Italia e politica internazionale

Marco Rota Buraschi, insieme ad Andrea Sberze, è il fondatore di Delphis International Consulting, una struttura di analisi e consulenza per le aziende. I suoi interessi riguardano la geopolitica e i temi della sicurezza. Gli ho rivolto alcune domande per alleo.it sull’Italia e politica internazionale, nella prospettiva europea ed in altre a più ampio raggio ed è nata una piacevole conversazione.

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Ora che è conclusa la Brexit, la Francia avrà lo spunto per riempire quel vuoto?

In Italia, a mio avviso, la questione Brexit è stata affrontata e inquadrata male, come qualsiasi cosa riguardi la politica estera, che in pochi conoscono e di cui nessuno si occupa. Brexit è un argomento brandito per fare campagne elettorali, per polarizzare il pubblico, soprattutto sui social network.

Mi limito a qualche considerazione geopolitica. L’accordo di commercio/cooperazione (TCA) tra Regno Unito e Unione Europea è un trattato tra parti contraenti indipendenti e sovrane. In sostanza, Londra e Bruxelles hanno cristallizzato un nuovo assetto geopolitico; tra le due parti permangono relazioni, tramite accordi, che attengono prevalentemente ai temi della sicurezza e del commercio.
Il Regno Unito vuole ricollegarsi integralmente al Commonwealth e agli Stati Uniti d’America, cementare un’area di libero scambio tramite convenzioni fino al Giappone, passando per la Città-stato di Singapore e Hong Kong (quest’ultima con qualche criticità geopolitica).

Probabilmente Londra ne uscirà gradualmente subordinata a Washington, vedremo, bisogna capire alcuni sviluppi: quale sarà la velocità di implementazione nel nuovo reattore sperimentale a fusione nucleare britannico, come procederà la corsa anglo-americana allo spazio, quali saranno i prossimi impegni militari dei Paesi dell’Anglosfera.
La geopolitica determina i rapporti di forza. Ma i rapporti di forza sono il risultato della dissuasion militare, come la chiamano i francesi. Il resto è Infowar.

Per quanto concerne il Mediterraneo e l’Asia mediterranea, Londra può esercitare la propria proiezione di potenza da Tangeri all’Oceano Indiano, passando per Gibilterra, Malta, Cipro e Gibuti, in particolare nel quadrante energetico di East Med, dove si impone il concetto di “Grande Israele”. Il Regno Unito, peraltro, sta estendendo le sanzioni in ordine alla perforazione del Mediterraneo orientale. Va ricordato che nel Mediterraneo, la flotta britannica è sempre quella più potente, dopo quella degli Stati Uniti.
Quanto alla Francia, essa mi sembra più interessata a promuoversi come leader nel campo della sicurezza europea, a far da guida in questo senso, mantenendo un presidio in Africa che, mi duole dirlo, difficilmente potrà far coincidere il proprio interesse con quello italiano.

In cosa consiste la Nuova Grande Israele? Ha cambiato solo il metodo o anche la dottrina politica?

Nella cultura politica che è alla base dello Stato d’Israele, quest’ultimo si estenderebbe dal “Torrente d’Egitto” all’Eufrate, interessando sia il Libano che una parte della Siria. Per quel che so, le relazioni internazionali degli ultimi trent’anni che hanno riguardato il Medio Oriente hanno attinenza con quest’idea “messianica”, persino il dibattito in corso in Arabia Saudita si connette al concetto di Grande Israele.

A mio avviso questo concetto può rappresentare un fattore di stabilità e di ulteriore normalizzazione dei rapporti con gli Stati arabi sunniti. Certamente l’Intelligence israeliana ha dato un vasto contributo di analisi a queste elaborazioni politiche.

La Germania nella transizione post Merkel rivedrà la sua politica tendenzialmente centrista oppure questa era legata troppo personalmente alla figura della Cancelliera?

La Westbindung fondata da Konrad Adenauer è incentrata classicamente su sette pilastri: il rapporto privilegiato con gli Stati Uniti; quello speciale di non belligeranza con la Francia; l’adesione all’UE; l’appartenenza alla NATO, il multilateralismo, l’imprinting culturale “renano” intrecciato al Luteranesimo come ideologia del rispetto dello Stato e delle istituzioni; la proiezione di potenza verso l’esterno, che deriva dallo Standestaat e dall’organizzazione cetuale.

Il programma centrista di Angela Merkel, che è stato coerente con quello dei padri fondatori, verrà confermato anche dal suo successore. I rapporti con la Russia sono deteriorati, quelli con la Cina solo mercantili. A mio parere ci sarà continuità, soprattutto perché i tedeschi credono molto nella disciplina e nel rigore, hanno fatto riforme strutturali trent’anni fa, posseggono la liquidità economica per rimodulare il Welfare State, guideranno il blocco carolingio (che ho richiamato più volte in passato) soprattutto sul piano della gestione finanziaria e della programmazione economica, “appaltando” ai francesi la guida della difesa europea. Berlino sta lavorando molto sui temi dell’Intelligenza Artificiale, del Fintech, e pochi sanno che in Nord Africa i tedeschi contano più di francesi e turchi, ma nessuno ne parla…

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La Turchia alzerà la tensione nei confronti dell’Europa?

Per capire la visione neo-ottomana della Turchia, e il suo tentativo di darsi una proiezione di potenza, guardiamo la Libia.
La cooperazione tra Turchia e Qatar è ottima ed è stata cementata, sull’altro fronte, dal patto tra Emirati Arabi Uniti ed Israele (nell’ambito dei cosiddetti Accordi di Abramo) in cui gli emiratini si sono mossi previo il consenso dei sauditi, sostenitori di Haftar in Libia, e ovviamente avversari del Qatar.

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