Ricopre la 26esima posizione nella classifica Cities In Motion delle IESE Business School ed è sicuramente la città più innovativa della Spagna, ma anche un’ottima rappresentante del Sud Europa all’interno dell’Unione Europea. Barcellona si è dimostrata lungimirante per aver saputo avviare con anticipo rispetto ad altre città una strategia di innovazione e trasformazione digitale che la rende oggi un punto di riferimento nel panorama internazionale. La capitale catalana ha infatti iniziato già nel 2012 a implementare le prime soluzioni digitali a supporto della Smart City, un concetto ampio, che si declina secondo diverse dimensioni e che lascia spazio a più interpretazioni. Oggi infatti non esiste una definizione precisa della Smart City né tantomeno una ricetta specifica sulle tecnologie e le soluzioni digitali da adottare per trasformare una città rendendola intelligente e connessa. Sicuramente l’Internet of Things e la diffusione delle reti 5G costituiscono oggi uno degli elementi cardine di tutti i piani di investimento e sviluppo urbano delle metropoli che ambiscono a entrare nel novero delle città più intelligenti. Infatti tale tecnologia, utilizzata sempre più non soltanto in ambito pubblico, ma anche privato, rappresenta un vero e proprio abilitatore di servizi, in quanto consente di connettere tra loro devices di diversa natura e li rende capaci di interagire tra loro attraverso lo scambio in tempo reale di dati, che grazie al contributo dell’intelligenza umana, vengono trasformati in flussi di informazione preziosissimi per monitorare le numerosi reti e infrastrutture che fanno parte del sistema di gestione urbano di ogni città.
Barcellona ha dedicato gran parte dei propri investimenti a diversi progetti volti allo sviluppo e al miglioramento della mobilità e della rete dei trasporti. Tra le iniziative più all’avanguardia rientra l’installazione di un sistema di sensori nascosti nel manto stradale della città che rilevano la presenza di parcheggi liberi e inviano automaticamente un segnale, riducendo così a livello aggregato le emissioni e la congestione del traffico. Degno di nota è anche il sistema di illuminazione intelligente che ha sostituito i tradizionali impianti elettrici attraverso la diffusione capillare di una rete di luci a LED provviste di sensori capaci di rilevare parametri ambientali come l’umidità, la temperatura e l’inquinamento, ma anche la presenza di persone in un dato luogo. I sensori connessi a un sistema di gestione centrale inviano i dati in tempo reale e consentono quindi di erogare l’illuminazione in modo più efficiente in base ai luoghi più affollati della città. Un ulteriore caso di successo di applicazione dell’Internet of Things è rappresentato dall’installazione di sensori nei cestini e nei bidoni per la raccolta dei rifiuti in città: in questo modo si può essere sempre aggiornati su quali sono le vie nelle quali è necessario mandare le squadre per la raccolta dei rifiuti, gestendo quindi in modo più efficiente la rete di operatori attivi nella città.
Ma non si tratta soltanto di tecnologie: realizzare una Smart City va ben oltre l’installazione di sensori sparsi nella città e l’utilizzo dei data analytics per guidare le scelte di efficientamento delle infrastrutture. Una città che mira a diventare intelligente deve in primis preoccuparsi di creare una strategia di sviluppo urbano che sappia mettere al centro le persone in quanto cittadini e utenti dei servizi pubblici offerti. L’innovazione deve passare in prima battuta da un’analisi approfondita dei bisogni dell’uomo e delle necessità da soddisfare, poiché solo così essa può contribuire al miglioramento collettivo della qualità della vita in città. Ne è testimonianza il modello dei Superblock, uno dei progetti più illuminati intrapresi dalla città, che la rende un caso di successo studiato e ammirato anche da molte metropoli statunitensi. Si tratta di un progetto di urban design che mira a ridurre in modo sensibile il traffico, l’inquinamento ambientale e in senso lato il modo di vivere la città, favorendo così uno sviluppo urbano incentrato maggiormente sui pedoni, che possono usufruire dei luoghi pubblici e sfruttare i servizi, creando così un vantaggio economico anche per le attività commerciali del territorio. Il modello prevede di dividere la mappa della città in quadrati che raccolgono 9 blocchi abitativi ciascuno e limitare il traffico stradale all’interno di queste zone, creando linee metropolitane e parcheggi sotterranei che liberano spazio in superficie, garantendo al contempo la possibilità di spostarsi in modo rapido tra le diverse aree della città. Il modello, sperimentato a partire dal quartiere Eixample, che possiede una conformazione particolarmente adatta a una suddivisione planimetrica di questo tipo, si è rivelato di successo sotto tutti gli aspetti ed è stato quindi esteso ad altre zone della città, dimostrando di essere un’opzione valida anche in contesti diversi. Perciò l’utilizzo delle tecnologie costituisce soltanto un tassello di un mosaico ben più articolato che va a comporre il disegno urbano della città e di tutti i servizi pensati per le persone. Questa linea di pensiero è stata sposata anche da Francesca Bria, Chief Technology Officer di Barcellona, che ogni giorno lavora per rendere la città un luogo in cui il popolo abbia la possibilità di far sentire la propria voce e di partecipare in modo co-creativo allo sviluppo di progetti a favore della Smart City. Il concetto infatti rischia spesso di essere snaturato ed essere associato esclusivamente a un monopolio dei dati che rimane quasi sempre in mano ad aziende private, che sfruttano le informazioni raccolte sullo stile di vita delle persone per aumentare i ricavi e gonfiare i profitti. Una vera Smart City invece, su avviso della Bria, è quella che mette i dati in mano ai propri cittadini, che comunica e condivide le informazioni in modo trasparente e ingaggia le persone negli obiettivi di sviluppo urbano. Un concetto che può essere ben riassunto nell’espressione «Sovranità tecnologica del popolo», e che ha portato Barcellona a focalizzare i propri investimenti sulle priorità votate ed espresse innanzitutto dai cittadini: l’edilizia residenziale popolare, la mobilità sostenibile, l’aumento degli spazi verdi e lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile. Passeggiando tra le vie della città, dalla Barceloneta a Gracia, si può di certo notare come il Comune abbia reagito proattivamente alle istanze dei cittadini, e di come si sforzi costantemente per migliorare la qualità della vita in una città che attrae un flusso di turisti intenso in ogni periodo dell’anno.
Fig. 2 – Francesca Bria è Chief Technology Officer del Comune di Barcellona
Quali sono quindi i tratti distintivi che rendono Barcellona una città pionieristica nello sviluppo di soluzioni smart rispetto ad altre realtà internazionali? Sicuramente spicca per i progetti relativi alla mobilità, allo urban planning e alla governance dei processi innovativi, nonché per la forte attrattività internazionale che la rende un punto di riferimento sul panorama europeo per il suo ricco tessuto di startup innovative, di venture capital e acceleratori che favoriscono uno sviluppo in tal senso. Tuttavia, uno degli aspetti che rende la città degna di nota, è la capacità di investire in modo molto bilanciato in progetti che affrontano tematiche diverse. Dalla mobilità all’ambiente, Barcellona vanta un buon livello di welfare economico accompagnato al contempo da un pari livello di coesione sociale, sintomo che le politiche promosse dal Governo riescono davvero a valorizzare le istanze dei cittadini e renderli protagonisti della loro città. Sono molte infatti le metropoli a livello internazionale che vantano performances eccellenti su alcune dimensioni specifiche, ma che ottengono risultati deludenti su altre. Barcellona, stando alla classifica Cities in Motion, rientra tra i Challengers, cioè quelle città come anche Milano, Helsinki e Francoforte, che in pochi anni sono riuscite a scalare la classifica. Sicuramente esistono ancora ampi spazi di miglioramento per Barcellona, ma il fermento culturale e la forte spinta all’innovazione che si respira in città contribuiranno anche in futuro a rendere la capitale catalana un punto di riferimento nel panorama internazionale, grazie al suo modello di governance urbano che punta alla democratizzazione e al coinvolgimento delle persone nei processi decisionali.
Chiara Bellucci, Il Caffè Geopolitico
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