5G: il cavallo di Troia tecnologico

Il 27 marzo 2019 il Garante della Privacy italiano, Antonello Soro, ha manifestato via Telegram preoccupazione per la presenza di aziende cinesi nel settore strategico del 5G. Ma cos’è esattamente il 5G?

Come noto, smartphone e tablet navigano grazie alle offerte dati che sono pagate agli operatori di telefonia mobile. La rete dati che utilizziamo per navigare è, al momento, contrassegnata da una sigla: 4G, ossia “quarta generazione”, in riferimento alle tecnologie dedicate all’interscambio di dati. Ovviamente, queste tecnologie sfruttano la complessa rete di antenne, frequenze e stazioni radio per comunicare; di conseguenza, è naturale che con il tempo tali soluzioni tendano a un miglioramento e a un’evoluzione. Arriviamo così al 5G, ossia alla “quinta generazione” di tecnologie per lo scambio dati che permetterebbe una tale velocità da garantire lo sviluppo di nuovi servizi telematici ad alta affidabilità. In questo scenario di grande fermento, tutti i Paesi cercano di dare il proprio contributo, anche se i principali restano i soliti noti: Stati Uniti, Giappone e Cina. Quest’ultima, in particolare, è stata tra le prime a utilizzare il 4G, dimostrando una grande capacità di sviluppo.

Per avere una dimensione di quanto affermato, basti sapere che la Cina da sola si aspettava per la fine del 2017 circa un miliardo di connessioni in 4G: una forza niente affatto trascurabile, che vanta molti aspetti positivi ma anche molte ombre. Per tutto il 2018 gli Stati Uniti, che per molti sono l’altra faccia della medaglia, hanno provato a contrastare il dominio di Huawei, la principale società cinese di telecomunicazioni, che però ha continuato ad avanzare senza sosta.

Il Garante italiano è stato chiaro in merito: «La preoccupazione, da noi espressa nei mesi scorsi, è per la presenza delle aziende cinesi in questo settore strategico, con i flussi informativi che inevitabilmente ne conseguono».

Ma quali sono i rischi per un Paese e quali contromisure è possibile prendere? Prima di tutto, è importante capire che stiamo parlando di una rete di comunicazione e, quindi, della copertura di un territorio molto esteso, che unisce il mondo occidentale a quello orientale, permettendo a una possibile minaccia di propagarsi senza soluzione di continuità. Il fatto che la tecnologia provenga da una zona non occidentale ed extra europea, e in particolare da un Paese notoriamente conosciuto per politiche di gestione delle comunicazioni molto “autoritarie”, non lascia molto più tranquilli. Ricordiamo, ad esempio, che in Cina tutte le comunicazioni sono filtrate dal firewall chiamato “Golden Shield Project”, che la comunicazione non è del tutto libera e che, sovente, chi vuole visitare siti oscurati deve far uso di connessioni alternative.

COSA PUÒ FARE L’ITALIA?

Il COPASIR, ossia il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica italiana, può monitorare lo stato d’impiego delle infrastrutture, perché «riceve dalla Presidenza del Consiglio dei ministri la relazione semestrale sull’attività di AISE e AISI (i servizi segreti, ndr), contenente un’analisi della situazione e dei pericoli per la sicurezza». Ma le preoccupazioni sul 5G riguardano tutti i Paesi europei. La Germania, ad esempio, sta ricevendo fortissime pressioni per escludere completamente Huawei dal proprio mercato. Pochi giorni dopo alcuni articoli usciti sul tema, la cancelliera Angela Merkel ha dichiarato che sarebbe stata disposta a collaborare con Huawei, voltando quindi le spalle agli Stati Uniti, che boicottano l’invasività della compagnia di Pechino.

Anche la Gran Bretagna è seriamente preoccupata per la condizione della sicurezza dell’hardware e del software cinese, facilmente hackerabile a detta degli Stati Uniti. In un articolo del 29 marzo scorso, apparso su Cellulare-Magazine, si legge in proposito a un fascicolo proveniente dal National Cybersecurity Center (NCSC): «Mentre lo stato attuale dei prodotti e servizi non rappresenta una minaccia immediata per la Gran Bretagna, il modo generale in cui Huawei si avvicina allo sviluppo del software e delle infrastrutture è altamente preoccupante e motivo di allarme». Eppure, nonostante le preoccupazioni di alcuni Paesi e le incessanti pressioni degli Stati Uniti, niente sembra avere effetto contro la crescente presenza del colosso cinese in Europa.

RISCHI E POSSIBILI SCENARI

Cerchiamo infine di capire quali siano i rischi. Per semplificare, diciamo che lo spazio aereo è diviso in celle e che la rete mobile è composta da un insieme di stazioni di ricetrasmissione. Ogni stazione monitora e gestisce un certo numero di celle. Ogni cella ospita un certo numero di utenti: le telefonate e i pacchetti dati entrano dentro la stazione di ricetrasmissione, che le dirotta verso la destinazione prefissata. A fare buona parte del lavoro sono i dispositivi hardware: le antenne, le stazioni di ricetrasmissione, le centrali di dirottamento dei dati. Ognuno di questi è governato da un software ed è proprio questo che gli Stati Uniti denunciano essere debole. Se questo software venisse hackerato, ci sarebbero diversi possibili scenari: il primo è lo spionaggio, il secondo è l’alterazione, e il terzo è la distruzione. Al primo scenario siamo stati abituati dalle notizie dei media, basti ricordare la guerra di cyber-spie durante l’elezione di Trump. Il secondo è il più pericoloso: l’alterazione è meno evidente, ma comporta il problema di determinare quale fosse il messaggio originale; inoltre, il rischio di alterazione dei messaggi è il motivo per il quale molti sviluppatori di applicazioni hanno adottato la cifratura end-to-end tanto antipatica ai governi. Il terzo scenario è la distruzione di dati e messaggi, cui si può far fronte ma con tempi più lunghi e costi non indifferenti. L’unica speranza concreta oggi è che l’Europa eserciti un controllo reale sul funzionamento degli apparati e dei software, pretendendo livelli di servizio realmente competitivi e applicando le sanzioni previste senza attesa o negligenza.

A woman stands at the booth of Huawei featuring 5G technology at the PT Expo in Beijing, China September 28, 2018. Picture taken September 28, 2018. REUTERS/Stringer 

Articolo tratto dal numero 5 della rivista Babilon Magazine: Silk and Rain
Scopri il nuovo numero: L’Iran funesto