Dopo un periodo di grandi tensioni tra il governo di Bruxelles e quello di Riad in merito alla gestione della Grande Moschea di Bruxelles, i belgi hanno fatto saltare il tavolo. A far data dal 7 marzo, gli attuali amministratori del centro di culto hanno un anno di tempo per lasciare il Paese. L’atto formale verrà intimato al governo saudita nelle prossime ore, ma il dado è ormai tratto. Il governo federale belga non tornerà sui suoi passi perché dietro alla decisione c’è la commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sugli attacchi terroristici che hanno insanguinato il Belgio negli ultimi tre anni.

Ma non solo. Da tempo quello che accadeva all’interno della Grande Moschea era diventato un grande problema per le autorità di polizia belghe e per i servizi di sicurezza. Troppi i legami dei membri della comunità con i predicatori salafiti e con esponenti dell’islam radicale in Belgio. Troppi i giovani che dopo essersi formati o essersi convertiti all’interno dell’edificio ubicato nel Parco del Cinquantenario a Bruxelles – ironia della sorte accanto alle istituzioni europee – sono partiti per la Siria e l’Iraq per combattere al servizio dei gruppi jihadisti. Troppo il sangue versato in Belgio a causa degli attentati commessi da islamisti.

A peggiorare il clima il fatto che negli scorsi mesi Mohamed Galay, uno degli imam della Grande Moschea di Bruxelles considerato un «radicalizzato», è stato privato del permesso di soggiorno in Belgio per i suoi legami con il movimento salafita. Galay ha fatto ricorso ma le speranze di vincerlo sembrano ridotte al lumicino.

La decisione dell’esecutivo belga di rimandare i sauditi “armi e bagagli” a Riad con la rescissione unilaterale del contratto di locazione firmato nel 1969 e valido per 99 anni, non è il solo atto di rottura nei confronti dei Paesi del Golfo Persico. Il governo belga si prepara infatti ad annunciare maggiori controlli sui flussi finanziari ai luoghi di culto islamici provenienti dalla regione.

Chiusa questa partita, si aprirà quella di far digerire questa decisione all’erede al trono saudita Mohammed Bin Salman – detto MBS – notoriamente poco incline al compromesso, in modo che non ritiri i cospicui investimenti fatti in Belgio. Di questo compito si occuperanno il ministro degli Interni Jan Jambon, il ministro della Giustizia Koen Geens, il ministro degli Esteri Didier Reynders e i diplomatici dell’ambasciata belga a Riad. Comunque si concluderà questa vicenda, essa rappresenta la fine di un’era iniziata nel 1969 quando il Re Baldovino, un fervente cattolico soprannominato il “Re triste”, per agevolare i contratti di fornitura petrolifera a prezzi di favore tra il Belgio e l’Arabia Saudita, siglò “il patto con il diavolo”. Un patto che adesso viene letteralmente spazzato via.