Il 31 luglio il reparto investigativo bielorusso ha accusato il Cremlino di complotto e interferenza. Lo scopo: disturbare, a proprio favore, le elezioni presidenziali in Bielorussia del 9 agosto. I mercenari in questione, dei privati, nonostante non fossero affiliati direttamente al Governo russo, sono stati detenuti con l’accusa di organizzare rivolte di massa e di incitare l’ostilità popolare. Secondo lo stesso Lukashenko, questo tentativo di interferenza dimostrava quanto il Cremlino avesse paura di perdere il controllo sulla Bielorussia.
Nella prima versione dei fatti, l’ambasciatore russo a Minsk ha affermato che gli uomini avevano semplicemente perso un volo all’aeroporto e avevano bisogno di un posto dove stare prima di prenderne un altro, diretto in Venezuela. Una versione poco credibile, tenendo conto che, se in transito, i 32 uomini avrebbero cercato sicuramente un alloggio più vicino all’aeroporto, rispetto a quello scelto.
Il gruppo di 32 mercenari, dopo essere atterrati a Minsk, si sono insediati in un hotel, come se fossero di passaggio, nonostante la residenza fosse estremamente lontana dall’aeroporto. La notte del loro arrivo i 32 ospiti hanno ricevuto la visita di un’unità del KGB bielorusso, che li ha caricati su dei furgoni non identificabili e li ha portati alla centrale di polizia della capitale. Nella prima versione fornita dal governo bielorusso, Lukashenko ha convocato una riunione d’emergenza tra gli alti funzionari della sicurezza, evincendo che i 32 detenuti russi erano mercenari con loschi fini e intenzionati a interferire nelle elezioni presidenziali. Durante l’incontro, Valery Vakulchik, fino a quel momento capo del KGB, in quell’occasione aveva confermato che i soggetti appartenevano al Gruppo Wagner.
Dopo i risultati delle presidenziali, ma soprattutto con l’inizio delle rivolte a Minsk, Lukashenko ha deciso di rinnovare i rapporti con Vladimir Putin, che non ha esitato a tendere la mano al collega per salvarlo dall’onda progressista e filoeuropea. Di conseguenza, è stata elaborata una seconda versione della vicenda, riconosciuta come ufficiale da Minsk e Mosca. Secondo questa rielaborazione degli eventi, gli uomini erano stati attirati in Bielorussia da spie ucraine, che progettavano di sequestrare il loro aereo mentre sorvolava l’Ucraina e di far arrestare gli uomini, con l’accusa di aver partecipato al conflitto in Donbass con i miliziani separatisti filorussi.
Il 14 agosto Minsk ha quindi ordinato il rilascio dei mercenari, permettendo il loro rientro in Russia. Al ritorno in Russia, molti di loro sono apparsi in televisione e hanno sostenuto di non avere alcun legame con il Gruppo Wagner e di essersi semplicemente fermati in Bielorussia in viaggio verso il Venezuela, dove avevano il compito di sorvegliare una struttura russa non rivelata. Poco dopo, il capo del KGB Vakulchik, che presiedeva al loro arresto, è stato rimosso e sostituito con un nuovo capo della sicurezza, suggerito e apprezzato da Mosca.
Il 18 agosto, i media ucraini hanno riferito che il Servizio di sicurezza ucraino (SBU) e la Direzione principale dell’Intelligence del Ministero della Difesa stavano preparando un’operazione per arrestare i membri della Wagner PMC, coinvolti nel conflitto in Donbass. Il gruppo doveva volare da Minsk a Istanbul. Poi, secondo il piano, uno dei passeggeri avrebbe finto un malessere durante il volo costringendo l’aereo ad un atterraggio di emergenza a Kiev, dove i componenti della Wagner PMC dovevano essere trattenuti.
I media hanno sostenuto che l’operazione è stata riferita al presidente Volodymyr Zelensky e al capo dell’ufficio del presidente Andriy Yermak. I servizi segreti bielorussi sono venuti a conoscenza dell’operazione dopo la fuga di notizie. L’informazione è stata negata dalle autorità ucraine, che hanno invece rilanciato le responsabilità al Cremlino. Il capo della Direzione principale dell’Intelligence del Ministero della Difesa ucraino, Kyrylo Budanov, ha affermato che il viaggio del gruppo Wagner, durante il quale sono i mercenari sono stati detenuti in Bielorussia, è stata un’operazione speciale dei servizi speciali russi. Il capo dell’Ufficio del Presidente dell’Ucraina Andriy Yermak ha interpretato le informazioni sul presunto coinvolgimento dei servizi speciali ucraini nella comparsa e nella detenzione di militanti russi in Bielorussia come una deliberata disinformazione. Il Servizio di sicurezza dell’Ucraina ha anche negato il proprio coinvolgimento nella storia.
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Il 4 settembre, il partito politico ucraino “Solidarietà Europea” aveva richiesto la creazione di una commissione d’inchiesta, ad interim, per indagare sul coinvolgimento di alti funzionari ucraini nell’estradizione dei membri di Wagner dalla Bielorussia alla Russia. Lo stesso giorno, Volodymyr Ariyev, membro del partito, ha reso pubblici i documenti che dimostrano come i servizi speciali ucraini abbiano effettuato un’operazione speciale volta ad arrestare i mercenari del PMC. Ora il Governo ucraino, che ha dichiarato di non essere a conoscenza di questa operazione speciale, insiste con l’estradizione di alcuni membri del gruppo Wagner a Kiev, perché questi vengano processati per crimini di guerra in Donbass.
L’estradizione e il deterioramento dei rapporti ucraini con Minsk e Mosca
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto l’estradizione di alcuni membri del Gruppo Wagner PMC, prima detenuti in Bielorussia con l’accusa, appunto, di aver tentato di destabilizzare la campagna elettorale per le elezioni presidenziali in programma ad agosto. Zelensky ne ha parlato durante il suo incontro con Alexander Lukashenko avvenuto ad agosto. I membri del gruppo Wagner sono accusati di crimini di guerra e, secondo l’Ucraina, ci sono prove di sufficienti per aprire un processo. Attorno a tale richiesta di estradizione ruotano le relazioni internazionali ucraine con Minsk e Mosca, in costante declino. Riguardo il caso Navalny, per esempio, Kiev ha condannando il Cremlino e ha chiesto l’imposizione di sanzioni internazionali contro la Russia. Ora l’Ucraina chiude le porte a Minsk e, di conseguenza, blinda quelle con Mosca. A seguito del mancato accoglimento delle richieste di Kiev da parte di Minsk, il governo ucraino ha dichiarato la sospensione delle comunicazioni e delle attività di cooperazione con la Bielorussia.
Che cos’è la Wagner PMC
Negli ultimi vent’anni è stata registrata la nascita e crescita di diverse compagnie militari private (PMC). Nel corso degli anni ’90, in Russia c’è stato un aumento della domanda interna di servizi di sicurezza, che ha portato alla crescita di una grande industria nazionale di protezione privata. La caduta dell’URSS ha lasciato molti ex soldati, membri di forze speciali d’elite e professionisti dell’intelligence senza lavoro. Molti di questi ex soldati si sono associati con veterani appartenenti alle loro vecchie unità, creando nuove aziende di sicurezza privata. Gradualmente, queste aziende e associazioni hanno iniziato a cercare affari a livello internazionale, ma sono stati bloccati dalla soffocante presenza di agenzia di sicurezza occidentali, preesistenti.
Nel 2010 però l’espansione di queste compagnie russe ha avuto nuovo vigore. La più nota è il Gruppo Wagner, presumibilmente finanziate e gestito da Yevgeny Prighozin, uomo di potere legato al Cremlino. L’ascesa delle PMC russe è coincisa con gli sviluppi della dottrina e della strategia militare russa riguardo l’uso e il ruolo degli attori non statali nei conflitti, quindi non legati al Cremlino. Oltre ad aver operato, per conto di Mosca, in Libia e Sudan, la PMC si è resa famosa per le proprie azioni in Ucraina orientale. Questa ha infatti giocato un ruolo chiave nell’invasione russa del Donbass nel 2014. Ha partecipato sia nel combattimento diretto, sia nell’addestramento e la supervisione di varie forze ribelli. La distribuzione dei membri Wagner è stata controllata dal servizio segreto militare russo e vi sono evidenze che mostrano come la PMC abbia operato a favore del governo nell’eliminazione di alcuni oppositori del Cremlino.
PHOTO: president.gov.ua
Luca Mazzacane
Nato a Pavia nel 1994, Dr. in Lingue e Culture Moderne presso Università di Pavia (BA), Dr. in Global Studies presso LUISS Roma, diplomato in Analisi del rischio politico presso l’Istituto Affari Internazionali di Roma; diplomato in Multimedia Journalism presso Deutsche Welle, a Berlino, tirocinante presso Formiche Edizioni. Appassionato di geopolitica, specialmente del mondo Est europeo. Parla fluentemente francese, inglese, russo e spagnolo.
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