Corea del Nord, così l'Italia viola le sanzioni Onu

Sono 62 i Paesi accusati di violare le sanzioni Onu imposte alla Corea del Nord e tra questi c’è anche l’Italia, ancora. L’Institute for Science and International Security (Isis) nel periodo compreso tra il 2019 e il 2020 ha identificato più di 250 presunte violazioni delle sanzioni contro la Corea del Nord previste dalle Risoluzioni Onu adottate dal 2006 in poi. Trentuno dei 62 Paesi indicati dal report datato luglio 2020 sono responsabili di presunte violazioni multiple, vale a dire due o più, delle sanzioni previste. Venti Paesi sono accusati di più di cinque violazioni documentate. In cima alla lista dei Paesi coinvolti in queste attività illecite c’è la Cina, che da sola rappresenta quasi il 25% delle violazioni totali avvenute tra il 2019 e il 2020. Le attività illegali riguardano: il settore militare; attività economiche e finanziare, per esempio l’impiego di forza lavoro nordcoreana; vendita di beni alla Corea del Nord; importazioni di beni dalla Corea del Nord e la fornitura di servizi di trasporto.

L’Italia viene menzionata più volte nel report dell’Isis. Il nostro Paese figura con Hong Kong tra le due nazioni accusate di averle legami con banche nordcoreane. Con il Qatar e l’Austria, l’Italia è anche accusata di aver ospitato calciatori nordcoreani garantendo loro uno stipendio mensile. Ma secondo la Risoluzione 2397 delle Nazioni Unite approvata nel dicembre 2017, gli Stati membri dell’Onu sono tenuti a rimpatriare i lavoratori nordcoreani. La norma, nella sostanza, è stata pensata per vietare il lavoro dei cittadini nordcoreani all’estero, che potrebbero diventare una fonte di valuta estera per il regime da utilizzate, ad esempio, per il programma atomico. Han Kwang Song, stella del calcio nordcoreano, è solo uno dei calciatori arrivati in Italia negli ultimi anni per fare carriera. Han, ex attaccante del Cagliari, a gennaio 2020 è stato venduto dalla Juventus alla squadra del Qatar Al-Duhail SC per 5 milioni di euro.

L’Italia, la Francia, la Russia e la Tunisia sono accusate di aver fornito servizi finanziari alla Corea del Nord, per esempio permettendo l’apertura o l’accesso a conti bancari, o di aver mancato di congelare i beni dei cittadini nordcoreani. La questione, per l’Italia, non è certo nuova. Nel marzo del 2018 il gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulla Corea del Nord aveva diffuso un rapporto sulle violazioni del regime di sanzioni imposte a Pyongyang. Nel documento l’Italia compariva più di una volta. In primo luogo, per aver venduto vini e vermut, pari a 46,992 dollari, tra i mesi di luglio 2016 e febbraio 2017, in aperta violazione del bando in vigore. Non solo, nel documento riemergeva il nome di Kim Su Gwang, un ex dipendente del Programma alimentare mondiale dell’Onu (World Food Programme), già noto per aver fruttato il suo incarico di funzionario a Roma come copertura per l’attività di agente segreto alle dipendenze del giovane Kim Jong un. Il panel di esperti Onu aveva analizzato le transazioni avvenute per conto di Kim Su Gwang attraverso due importanti istituzioni finanziarie italiane. Secondo il rapporto, Kim Su Gwang aveva aperto almeno sei conti bancari in Italia utilizzando vari nominativi: quello del padre, della madre, della sorella e della moglie. Tutti questi conti a marzo 2018 figuravano chiusi ad eccezione di uno solo, quello a nome della moglie di Kim Su Gwang, Kim Kyong Hui, aperto a marzo 2014, due mesi dopo il congelamento dei beni disposto dalla Francia. E proprio la Francia compare di nuovo nel rapporto Isis del 2020 per Kim Su Gwang. La Francia viene indicata nella lista per non aver congelato i fondi del conto già chiuso nel 2017 di Kim Su Gwang, fondi poi trasferiti su un conto in Russia. L’Italia anche è tra i Paesi indicati dal report Isis per aver garantito la spedizione di Mercedes Benz blindate a Pyongyang, ma siamo in compagnia di Isole Marshall e Corea del Sud.

Pubblicato su Il Mattino