoli provenienti dagli Usa, un punto di discussione centrale nei negoziati con gli Stati Uniti. I mercati temono un’ulteriore escalation della guerra commerciale, mentre gli analisti attendono altre e più pesanti imposizioni tariffarie. Larry Summers, ex segretario del Tesoro americano, ha scritto su Twitter che il mondo sta vivendo dal punto di vista finanziario il peggior momento dalla crisi del 2009. L’economista Rob Carnell – ASIA-PACIFIC, ING, SINGAPORE – ha detto a Reuters: «Quello che sta succedendo ad Hong Kong è un’altra causa di grande ansia e incertezza»