Nel primo numero di Babilon avevamo messo in copertina il colonnello Gheddafi per rappresentare l’incertezza che è seguita alla sua destituzione dal governo della Libia e che tuttora permane. Nel secondo numero, abbiamo più provocatoriamente scelto la controversa figura di Bashar Al Assad che, invece, resta – per il momento – saldamente al potere.

Abbiamo optato per un’immagine forte: quella del fotomontaggio di un gesto irriverente che il presidente siriano rivolge all’osservatore, così come rappresentato all’interno della campagna 2013 di Reporter Sans Frontières, l’organizzazione non governativa parigina che si batte per la libertà di stampa (e cui è riconosciuto lo status di consulente delle Nazioni Unite).

Il significato sta tutto nel titolo: «Sono ancora qui, gente!». Perché, nonostante il volto trasfigurato di molti territori e città della Siria; nonostante dieci milioni di profughi dispersi oltrefrontiera; nonostante le oltre cinquecentomila vittime (ormai si è smesso di contarle) della guerra civile; e nonostante il Paese sia ormai in mano a potenze straniere che ne gestiscono ciascuno una fetta in maniera quasi esclusiva; nonostante tutto ciò, lui è ancora in piedi.

 

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Come una foglia di fico, infatti, il presidente siriano serve oggi a evitare l’imbarazzo del peccato originale – non dimentichiamo mai che ad Assad vanno ascritte quantomeno le responsabilità dei primi tumulti – e a distogliere la vista dalla verità. Cioè che questo Paese non esiste più, perché è stato cannibalizzato da quanti desiderano mutare la realtà geopolitica della regione.

Dopo un secolo in cui gli accordi di Sykes-Picot avevano garantito un equilibrio e un argine alle dispute regionali (mai peraltro sopite), ecco dunque che la cartina geografica cambia e, dopo essersi tinta di rosso sangue, potrebbe in futuro assumere i colori di una o più bandiere.

Non lo desidera la Russia, lo vogliono in parte l’Iran e la Turchia. Di certo non lo vogliono Israele, Arabia Saudita e Stati Uniti d’America. Per tutti, in ogni caso, la soluzione di comodo di tenere in piedi il fantoccio Assad è migliore della prospettiva di un trattato di pace che scontenterebbe una parte rispetto a un’altra, e anche di una guerra di più ampio raggio, che richiederebbe sforzi bellici notevoli.

Così, ecco che Bashar Al Assad, passato da una vita da giovane studente di oftalmologia nell’agiata Londra a quella di comandante in capo di un regno di sangue, si ritrova ostaggio insieme al suo Paese, sballottato da quanti gli chiedono di fare un passo indietro (gli USA) e quanto gl’impongono di tirare dritto (la Russia). Chissà cosa preferirebbe, se potesse scegliere. Ma una scelta non c’è, perché il rischio di creare una situazione ben peggiore della Libia odierna è dietro l’angolo. Tutti lo sanno. Perciò, lo lasciano stare. Almeno, sino a che la storia non lo giudicherà per quello che è o che è stato.

Oltrefrontiera News, in collaborazione con Il Caffè Geopolitico, presenta il secondo numero di Babilon, la prima rivista bilingue di geopolitica. L’evento si terrà venerdì 29 giugno alle ore 18 a Milano presso la libreria OPEN Milano. Interverranno Arturo Varvelli, Gian Micalessin, Luca Steinmann, Stefano Piazza e Matteo Guidotti. Free entry e aperitivo, non mancate!