Trump e i passi indietro nelle politiche ambientali

L’Amministrazione uscente ha messo all’asta i diritti di trivellazione in un’area dell’Arctic National Wildlife Refuge, che ospita diverse specie animali protette, tra cui orsi polari, caribù e lupi. Ultimo atto di un mandato che lascia in sospeso molte questioni, compresa quella ambientale

Un Paese spaccato a metà, che ha smarrito il senso delle istituzioni, diviso su tutto e pronto a schiumare rabbia e violenza – non solo verbale, ma anche fisica e armata – in qualsiasi momento. L’immagine plastica dell’America lasciata in eredità dal presidente uscente Donald Trump al suo successore, il democratico Joe Biden, è il riflesso dei fatti inauditi avvenuti a Washington il 6 gennaio. Centinaia di sostenitori di Trump, diversi dei quali armati, hanno fatto irruzione nella sede del Congresso al Campidoglio, aizzati dal loro leader in persona a scendere in piazza per fermare la certificazione della vittoria di Biden alle elezioni presidenziali dello scorso novembre. Ore di follia conclusesi con quattro morti, diversi feriti e la sensazione che la democrazia americana dovrà fare ancora a lungo i conti con gli strascichi lasciati dal trumpismo. Strascichi che saranno di difficile ricucitura non solo a livello politico e sociale, ma anche ambientale.

Trump e le politiche ambientali

Nei quattro anni della sua Amministrazione Trump ha infatti fatto fare agli Stati Uniti degli enormi passi indietro sul fronte delle politiche ambientali e della transizione energetica. E l’ultima dimostrazione è la messa all’asta dei diritti di perforazione petrolifera di una vasta area dell’Arctic National Wildlife Refuge, area naturale protetta situata nella zona nord-orientale dello stato dell’Alaska. L’Arctic National Wildlife Refuge è il più grande dei sedici rifugi naturali dell’Alaska, esteso su un’area di circa 78.000 chilometri quadrati. Ospita diverse specie animali protette, tra cui orsi polari, caribù e lupi. In quella che è stata ribattezzata come l’ultima grande riserva selvaggia del Nord America, nei mesi invernali arrivano gli orsi per costruirsi le tane in cui partorire. Un’operazione per cui sono stati costretti a spotarsi negli ultimi anni sulla terraferma, a causa del progressivo innalzamento delle temperature e dello scioglimento dei ghiacci marini. Qui trovano il loro habitat ideale per partorire in primavera anche circa 20mila esemplari di caribù Porcupine (o caribù di Grant), una sottospecie della renna.

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A pochi giorni dalla fine del suo mandato, prevista per il prossimo 20 gennaio, Trump ha deciso di rompere questi delicatissimi equilibri ecosistemici vendendo al miglior offerente i diritti di perforazione per la durata di dieci anni in circa un milione di acri del rifugio (il 5% dell’area totale). Secondo le previsioni più ottimistiche, le perlustrazioni potrebbero portare alla scoperta di nuovi importanti giacimenti, come quello di Prudhoe Bay, il più grande giacimento petrolifero di tutto il Nord America situato a ovest rispetto all’Arctic National Wildlife Refuge. Per lo Stato dell’Alaska sarebbe una manna dal cielo. Le entrate derivanti dai contratti sottoscritti con le compagnie energetiche rappresentano infatti una voce fondamentale per le casse di questo Stato, e ad oggi si traducono in un assegno annuale di circa 1.600 dollari per ciascun suo residente.

Petrolio costoso, le banche negano i finanziamenti

Eppure, al momento l’appeal dell’area messa in vendita dall’Amministrazione Trump non pare aver riscosso particolare successo. Sebbene si stimi che nel sottosuolo dell’Arctic National Wildlife Refuge si trovino circa 11 miliardi di barili di greggio, l’area è particolarmente impervia e sprovvista di strade e altre infrastrutture che renderebbero particolarmente costoso e complicato sia attivare le trivelle che trasportare poi i barili estratti. Il risultato, per ora, è che diverse grandi banche statunitensi hanno dichiarato che non finanzieranno le perlustrazioni alla ricerca di petrolio e gas.

Sulla vicenda i gruppi di attivisti ambientali e le comunità indigene locali, che da decenni si battono per tutelare l’incolumità dell’area, non intendono mollare e sono pronti a tornare in tribunale. Tra pochi giorni il caso finirà sul tavolo del nuovo inquilino della Casa Bianca. Lo staff del nuovo presidente Biden ha nominato Deb Haaland per il ruolo di segretario degli Interni, la quale in passato più volte si è detta contraria alle trivellazioni nell’Arctic National Wildlife Refuge. L’impegno di Biden di rimettere al centro degli interessi degli Stati Uniti anche la questione ambientale nei prossimi mesi passerà inevitabilmente anche per quanto la sua Amministrazione deciderà di fare in Alaska. E in questa finora incontaminata riserva naturale.

Pubblicato su La Nuova Ecologia